Creato da: atomopulito il 23/05/2008
per garantire energia pulita

Francia

Ricerche sul trattamento delle scorie nucleari.

 

Nucleare –  in Francia una scelta strategica

La produzione di energia elettrica in Francia proviene per il 77% dal nucleare, le energie rinnovabili – prevalentemente quella idraulica – coprono a loro volta il 14% del fabbisogno nazionale. Si tratta di una scelta strategia politica e tecnologica che presenta numerosi vantaggi: non ultimo il costo dell’ elettricita’ che e’ tra i piu’ bassi d’ Europa, inoltre il parco attuale di centrali nucleari e’ in grado di rispondere alla futura domanda di energia (per i prossimi 20 anni e’ stimato un aumento del 57%). Ma va considerato anche il fatto che le riserve mondiali di combustibile nucleare sono sufficienti a coprire i consumi per  migliaia di anni, la produzione di energia nucleare non provoca emissioni di gas o inquinanti nell’ atmosfera. e che quando il gas o il petrolio estratti in aree geopolitiche instabili o sensibili subiscono forti innalzamenti dei prezzi, il nucleare rappresenta una alternativa a costi stabili.  Infine e’ accertato che la tecnologia piu’ avanzata consentira’ un allungamento della durata e un miglioramento delle prestazioni dei reattori.

 

Il problema delle scorie

Di contro il nucleare presenta un problema importante: quello costituito dalla pericolosita’ delle sue scorie e la questione del loro trattamento.

Numerosi enti ed istituti di ricerca studiano e sviluppano soluzioni tecniche piu’ sicure e alungo termine. In Francia attualmente il 90% dei rifiuti a scarsa o media attivita’ vengono stoccati in siti di superficie a cura dell’ Andra - che e’ l’ Agenzia Nazionale per la Gestione delle Scorie Radioattive ( www.andra.fr ) – in modo da controllare e garantire l’ assenza di impatto nel lungo periodo sull’ ambiente e sulla popolazione.

Il restante 10% delle scorie necessita’ di un confinamento che deve essere assicurato per un tempo previsto in migliaia di anni. Le cosiddette scorie a decadimento lento vengono imballate sotto forma di container e vetrificate. I risultati delle ricerche hanno portato a proporre lo stoccaggio in formazioni geologiche profonde.

Ma nel frattempo la ricerca prosegue e si prevede di modificare il processo di ritrattamento del combustibile in modo da produrre scorie che contengano quantita’ minime di elementi radiotossici a decadimento lento. Il nuovo processo prevede la separazione avanzata e la trasmutazione.

 

La separazione avanzata

Allo stato attuale questo procedimento non permette di evitare lo stoccaggio in profondita’ dei residui ultimi, ma le ricerche del CEA - www.cea.fr - per quanto riguarda il processo di separazione avanzata – hanno dimostrato che e’ possibile completare il processo industriale del trattamento del combustibile usato mediante la separazione dei radionuclidi a decadimento lento.

Sperimentazioni specifiche sono in corso a Le Hague presso l’ impianto di Cogema (www.cogema.fr). L’ obiettivo e’ quello di estrarre oltre al plutonio e all’ uranio anche gli attinidi minori che presentano una forte radiotossicita’ a decadimento lento. Con la separazione avanzata si mira ad ottenere come prodotto finale container di rifiuti che – dopo centinaia di anni – abbiano una radiotossicita’ simile a quella del minerale d’ uranio inizialmente utilizzato.

 

La trasmutazione

Le possibilita’ di trasmutazione sono state studiate simulando il funzionamento di reattori caricati con attinidi minori che presentano grandi difficolta’ di manipolazione poiche’ sono multo radioattivi. Al momento sono disponibili scenari teorici grazie ai quali risulta possibile riciclare gli attinidi minori.

Il confezionamento

Il confezionamento e’ una fase irrinunciabile del processo di gestione dei rifiuti radioattivi, esso permette di immobilizzare e di confinare le materie radioattive per il tempo necessario a ridurre a valori accettabili il possibile impatto sulla salute e sull’ ambiente.

