L'intollerante

"Straccio" narrativo


Ieri, alla stazione, c’erano un bel po’ di militari. Tutti in divisa, ovviamente; con i loro zaini mimetici, i cappellini e il marchio “esercito italiano” sui borsoni. Marchiati, già…come le vacche prima di essere macellate. In treno, poi, mi si è seduta davanti una giovane madre; suo figlio avrà avuto al massimo due anni,ma parlava con una chiarezza sbalorditiva. Lo guaradai sorridendo per qualche istante: era proprio uno scricciolo e aveva una vocina di una tenerezza infinita. Ascoltava il padre per telefono e, ogni tanto, annuiva sorridendo…come se gli stessero facendo chissà quali promesse strabilianti. Poi la giovane donna lo interruppe dicendogli: “Dai…adesso saluta papà” e lui, subito: “Ciao Papa”. Ho immaginato quando e se mi sentirò chiamare io in questo modo. Il solo pensarlo, anche se in prospettiva molto futura ( e piuttosto incerta, dati i tempi), mi ha fatto venire i brividi; sentire, dall’altra parte del telefono, una vocina che mi dice: “Ciao Papà” e sapere che è mia, quella voce…che è una parte inscindibile di me e della donna che amo, credo che mi procurerebbe un tipo di emozione talmente forte e sconosciuta, da far fermare tutto il mondo intorno. Vabè, il treno è arrivato: mi tocca scendere e tornare nel mondo reale, quello dove c’è un uomo in camice grigio, con un volto tristissimo e le mani piene di calli…sta lavando il pavimento della stazione con uno straccio un po’ malconcio e, probabilmente, ancora più sporco delle mattonelle che dovrebbe lucidare. L’uomo pare rassegnato al fatto che, la sua operazione di pulizia, non servirà a nulla…la gente già calpesta la superficie che lui ha tentato di lavare pochi istanti prima; lui, però, non alza nemmeno lo sguardo: si limita a tenere il bastone con lo straccio ben saldo e a muoverlo, come  farebbe con un mestolo immerso in una pentola piena di colla. Pare una cosa sola con il bastone, eppure, sono convinto che lo odi, quel bastone…che vorrebbe spezzarlo o lanciarlo, possibilmente colpendo in pieno volto qualcuno dei passanti, o il suo capo, o il centro della terra, o la luna. La luna, in particolare, vorrebbe colpirla solo per il gusto di vederla spaccata in due…si, insomma, per essere responsabile di una catastrofe, per farsi notare. Immaginate i titoli sui giornali: “Un uomo che ha pulito per trent’anni il pavimento di una stazione, ha lanciato un bastone di legno dritto al centro della luna, spaccandola a metà”. “Ah…così niente più serata al chiaro di luna per le coppie di amanti e niente più maree”, deve aver pensato, colmo di rabbia repressa, l’omino dello straccio. Non aveva un’idea precisa di come rovinare il mondo, del resto; e così passava il tempo ad immaginarlo, lucidando il pavimento in cerca di un’ispirazione brillante per poter generare il caos. Però, pensandoci, chi mi dice che covasse tutto questo odio, dentro? Magari era felicissimo del suo lavoro, della sua vita, del suo presente e del suo futuro. Oppure no…forse aveva semplicemente smesso di vivere tanti anni prima e, adesso, era solo un ammasso di carne, ossa e bile che muoveva una mazza da sguattero. Chissà, chi può saperlo; probabilmente sono stato io a trasferire l’odio che ho dentro all’interno di quell’omino inerte e meccanico che, a distruggere il mondo, non ci pensa proprio. Ma io perché sono incazzato?! Sempre che io lo sia sul serio, ovvio…quasi quasi mi strappo l’anima e la metto per terra, sotto lo straccio dell’uomo in camice grigio. Me la faccio pulire, sperando di non vederla calpestata subito dopo da qualche passante distratto e strafottente.