A testa alta

17 maggio 1972 - 17 maggio 2008 ricordando il Commissario Capo P.S. LUIGI CALABRESI


Note biografiche  Di famiglia medio-borghese, frequentò il liceo classico e si laureò in giurisprudenza con una tesi sulla mafia. Nella Polizia, diresse l'ufficio politico della questura di Milano, l'attuale Digos, con il compito di indagare sulle organizzazioni della sinistra extraparlamentare.Calabresi fu assassinato alle 9.15 del 17 maggio 1972,davanti alla sua casa, mentre si avviava alla sua auto per andare in ufficio,da un commando di due killer che gli spararono alle spalle. Lasciò la moglie e due figli; un terzo figlio nacque pochi mesi dopo la sua morte.  Nel 1988 Leonardo Marino, uno dei killer, pentitosi, confessò di aver partecipato con Ovidio Bompressi all'assassinio del commissario, mandanti Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, tutti in precedenza militanti di Lotta Continua. Leonardo Marino fu condannato a 11 anni di reclusione, Ovidio Bompressi, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri a 22 anni.Il caso PinelliCalabresi divenne noto nel corso delle indagini sulla strage di piazza fontana quando, da una finestra della questura, precipitò l'anarchico Giuseppe Pinelli, che si trovava in questura, tenuto illegalmente in stato di fermo da più di due giorni per essere interrogato riguardo al suo alibi.Le forze della sinistra italiana avanzarono il sospetto che Pinelli fosse stato gettato dalla finestra durante l'interrogatorio, ed accusarono il commissario di aver partecipato al fatto. Calabresi fu il bersaglio di una martellante campagna di denuncia, sia da parte di intellettuali di sinistra (tra gli altri, Elio Petri e Dario Fo, che si ispirò alla vicenda di Pinelli per un'opera teatrale, Morte accidentale di un anarchico), che da parte di gruppi più radicali (con minacce scritte sui muri cittadini), ed in particolare dal giornale dell'organizzazione extraparlamentare Lotta continua. Ottocento intellettuali firmarono un manifesto, pubblicato sull'Espresso con cui accusarono Calabresi di essere un torturatore e un assassino.Un peso rilevante nel determinare la situazione di odio montante nei confronti del commissario fu a carico del giornale della sinistra extraparlamentare Lotta continua, dalle cui pagine il direttore Adriano Sofri inneggiava più di altri al suo assassinio, giustificandosi con la presunzione di ritenerlo responsabile della morte del Pinelli. Paradossalmente, il commissario conosceva bene l'anarchico, al punto tale che, qualche tempo prima, Pinelli aveva fatto dono a Calabresi d'una copia dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, come racconta il figlio Mario, attualmente corrispondente da New York di Repubblica, quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, uno degli 800 intellettuali firmatari del manifesto di cui sopra.L'inchiesta della magistratura sulla morte di Pinelli, condotta dal magistrato Gerardo D'Ambrosio, scagionò la polizia, giungendo alla conclusione che la caduta fu causata «a causa di un malore attivo e dall'improvvisa alterazione del centro di equilibrio»" e quindi classificando la morte come "accidentale", quindi né suicidio, né omicidio, accertando inoltre che il commissario Calabresi non si trovava nella stanza al momento del fatto.   (da http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calabresi)Ricordare per non dimenticare mai.Ricordare uomini che hanno dato qualcosa alla nazione in modo gratuito e naturale, senza manie di martirio o protagonismo, senza egocentrismi isterici, un funzionario di Polizia ucciso due volte. Ucciso maggiormente dall'oblio al quale certa parte di intellettuali, pseudo proletari rivoluzionari, con le barbette da falsi sovversivi volevano consegnarne la memoria, dal fatto che il suo nome sia stato un vero e proprio tabù per anni, a causa della morte di Pinelli.Una vittima dell'odio anche lui. Un odio che non avrà mai provato, semmai un amore per il lavoro che svolgeva. Concludo con una frase detta dal Commissario Capo della Polizia di Stato Luigi Calabresi alla moglie, la mattina dell'assassinio, riferita da lei stessa nel corso della puntata dedicata alla memoria del marito, del programma "La Storia siamo Noi". Raccontò che quella mattina, il dott. Calabresi mise una cravatta rosa, mentre stava scendendo in ascensore, tornò indietro e ne scelse una bianca. Nell'indossarla disse "metto questa perchè è bianca, è simbolo della mia purezza".Alla memoria di chi ha servito lo Stato.