Una importante fase della ricerca riguarda la matrice di contenimento. Il vetro, grazie al suo carattere amorfo, sopporta bene la diversita’ degli elementi presenti all’ interno del combustibile usato. Il vetro e’ una matrice di stoccaggio ideale anche per alcuni prodotti puri per i quali la trasmutazione risulta difficile. In questo campo la Francia ha prodotto matrici di imballaggio ceramiche e vetro-ceramiche a lunga durata. E’ in atto una seconda fase delle ricerche mirata a sviluppare sistemi di confezionamento specifici per ogni categoria di scorie prodotte o da produrre in vista del loro deposito in profondita’.

 

 

Il comportamento a lungo termine

Lo studio del comportamento a lungo termine dei container mira a garantire la qualita’ del confezionamento nel tempo. Le ricerche puntano a sviluppare una vera e propria capacita’ di previsione del comportamento dei container, soprattutto in situazioni di stoccaggio in formazioni geologiche profonde. Per quanto riguarda il vetro la garanzia si misura in migliaia di anni.

 

Conclusioni

Grazie a queste ricerche, a breve, l’ energia nucleare potra’ riciclare le sue stesse scorie tramite la separazione avanzata. Percio’ la quantita’ di scorie a decadimento lento sara’ estremamente ridotta e potra’ essere confezionata in modo da impedire ricadute negative e pericolose nella biosfera. 

Fonte Citef - Conférence Internationale des formations d'Ingénieurs et de Techniciens d'Expression Française   www.citef.refer.org

 

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Incidente di Krsko

Post n°13 pubblicato il 09 Giugno 2008 da atomopulito

...appena ritorno ne parliamo, senza demagogia e sulla base dei dati scientifici e tecnici, non per "sentito dire" come si e' tentato di fare solo per affossre il programma del governo.

 
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Post N° 12

Post n°12 pubblicato il 30 Maggio 2008 da atomopulito

Componenti affacciati al plasma

Il divertore, il componente affacciato al plasma in cui viene convogliato e smaltito il calore emesso dal plasma sotto forma di particelle energetiche, deve smaltire un elevato flusso di calore ed essere ricoperto di materiali compatibili col plasma. Il calore depositato è dell’ordine di 10 MW/m2 in regime stazionario e raggiunge valori fino a 20 MW/m2 in fasi transienti. La realizzazione di un componente, rivestito di materiale compatibile col plasma, capace di resistere ai carichi termici suddetti ha richiesto un complesso sviluppo tecnologico durato molti anni. Per qualificare le tecnologie sviluppate sono stati realizzati prototipi in scala reale, basati sull’impiego di tubi in lega di rame (scambiatori di calore) protetti da piastre di tungsteno e CFC (materiali sacrificali resistente alle alte temperature). Per garantire un buon contatto termico tra i materiali di protezione e il tubo stesso sono state sviluppate le tecnologie per il trattamento superficiale del

tungsteno e della CFC e i processi di giunzione per diffusione. Parti delle piastre sono state provate per migliaia di cicli ai valori di carico termico massimo che si verificano in ITER. La tecnologia sviluppata è tra le migliori al mondo. Un mock up di divertore realizzato in ENEA ha superato brillantemente i test di fatica termica, fino a 25 MW/m2, e ha permesso per la prima volta in assoluto di fare test di crisi termica in un componente ricoperto con materiale di rivestimento (fino a 35 MW/m2).

Manutenzione remota

Con le piattaforme sperimentali DTP (Divertor Test Platform) e DRP (Divertor Refurbishment Platform) del Centro ENEA del Brasimone sono state sviluppate e provate, rispettivamente, le procedure di montaggio e smontaggio del divertore e la sostituzione dei componenti ad alto flusso termico di ITER. Nel Centro di Frascati, oltre a contribuire alla attività del Brasimone con la realizzazione del sistema di controllo, è stato sviluppato un sistema innovativo di visione e metrologia laser ad alta definizione che è diventato il sistema di riferimento per ITER.

Moduli di mantello fertile (Breeder Blanket)

Altro componente molto importante, il primo di tipo nucleare sviluppato per la fusione, è il modulo del mantello fertile da testare in ITER. La funzione del mantello fertile è triplice:

  • assorbire l’energia dei neutroni;

  • produrre il trizio sfruttando la reazione 6Li(n,Tα);

  • schermare le strutture esterne.

