Pegaso

UN MIO RACCONTO


LA SUA MUSICAseconda ed ultima parte
*Maturò il tempo, e concluse i suoi studi; era giunto per lui il tempo di salire su quella nave che vedeva, da piccolo, sfilare maestosamente dinanzi al suo paese. Andò sul ponte e con nuova nostalgia guardò il faro, la villa circondata dalle ginestre, il paese; cercò la sua casa natale; s’impresse nella mente quella visione, il suo paese che lentamente s’allontanava sfumando nella lieve foschia del tramonto.La sua nuova vita lo portava a girare da città in città, da nazione a nazione; per donare la sua musica a chi voleva ascoltare. Teatri sempre uguali ma sempre diversi: il palco, le luci, le pesanti quinte, il pianoforte, la sua arte; con il cuore in gola attraversava la scena, guardava il pubblico, si sedeva al pianoforte e tutto attorno a lui scompariva, non sentiva più il brusio degli spettatori, non vedeva più le luci ed il teatro; erano solo lui e la musica, tutto il resto era silenzio Iniziava a suonare ed il teatro diventava mare, tutto sembrava sparire; chi ascoltava si sentiva cullare placidamente dalle onde. Improvvisamente la musica cambiava, con rabbia percuoteva la tastiera ed ecco il mare diventa tempestoso, onde che salivano sopra le onde per annegare un cielo livido do pioggia; la rabbia aumentava ed il cielo infuriato versava cascate di grosse gelide gocce di pioggia sulle onde grigie ornate di schiuma bianca mente accecanti saette illuminavano il cielo sempre più buio. La musica diveniva più dolce e la tempesta cessava; il cielo tornava turchese, le onde s’acquietavano.La musica cessava, l’aria nel teatro rimaneva sognante ed immobile per lunghi istanti, la gente sembrava risvegliarsi da quel sogno dove lui li aveva condotti, ed allora iniziavano fragorosi applausi per lui per la sua musica.In breve divento ricchissimo e famoso, osannato ed apprezzato in tutto il mondo; ma quell’antica inquietudine non l’aveva ancora abbandonato continuava a cercare un qualcosa che ancora non riusciva a comprendere.Un giorno la nostalgia fu più forte del solito, la nostalgia per quel piccolo paese stretto fra le colline ed il mare; così ritornò a casa e lo fece proprio in occasione della festa del santo patrono; la giornata nella quale anche ci era lontano tornava. Aria nuova scorreva tra le strette vie nell’ eccitazione dei preparativi, balconi e finestre venivano adornati con bianche lenzuola e freschi rami di solare ginestra. Alle dieci del mattino tutto il paese fremeva nel’attesa; poi la campana maggiore, quella che faceva udire la sua voce in rare occasioni, iniziò a parlare; ed i suoi poderosi rintocchi salivano verso la collina vi rimbalzavano per ridiscendere a mare, bagnandosi nelle acque della cala con le barche in secca ed i pescherecci che dondolavano pigramente. Il suono della campana arrivava sino al faro, lo superava per tuffarsi dall’alto della scogliera nel mare blu dove si scioglieva fra le onde.Poi la campana taceva e tutto diventava silenzio; con passo cadenzato dalla chiesa usciva la processione, prima la grande croce di legno, poi il parroco con i chierichetti al suoli lati, ad aprire la strada al pesante baldacchino in legno intarsiato e dorato che ospitava la statua del santo patrono benedicente sorretto a spalla da otto uomini dietro alcune donne con gli sgargianti costumi della festa che cantavano gli inni sacri.Al passaggio tutti si segnavano, le donne abbassavano la testa e gli uomini si scoprivano in segno di rispetto, e s’accodavano al corteo. La statua veniva portata sul molo, per benedire le barche ed i pescherecci; percorreva tutte le strade del paese, a scadenze regolari gli otto uomini venivano sostituiti da altrettanti compaesani senza mai arrestare la marcia che come un lento fiume continuava il suo cammino; era un grande onore poter sorreggere il baldacchino, si pensava che portasse fortuna per i dodici mesi futuri.La processione, sempre accompagnata dal canto delle donne, iniziava ad inerpicarsi verso