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Gabriele Marino


"Un cinquantennio di dedizione all'arte"di Aurelio De RoseQuando vi è da scrivere sugli amici, subentra sempre una sorta di reticenza dovuta soprattutto al “come dirne” per non incorrere in una retorica di enunciazioni e di suggestioni che, ai più, apparirebbero come “forzature” dovute, appunto a quel rapporto d’intesa, sociale, politico e innanzitutto culturale che intercorre. Cercherò quindi di fare del mio meglio per tracciarne sinteticamente un “ritratto”.Con Gabriele, ci unisce un cinquantennio che parte da quel crogiuolo che fu l’Accademia di Belle Arti di Napoli tra gli anni 50 e 60; mai più qualitativamente ritrovato, sia per le personalità artistiche che avevano il compito d’insegnare, che per quanti apprendevano. In quei tempi figure come Notte, Ciardo, Brancaccio…e più giovani artisti di rilievo che con essi coadiuvavano e che si imporranno successivamente: Armando De Stefano, Augusto Perez, Augusto de Rose, Carmine Di Ruggiero, Giuseppe Pirozzi. Ci unisce in oltre, l’amicizia comune con Mario Buonoconto che fondeva in se, non solo una capacità declamatoria inimitabile ma, soprattutto, una edotta conoscenza della storia così come dell’arte e del costume della nostra terra. Probabilmente, ne sono più che convinto, fu proprio quest’affinità all’affabulazione di Mario a legarci e, pur se gli eventi della vita ci porteranno ad avere lunghi periodi di mancati incontri, maturerà in entrambi l’interesse al “dire” di memorie da riportare alla luce: propri di quei lunghi oratori del Buonoconto. Percorso quello dello studio del proprio tessuto d’origini che per Gabriele, andrà di pari passo con l’insegnamento ed una instancabile continua ricerca pittorica. Certo, quest’ultima apparirà nel tempo prevalente ma non certa priva di quell’analisi di scrittura che, ignota a molti, navigherà contemporaneamente alle immagini. Grafica e pittura che seguiranno negli eventi di novità susseguitesi, sia pure in un interesse conoscitivo, una propria linearità propositiva. Certo non esenti dell’influenza di alcune linee guida, rilanciate nelle arti figurative e in particolare la Pop Art che non mancheranno nei suoi dipinti ma saranno interpretate attraverso una personale “crittografia” che a monte ne tracciava il percorso di osservazioni e di analisi, con il risultato d’essere mai esente da quei riferimenti d’appunti della memoria. Cammino, quello di Gabriele che non ha mai avuto attimi di sospensione variando in numerosissimi campi della comunicazione visiva e narrativa che per lui sono, ancora oggi, necessarie variabili d’ “intrusione” nelle quali si addentra pienamente cosciente d’offrire sia un linguaggio composto da strutture figurative, trasferite come necessaria immaginazione; sia rapportandosi ad una manualità costruttiva oggettuale, come nelle ceramiche, che hanno nello stesso tempo, dal gesto iniziale al completamento realizzato, eguale significato di voler offrire quanto più possibile le sue mnemoniche, ed a volte fantastiche astrazioni. Quelle che conserva in se da sempre e che in questo cinquantennio, anche di differente nostro cammino, l’ho spesso visto perseguire.