L’ENEA è fortemente impegnato in questo campo grazie al know how acquisito sia nella tecnologia dei metalli liquidi che in quella dei sistemi raffreddati ad elio. I due concetti di riferimento Europei sono basati uno sul ‘breeder’ solido (composti ceramici di litio, Li2SiO4) e uno a breeder liquido (leghe eutettiche di litio e piombo, allo stato liquido).

I moduli sono ambedue raffreddati con elio gassoso ad alta temperatura e pressione. Queste tecnologie hanno una forte analogia con quelle relative al programma Generation IV della fissione; si potrebbero, pertanto, attivare sinergie tra i due programmi.

I materiali

La fattibilità della fusione in termini economici e sociali dipende dalla disponibilità di materiali idonei con i quali realizzare i componenti chiave del reattore. Da un lato, i materiali utilizzati devono presentare caratteristiche di bassa attivazione indotta da neutroni e devono presentare caratteristiche di resistenza per tempi sufficientemente lunghi (almeno circa 5 anni) sotto flussi neutronici tipici del reattore.

I neutroni prodotti nelle reazioni D-T interagendo con i materiali provocano dislocazioni dei nuclei dai siti reticolari e trasmutazioni che modificano la struttura microscopica dei materiali stessi. Tali modifiche originano una degradazione delle proprietà fisiche e meccaniche, quali conducibilità termica ed elettrica, indurimento, riduzione della duttilità, degradazione della resistenza alla frattura ecc..

I livelli di flusso neutronico in DEMO, e più a lunga scadenza nel reattore, richiedono che i materiali impiegati mantengano buone caratteristiche fino a 80 dpa (150 dpa nel reattore) (1 dpa = 1 displacement per atom, equivale a circa 1025 n (14 MeV)/m2 in Fe).

Inoltre, debbono poter essere impiegati ad alte temperature di lavoro in modo da raggiungere buoni valori dell’efficienza complessiva dell’impianto.

L’ENEA sta contribuendo a sviluppare tecnologie per i processi fabbricativi di materiali ceramici compositi come il SiCf/SiC.

Neutronica e dati nucleari

I neutroni prodotti dalla fissione hanno una energia di molto superiore a quelli prodotti dalla fissione. Si è posto quindi il problema della caratterizzazione dei materiali sotto l’effetto di neutroni così energetici.

Per ovviare, almeno in parte, alla mancanza di sorgenti intense di neutroni per l’irraggiamento di materiali e componenti, l’ENEA si è dotato fin dall’inizio degli anni ’90 di una sorgente di neutroni da 14 MeV, il Frascati Neutron Generator (FNG, intensità 1011 n/s). FNG ha permesso di effettuare la caratterizzare nucleare (sezioni d’urto, attivazione, calore di decadimento) di materiali e componenti.

I numerosi esperimenti condotti con FNG hanno permesso di validare gli aspetti nucleari del progetto di ITER, e le librerie europee e internazionali di dati nucleari per la fusione.

Ciclo del combustibile

I processi di trattamento dei gas esausti è una delle peculiarità degli impianti a fusione. Il trizio deve essere separato dagli altri gas sia per problemi di economicità sia per problemi si sicurezza. L’ENEA ha sviluppato reattori catalitici a membrana capaci di separare l‘idrogeno con efficienze prossime al 100%. Durante questi sviluppi si sono brevettati sia i processi fabbricativi dei reattori sia le membrane di PdAg che ne costituiscono l’elemento più importante. Le tecnologie sviluppate in ENEA sono utilizzate nei sistemi progettati per ITER. Queste tecnologie hanno una importante sinergia con quelli per la produzione di idrogeno e per l’alimentazione delle celle a combustibile.

Sicurezza e Impatto Ambientale

Anche dal punto di vista delle analisi di sicurezza i reattori a fusione presentano delle sostanziali differenze rispetto a quelli a fissione. È stato quindi necessario dotarsi di procedure e criteri di valutazione originali per analizzare gli impianti a fusione dal punto di vista della safety e quindi del licencing. Un grosso contributo è stato dato dall‘ENEA alla definizione dei requisiti in termini si sicurezza di ITER e alla preparazione della documentazione di licensing di Cadarache. Questa attività è stata possibile grazie alla capacità sistemica che un così ampio spettro di attività ha consentito di acquisire.

 
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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 30 Maggio 2008 da atomopulito

Il programma tecnologico

I progressi registrati finora non sarebbero stati possibili se non si fosse avviato, agli inizi degli anni ’90, un imponente piano di sviluppo tecnologico/ingegneristico.

