Sgosh!

Se qualcosa può andar male lo farà.

 

Messaggi del 25/02/2006

IL MITO DELLO PSICOLOGO

Post n°195 pubblicato il 25 Febbraio 2006 da ausdauer
 
Foto di ausdauer

C'è ancora chi si illude che chi studia psicologia sia una specie di mago che può entrare nella mente altrui e ravanare impietosamente tra conflitti inconsci, inconfessabili paure, perversioni latenti, drammi intimi e irrisolvibili. Lo stereotipo classico vuole lo psicologo attento al fotogramma dei movimenti altrui, conscio che qualsiasi lapsus sia riconducibile al trauma infantile subito, in grado di cogliere l'orrida sfumatura che si cela dietro lo sguardo fugace e impaurito di chi teme il confronto con il Mostro. Il Mostro, tanto per chiarirsi, non sono io.

Macché, macché, macché.

Alla facciazza di chi crede che stiamo lì a berci tutto quello che ci  ha detto Freud  (tra l'altro chi lo studia più?). Niente lettini e niente Inconscio che incombe sulle nostre teste. Sono due mesi che sto su queste dannate teorie sul buon vicino, colui che rispetta la tua privacy pur prestandoti due volte a settimana un chilo di zucchero. Senza contare i 10 capitoli di 3 libri diversi che parlano e straparlano di senso di attaccamento al luogo, senso di identità legata al luogo, radicamento sociale, relazione uomo-ambiente: tutte teorie che si contraddicono l'una con l'altra ad ogni ricerca effettuata.

Grazie a tutto ciò ho fatto scoperte interessanti che mi riguardano.

- Il mio attaccamento al luogo è plausibilmente di origine patologica: sintomo evidente il fatto che io non riesca ad addormentarmi se non sono nel mio letto, nella mia camera, nella mia casa nella mia città. E' sempre piacevole scoprirsi una  patologia in più, tanto ormai sono straconvinta di averle tutte (ipocondria all'ennesima potenza).

- Il mio attaccamento al luogo è patologico, ma questo non mi ha mai impedito di fregarmene altamente di ciò che succede all'interno della mia comunità. A malapena so come si chiama il Sindaco della mia ridente cittadina (ma no, che dico! Certo che lo so: ma solo perché mi chiamò a casa quando feci la tesi per la triennale, promettendomi un'intervista che mi mandò per email a una settimana dalla laurea). Questo mi caratterizza come una persona asociale, indifferente, con scarse possibilità di crescita e soddisfazione personale.

- Non ho mai vissuto l'esperienza di quartiere tanto ben descritta dagli psicologi americani. Ma che ci frega a noi: ci conosciamo tutti talmente bene nella mia zona che qualche giorno fa una mia anziana vicina di casa mi ha domandato se ho finito le scuole medie. Terminate, signora: dieci anni fa. Esattamente l'ultima volta che ci siamo incontrate.

- I miei vicini non mi hanno mai prestato lo zucchero. Credo che tutto questo sia sintomatico: il mio benessere, la mia salute mentale, il mio coinvolgimento sociale, tutto se ne sta sul fondo del mio barattolo vuoto. Porca miseria. Chi mi presta un po' di maledettissimo zucchero?

 
 
 
 
 

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