L'intollerante

Storie di vita vissuta


Sapete che, al giorno d'oggi, trovare un lavoro è più difficile che trovare correttezza grammaticale e armonia lessicale nei discorsi di Biscardi. Se poi non siete ancora laureati e siete solo degli studenti squattrinati con un C.V più corto del pisello di topogigio, allora l'impresa diventa sul serio erculea. Fortunatamente, sono riuscito a trovare un impiego part-time presso una famiglia di rabbini che possiedono una fattoria e avevano bisogno di un ragazzo mungi-vacche. Al mio primo giorno ero ansioso e motivato per il nuovo lavoro e mandavo mille benedizioni al mio caro nonnino per avermi costretto ad imparare a mungere le mucche quando ero solo un bimbo. Erano però passati vari anni dall'ultima volta che avevo toccato la mammella di una vacca e, questo particolare, si sarebbe rivelato fatale per la mia prima esperienza. I rabbini erano gente educata e gentile; il capofamiglia mi indicò due stalle: in una c'erano 6 tori da monta e nell'altra 6 vacche pronte per essere munte. Il crepuscolo calava e la famiglia contadina non aveva voluto preoccuparsi di fornire le stalle di un impianto di illuminazione. Così, dopo aver distrattamente ascoltato le raccomandazioni e i consigli del mio datore di lavoro, mi incamminai sicuro e con passo svelto verso la stalla dove si trovavano le vacche. Non si vedeva praticamente nulla, inciampai in un paio di secchi vuoti e ne raccolsi uno, mi procurai uno sgabello e iniziai a mungere la prima vacca che mi trovai di fronte. Non ricordavo che le mammelle fossero così lunghe e dure e, la cosa che più mi sorprendeva, era il fatto che, per quanto procedessi a tentoni per afferrare le altre 3 mammelle, non riuscivo a trovarle. Andai avanti inerzialmente per qualche minuto, meravigliandomi che, nonostante il mio massaggio regolare, dalla mammella non fuoriuscisse nemmeno una goccia di latte; provai con più forza e aumentai il ritmo del massaggio fin quando non sentii il latte scendere copioso e denso nel secchio. Soddisfatto e un po' esausto, mi alzai per portare il primo secchio di latte al capofamiglia che ,precedentemente, mi aveva chiesto la gentilezza di fornigli il primo latte munto poiché sarebbe servito per il bimbo di 2 anni che, con fare amorevole, mi aveva simpaticamente tirato due calci sugli stinchi non appena mi aveva visto! Prima, però, volli assaggiare il frutto del mio lavoro e presi un sorso direttamente dal secchio. Appena abbassai il recipiente, mi accorsi che il mio datore di lavoro era sull'uscio della porta di casa che mi osservava sorridendo. Mi sentii un po' ladro e corsi a portargli il latte con aria sommessa, pronto a giustificarmi. Il capofamiglia, però, non si arrabbiò e, anzi, vidi allargarsi un sorriso divertito sulle sue labbra sottili e screpolate: "Vedo che hai fatto presto, ragazzo...com'era il latte?!"... in quel momento mi fermai a riflettere sul saporaccio che avevo sentito in bocca poco prima e al quale non avevo più fatto caso, preso dall'imbarazzo per l'essere stato scoperto mentre lo bevevo quasi furtivamente. Il rabbino bastardo mi guardò in faccia e scoppiò a ridere, poi aggiunse, con la voce interrotta dalle risate: "La stalla dalla quale sei uscito, è quella dei tori!"