L’Italia ha contribuito anche nel settore delle tecnologie a rendere possibile la costruzione di ITER e a sviluppare materiali  strutturali e funzionali avanzati da utilizzare nei futuri reattori.

 

I campi principali di sviluppo sono:

Superconduttività;

Componenti per alti flussi termici e relativi test a fatica;

Manutenzione remota del divertore;

Le tecnologie del mantello fertile;

I materiali;

Il Ciclo del Combustibile;

I dati nucleari;

I sistemi di riscaldamento: radiofrequenza ed iniettori di neutri;

Sicurezza ed impatto ambientale;

Controlli;

Sistemi di ispezione e metrologia basati con Radar Ottico.

 

La Superconduttività

Il Gruppo Superconduttività dell’ENEA è da più di venti anni coinvolto nelle attività di ricerca e sviluppo per la realizzazione dei magneti per le macchine a confinamento magnetico. Ha sempre avuto e tuttora detiene un ruolo leader per la progettazione, realizzazione e test dei conduttori superconduttivi per la costruzione dei magneti di ITER.

 

È infatti sotto la supervisione dell’ENEA che sono state costruite e testate con successo le prime bobine modello in scala reale di ITER: il Central Solenoid Model Coil e la Toroidal Field Model Coil. È sempre da attribuirsi all’ENEA la realizzazione del conduttore per le bobine prototipo di ITER che detiene il record mondiale di corrente (80.000 A) in un avvolgimento magnetico. Recentemente, l’ottimizzazione di tale conduttore ha portato alla realizzazione di un campione full-size, con il più elevato margine di temperatura operativa mai raggiunto.

 

In un’ottica a più lungo periodo, sono in fase di studio avvolgimenti in superconduttori ad alta temperatura critica di transizione di ultima generazione (coated conductors) come l’YBCO, da impiegarsi in DEMO.

 

Lo sviluppo di tali materiali ha avuto significative ricadute non solo nel campo della fusione, ma anche in settori di applicazione più comuni: immagazzinamento di energia, limitatori di corrente, cavi di potenza ecc.. Attualmente l’ENEA sta progettando un generatore eolico completamente superconduttivo da utilizzare per lo sfruttamento di energie rinnovabili, con il vantaggio di avere, a parità di potenza installata, una notevole riduzione di peso e un miglioramento globale del rendimento pari a circa il 30%

 

Grazie alle elevate competenze nel campo della qualificazione dei materiali superconduttivi e della criogenia in genere, il gruppo Superconduttività ENEA ha ottenuto delicati incarichi di supporto tecnologico nella realizzazione di grandi impianti come il Large Hadron Collider del CERN, per il quale ha collaudato sia i diodi di by-pass per la protezione dei magneti superconduttivi  dell’ acceleratore, sia i discendenti di corrente per la loro alimentazione, realizzati utilizzando superconduttori ad alta temperatura critica di transizione

 
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Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 30 Maggio 2008 da atomopulito

La fusione magnetica

Il contributo dell’Italia al progresso della fusione magnetica è stato tra i più importanti in Europa. Gli elementi cardine del programma italiano sono la sperimentazione di fisica svolta a Frascati, con FT prima e con FTU poi, e a Padova con RFX ed il programma tecnologico nei campi più strategici.

Il programma di fisica a Frascati

FTU è un tokamak ad alto campo magnetico in operazione presso il Centro ENEA di Frascati, che studia il comportamento di plasmi densi riscaldati con potenza a radiofrequenza (fig. 4). La sperimentazione di FTU è condotta dall’ENEA in collaborazione col CNR, che cura lo studio della radiofrequenza tipo ECRH (ciclotronica elettronica).

