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MOLESTIE DELL'EX FIDANZATO


Condannato per trattamento illecito di dati personali: pubblica su un sito web un video della ex fidanzata con il suo numero di telefono
Un uomo tempo fa ha diffuso su Internet, senza il consenso dell’interessata, immagini della ex fidanzata tratte da una videocassetta contenente un suo spogliarello,  pubblicando anche del suo numero di cellulare. La donna aveva scoperto il fatto dopo la ricezione di un SMS che le proponeva un incontro galante, cui era seguito l’invio di un plico postale contenente la scannerizzazione di un’immagine dello spogliarello tratta dal sito web di carattere pornografico nel quale era stato pubblicato il videoCosì la Cassazione (sentenza n. 26680/2004) ha confermato la condanna che era stata inflitta in primo grado e in appello all'uomo, in quanto era stato riconosciuto colpevole,  dei reati di molestia e disturbo alle persone (art. 660 cod. pen.) nonché di trattamento illecito di dati personali ai sensi dell’allora vigente art. 35 della legge sulla privacy (L.675/1996).La Cassazione, nell'esaminare il caso, ha rilevato l’entrata in vigore, dal gennaio 2004, del nuovo Codice della privacy, il quale ha riformulato il reato di trattamento illecito di dati, oggi disciplinato dall’art. 167 del provvedimento.Il caso in esame riguarda la violazione della normativa posta a tutela dei dati sensibili, vale a dire quei dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. L’art. 167 del Codice della privacy prevede in proposito che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione delle norme poste a protezione dei dati sensibili, è punito con la reclusione da uno a tre anni, sempreché dal fatto derivi un nocumento per l’interessato (condizione obiettiva di punibilità).E' risultato processualmente che l’imputato non avesse accettato la decisione della fidanzata di interrompere il legame sentimentale che li univa da circa due anni. Da tale momento egli aveva iniziato a inondare la donna di lettere quasi farneticanti, a tempestarla di messaggi telefonici sul cellulare, al punto di costringerla a cambiare per ben due volte la scheda telefonica, sebbene inutilmente, considerato che l’uomo era sempre poi riuscito a venire a conoscenza del nuovo numero. Inoltre l’imputato aveva conservato la videocassetta che ritraeva la donna mentre si esibiva in uno spogliarello nella sua camera da letto e pertanto solo lui aveva la possibilità e l’interesse a divulgare tali immagini nel sito web.La Corte ha confermato la sussistenza del reato di illecita diffusione dei dati personali, essendo incontestabile che la donna ha ricevuto un nocumento dalla condotta dell’imputato, sotto forma di lesione della sua tranquillità e della sua immagine sociale, così come indubbia è, secondo la Corte, l’imputabilità dei fatti all’ex fidanzato.Questa sentenza si rivela interessante anche sotto altro profilo, in quanto riconosce che la contravvenzione di cui all’art. 660 cod. pen. può essere posta in essere anche attraverso l’invio di SMS molesti, oltre che attraverso le usuali comunicazioni telefoniche vocali. La Corte ha osservato, infatti, che anche gli SMS vengono trasmessi attraverso sistemi telefonici, che collegano tra loro apparecchi telefonici.Quanto poi alla capacità offensiva del messaggio, è notorio che, a differenza di quel che accade con lo strumento epistolare, il destinatario è costretto a leggerne il contenuto prima di poter identificare il mittente. Sicché quest’ultimo raggiunge lo scopo di turbare la quiete e la tranquillità psichica del destinatario, né più né meno di come lo raggiunge tramite la tradizionale comunicazione telefonica.In altri termini, quel che la disposizione penale in parola ha voluto incriminare non è tanto il messaggio molesto che il destinatario è costretto ad ascoltare (per telefono), quanto ogni messaggio che il destinatario è costretto a percepire prima di poterne individuare il mittente, perché entrambi i tipi di messaggi mettono a repentaglio la libertà e tranquillità psichica del ricevente.