il faro, con apparente fatica lo raggiungeva; il sacerdote s’avvicinava all’orlo del profondo baratro e benedicendo il mare pregava affinché per tutto l’anno a venire la pesca fosse abbondante e nessuna morte in mare fosse pianta nel paese.Terminata la cerimonia il baldacchino veniva deposto su un altare in pietre grigie, appositamente costruito trecento anni prima, il sacerdote benediceva gli astanti; segno che la parte laica della festa poteva iniziare; sul prato battuto dal vento si dava il via a musiche canti ed  balli; si gustavano i cibi tipici, si beveva il vino; tutti erano allegri.Fu allora che la rivide…quella bambina dalle lunghe trecce era diventata una splendida donna, i capelli neri acconciati sotto il velo tradizionale i monili d’oro risplendenti sotto il caldo sole del mezzogiorno, gli occhi che ridevano felici nel vederlo; lei gli corse incontro con fanciullesco trasporto, gli buttò le braccia al collo annullando in un attimo tanti anni di lontananza.In quel preciso istante decise di restare; comperò la villa in pietra, fece arricchire il giardino di nuovi ed ancora più profumati roseti, al secondo piano, nella stanza ad angolo, quella che dava verso il mare aperto creò la sua stanza, quella dedicata alla musica; il nero piano a coda vi troneggiava al centro, una scrivania antica in noce intarsiato una libreria chiusa per contenere gli spartiti due morbide poltroncine di velluto blu scuro, appesi alle pareti bianche le foto di alcuni dei suoi concerti,  completavano l’arredamento; sulle pareti esterne s’aprivano, mascherate con leggeri e svolazzanti tendoni candidi, due portefinestre, quasi nell’angolo, che portavano ad un terrazzino che precipitava nel mare.Come si conveniva chiese la mano di quell’ amica di tutta la vita, ed insieme iniziarono a preparare la loro casa; poi arrivò il giorno che una ragazza sogna sin dall’infanzia quando inizia a fantasticare su chi sarebbe stato il compagno di tutta la vita.Era una domenica di maggio, tutto il paese s’era riunito per festeggiare la nuova famiglia che stava per nascere; ai piedi dell’altare, emozionatissimo, lui attendeva…improvvisamente nell’aria risuonarono le note dell’organo; con il cuore in gola  si voltò e la vide entrare con indosso un antico e bellissimo abito tradizionale, ricamato in seta ed oro zecchino; accompagnata da un non meno emozionato padre lei avanzava lentamente; bella come la Santissima Vergine le labbra dischiuse in un dolce sorriso ed i grandi occhi più luminosi delle stelle e pieni d’amore gli si accosto; si scambiarono un intenso sguardo d’amore e suggellarono dinanzi a Dio ed agli uomini il loro patto d’amore.Da allora diradò i suoi impegni per il mondo ed iniziò ad impartire lezioni nello stesso collegio dove aveva iniziato lo studio del pianoforte, ma la sera non vedeva l’ora di percorrere quella strada che correva lungo la costa per tornare verso il suo paese e la sua casa.Quella vecchia villa non sembrava più così austera ora che s’udivano voci infantili, solo il profumo non era mai mutato, il profumo di mare unito a quello del mirto e del rosmarino; era il profumo della sua terra, quel profumo che aveva portato nel cuore da tutta la vita.Poi, vi fu un imbrunire, lei era sul balcone della stanza della musica, quello a strapiombo sulla scogliera,i raggi del sole morente davano dei riflessi di fiamma ai suoi lunghi morbidi capelli mossi dalla brezza di mare.Lui improvvisamente smise di suonare s’alzò dal pianoforte e la raggiunse, le cinse la vita con amore, il battito dei loro cuori s’armonizzò; quell’inquietudine che l’aveva accompagnato per tutto il mondo era sparita da tempo, da sempre era lei che stava cercando anche se non lo sapeva.Le loro labbra si cercarono per un dolce lungo appassionato bacio d’amore, poi insieme rimasero in silenzio a guardare il tramonto mentre i gabbiani lanciavano verso il cielo acute grida a salutare il giorno che terminava. Da me a voi 
racconto di Gaiaimmagini prese dal web