FTU ha fornito importanti contributi e ha riportato interessanti risultati, in particolare su:

  • plasmi con presenza di barriere al trasporto di calore per limitare le perdite, tramite l’uso di potenza ECRH, con l’ottenimento di alte temperature (temperatura centrale 14 keV) ad alta densità degli elettroni (densità media n = 0,4·1020m-3).  Tramite l’uso combinato di potenza LH (frequenza ibrida inferiore) e EC (frequenza ciclotronica elettronica) sono state ottenute barriere interne molto ampie, localizzate a circa metà del raggio della sezione di plasma, con densità più alte rispetto ad altre macchine (fino a 0,9-1,2·1020m-3);

  • alti valori della densità centrale degli elettroni (~5·1020 m-3) e valori del triplo prodotto (densità ni, Temperatura Ti, tempo di confinamento τE) pari a niTiτE = 0,8·1020 m-3 keV·s (densità e temperature degli ioni) con l’iniezione di pellet multipli di deuterio;

  • una corrente di plasma pari a I = 0,5 MA generata al 100% con potenza LH con densità pari a 0,8·1020 m-3, e al 75% con densità pari a 1,2·1020m-3;

  • controllo e stabilizzazione dei modi magneto-idrodinamoci, eliminazione delle instabilità distruttive tramite iniezione di potenza EC;

  • indicazioni di migliore isolamento termico della parte centrale del plasma e della presenza di barriere interne al trasporto del calore con potenza IBW (Ion Bernstein Wave);

  • plasmi particolarmente puri con tecniche di trattamento della prima parete (boronizzazione della parete di molibdeno) e, più recentemente, con l’uso di limiter a litio liquido. Sono stati osservati un aumento della temperatura di bordo e la quasi assenza di modi magneto-idrodinamici, che sembrano dar luogo a regimi caratterizzati da valori molto alti della densità dl plasma.

Inoltre, l’analisi dei modi magneto-idrodinamici (MHD) dei plasmi di FTU, innescati dagli elettroni veloci accelerati tramite l’interazione con le onde LH (“electron fishbones”) ha dato risultati rilevanti per la stabilità dei plasmi termonucleari. Gli studi teorici su questi modi hanno permesso di interpretare i dati sperimentali e di riprodurli nelle simulazioni numeriche. Questi modi MHD possono essere utilizzati per studiare il trasporto delle particelle veloci in regimi reattoristici.

In FTU sono stati osservati per la prima volta i modi cosiddetti “β induced Alfvén Eigenmodes”, eccitati in presenza di grandi isole magnetiche, e studiati con l’elaborazione di modelli teorici le cui predizioni sono in accordo con i dati sperimentali.

Recentemente, su FTU è stata installata e provata con successo una nuova antenna per LH, basata su un concetto (Passive Active Multijunctions) che può essere utilizzato in ITER.

 

 
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Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 27 Maggio 2008 da atomopulito

LE ATTIVITÀ IN CORSO all’ ENEA

La fusione inerziale

La condizione necessaria per produrre energia da fusione per Confinamento Inerziale si basa su meccanismi indotti dall’energia trasferita da un “driver” (tipicamente un laser) al combustibile (alcuni milligrammi di una miscela di nuclei leggeri).

Esperimenti rilevanti per questo approccio vengono svolti presso il Centro Ricerche ENEA di Frascati con l’impianto ABC, composto da un laser a Neodimio a due fasci (100 J/fascio in 3 nanosecondi) associato ad un area sperimentale che ospita camera di irraggiamento e diagnostiche. ABC è stato progettato e realizzato dal Gruppo Confinamento Inerziale dell’ENEA. I componenti più importanti sono: il sistema di alimentazione e trigger del laser, i sistemi meccanici degli amplificatori, la camera di irraggiamento e il sistema di posizionamento del bersaglio sotto vuoto.

Nel rispetto di una tradizione ormai riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale, un contributo notevole allo sviluppo di conoscenze di base per questo approccio alla fusione viene dato dal Gruppo Confinamento Inerziale dell’ENEA, che di recente, ha svolto studi significativi sugli effetti dell’uniformità (smoothing) di deposizione dell’energia sul bersaglio utilizzando un sistema realizzato su proprio progetto originale. Accoppiando questo sistema alle ottiche di focalizzazione del laser, senza subire deformazioni o danneggiamenti, fogli sottili (spessore qualche micron) sono stati accelerati (con velocità fino a 107 cm/s, valori di interesse termonucleare) fino a distanze circa 70 volte lo spessore del foglio in volo. Questo risultato, molto riproducibile, dimostra che, deponendo l’energia con questo metodo, il raggio del guscio contenente il combustibile non deve necessariamente essere mantenuto al di sotto di certi limiti (20-30 volte il suo spessore) fissati, in assenza di smoothing, per evitare che l’insorgere di processi distruttivi dovuti ad instabilità idrodinamiche impediscano l’innesco delle reazioni di fusione.

