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Zia Annina e Babbo Natale


Zia  Annina, la sorella di mio nonno,  neanche lo sapeva che quel signore un po’ ridicolo, con tanto di barba, pancia voluminosa , slitta e sacco in spalla, che cominciava ad insidiare Gesù Bambino nel faticoso ma appagante compito di portare i regali ai bambini la notte di Natale,  altri non era che quel santo di cui tanto era devota e la cui statua teneva sotto una campana di vetro. Ma ce ne voleva di fantasia per immaginare le trasformazioni che San Nicola di Bari,  è lui il santo in questione, aveva dovuto subire per diventare l’icona del consumismo natalizio. La sua carnagione  scura di nativo dell’Asia Minore aveva assunto il latteo pallore  di un allevatore di renne, il suo severo abito episcopale dai riflessi dorati aveva ceduto il posto a un vestito rosso ornato di pelliccia e l’espressione ieratica del volto si era trasformata in un perenne sorriso.  Zia Annina, all'oscuro di tutto questo, continuava a raccontare la storia dell’oste malvagio che aveva  ucciso e poi fatto a pezzi tre bambini,  per servirne la carne ai suoi ignari avventori. Ma San Nicola non era tipo da farsi abbindolare, tanto che non gli fu necessario neanche assaggiare la portata per smascherare quell’uomo senza scrupoli e far risuscitare le sfortunate creature, come fece Gesù con Lazzaro.  Con che sollievo i nipoti accoglievano il  lieto fine narrato dalla vecchia zia, mentre aspettavano con ansia l’arrivo dei doni, ma  a portarli non sarebbe stato Babbo Natale.