In parallelo alle attività sperimentali viene svolta attività teorica e di sviluppo di codici numerici per il progetto di bersagli termonucleari e dei relativi metodi di deposizione dell’energia.

Allo stato attuale è oggetto di diffuso interesse un metodo per la fusione inerziale detto ignizione veloce. Molte condizioni richieste in altri casi appaiono rilassate in questo metodo che sembra promettente ma presenta una difficoltà per ciò che riguarda la deposizione dell’energia per innescare le reazioni nucleari sul combustile compresso che, per il momento, non si sa come far raggiungere dalla luce laser a causa dell’alta densità della materia circostante prodotta durante la compressione.

Il metodo di iniezione di entropia proposto e studiato dal Gruppo dell’ENEA di Frascati rappresenta una soluzione alternativa a questo problema.

 
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Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 27 Maggio 2008 da atomopulito

Il programma si articola in:

 

1.- Partecipazione alla costruzione di ITER mediante:

 

-         qualificata e proporzionata presenza di ricercatori e tecnici italiani nelle organizzazioni preposte alla realizzazione (Iter Legal Entity, Joint Undertaking for ITER)

-         supporto al sistema industriale italiano per la migliore realizzazione delle commesse relative ad ITER

-         assunzione di specifiche e dirette responsabilità per lo sviluppo e la realizzazione di componenti ad elevato contenuto scientifico (diagnostiche e sistemi di riscaldamento)

-         realizzazione da parte del Consorzio RFX dell’impianto di sviluppo e prove per il sistema di riscaldamento del plasma in ITER, con iniezione di atomi neutri accelerati (NBI)

 

2.- Svolgimento delle attività attribuite all’Italia nell’ambito dell’ Accordo Broader Approach. In particolare, partecipazione alla realizzazione di IFMIF e del tokamak JT60SA.

 

3.- Progetto e costruzione di un nuovo tokamak, FAST (Fusion Advanced Studies Torus), per ricerche di appoggio ad ITER, in collaborazione con altre Associazioni, previa approvazione da parte Euratom.

 

4.- Intenso programma sperimentale di ricerca di fisica con il pieno sfruttamento degli esistenti impianti FTU e RFX. Parallelo sviluppo di ricerche teoriche e simulazioni numeriche.

 

5.- Intenso programma di ricerca tecnologica, a supporto di ITER, del ‘Broader Approach’ e per lo sviluppo del successivo reattore dimostrativo DEMO. Anche in questo settore piena utilizzazione dei dispositivi sperimentali esistenti e loro integrazione con eventuali nuovi dispositivi.

 

6.- Formazione e training di nuovo personale, anche in vista della partecipazione alle attività internazionali.

 

Il programma include anche le attività di ‘keep in touch’ relative alla fusione inerziale che continuano ad essere considerate molto importanti visto il grande interesse che si sta evidenziando tra molti qualificati laboratori di ricerca.

 
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Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 27 Maggio 2008 da atomopulito

PRESENTE E FUTURO DEL PROGRAMMA ITALIANO

 

Il programma fusione rappresenta quindi una solida realtà che negli ultimi anni si è sempre di più radicata a livello internazionale allargandosi alla partecipazione dei paesi più tecnologicamente avanzati. Questo dimostra inequivocabilmente che la fusione è considerata una valida alternativa energetica per uno sviluppo sostenibile. La nuova fase iniziata con la costruzione di ITER, che porterà alla realizzazione di DEMO, rende il sistema sempre più innovativo e competitivo per quanto riguarda sia le ricerche di fisica che di tecnologia.

 

L’Italia è tra i pionieri della ricerca sulla fusione. Le attività sono iniziate già alla fine degli anni ’50 ed erano focalizzate sulla sperimentazione di fisica. Le attività si sono poi evolute verso un complesso sistema di fisica, tecnologia e ingegneria che coinvolge ENEA, in qualità di coordinatore nazionale del programma, il CNR, il Consorzio RFX e molte Università e Consorzi Universitari.

 

Grazie ai risultati ottenuti, il posizionamento dell’Italia è di assoluto rilievo in ambito mondiale. Il programma italiano vede impegnati circa 600 tra ricercatori e tecnologi che sono stati capaci di sviluppare competenze di eccellenza che consentono al sistema Italia di competere alla pari col resto della comunità scientifica. I partner italiani del programma fusione hanno di recente elaborato un programma decennale cogliendo le nuove esigenze del programma europeo e mondiale in cui esso è fortemente integrato in modo da continuare a garantire al sistema Italia un ruolo di primo piano nel campo.

 
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Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 27 Maggio 2008 da atomopulito

La ricerca sulla fusione in ENEA non si limita al solo confinamento magnetico ma contempla anche quello inerziale. Nonostante la strategia Euratom per la realizzazione del reattore sia concentrata sul confinamento magnetico e a questo filone dedichi praticamente la totalità delle risorse  destinate al programma fusione, importanti ricerche sul confinamento inerziale sono condotte a livello di ‘Keep in Touch’.

 

Al di fuori del contesto Euratom vi sono, comunque, in costruzione nel mondo impianti di notevole

potenza come la NIF (USA) e il Laser MJ (Francia). A questi si è aggiunto aggiunge il progetto HiPER (High Power laser Energy Research) destinato a dimostrare la fattibilità del reattore a fusione inerziale e nel quale l’Italia ha interesse a partecipare tramite le infrastrutture di ricerca.

 
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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 27 Maggio 2008 da atomopulito

2.- La ricerca sulla fusione

La ricerca sulla fusione vede oramai impegnati tutti i paesi più tecnologicamente avanzati che hanno deciso di concentrare il loro impegno in un programma comune orientato alla  realizzazione del reattore.

 

Da qui la recente decisione di costruire ITER che rappresenta una pietra miliare importantissima e di fatto determina una fortissima accelerazione del programma che prevede di arrivare al reattore commerciale tramite la realizzazione del reattore dimostrativo DEMO, la cui progettazione e costruzione sarà accompagnata da un programma di sviluppo di materiali ad attivazione ridotta (già in corso) e dalla loro caratterizzazione per mezzo della sorgente intensa di neutroni da 14,1 MeV denominata IFMIF (International Fusion Material Irradiation Facility) attualmente in fase di progettazione.

fonte ENEA

 
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Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 27 Maggio 2008 da atomopulito

Il confinamento magnetico  consiste nel contenere un gas (D-T) ionizzato (plasma) in un sistema di campi magnetici opportunamente configurati e quindi riscaldarlo alle temperature richieste, anche con il ricorso a iniezione di potenza dall’esterno, dopo aver indotto una corrente elettrica per mezzo di un trasformatore. La configurazione del sistema magnetico più efficiente è quella a ciambella, denominata tokamak.

Il confinamento inerziale consiste nel colpire con fasci laser di altissima potenza dei bersagli contenenti una miscela D-T. L’ablazione dello strato esterno origina una fortissima compressione, dell’ordine di centinaia di miliardi di atmosfere, e il riscaldamento fino ai valori necessari della zona interna.

 
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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 27 Maggio 2008 da atomopulito

La reazione di fusione richiede il raggiungimento di altissime temperature, dell’ordine di 150 milioni di gradi per vincere le forze di repulsione che si esercitano tra i nuclei. La fusione è intrinsecamente sicura perché la reazione non può sostenersi in caso di mal funzionamento. La cenere della reazione è elio gassoso e non vi sono emissioni di gas serra o comunque nocivi per la salute.

 

Le vie per poter realizzare le condizioni di fusione sono essenzialmente due: il confinamento magnetico e quello inerziale.

 
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Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 27 Maggio 2008 da atomopulito

La resa energetica della reazione di fusione D-T è infatti molto elevata. L’energia liberata per ogni nucleone in una reazione di fusione è pari a circa 3,5 MeV da confrontare con circa 1 MeV nel caso della fissione e di circa 1 eV nel caso del carbone. Un grammo di miscela D-T equivale a circa 8 tonnellate di petrolio. Le riserve di deuterio e litio, dal quale si produce il trizio che non si trova in natura, sono sufficienti per parecchie migliaia di anni.

 
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1. Nucleare da fusione

Post n°1 pubblicato il 27 Maggio 2008 da atomopulito

La fusione termonucleare è attualmente considerata una delle poche opzioni utili per garantire, in un futuro che dovrà essere caratterizzato da uno sviluppo sostenibile anche in presenza di una crescente richiesta di energia, una fonte di larga scala, sicura e praticamente inesauribile.

 
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