Canottierina a costine e mutandine bianche.Così, seminuda e scalza trotterellavo canticchiando attorno a casa...la bisnonna Carlotta diceva sempre che il calore della terra guarisce le ossa ed il corpo...e così avevo preso ad imitarla e avevo gettato i sandali da qualche parte...giravo,giravo,giravo e ancora scalza giravo attorno alla grande casa mezza grigia e mezza gialla."Vuoi un albicocca piccoletta?"...Come erano buoni quei frutti appena colti dalla pianta, ce ne era un cesto pieno...Una, due, tre...quindici metri e una manciata di albicocche mi separavano ancora dalla tragedia. Lo seguii come un cagnolino che aspetta che cada qualcosa dal piatto di portata. Immobile dietro di Lui, mentre toglieva il lucchetto dalla porta della baracca di eternit, sotto i miei piedini nudi sentivo pungere i noccioli delle ultime ciliegie cadute dai rami sovrastanti...puzzavano di marcio...ma io ero troppo piccina per capire che il fetore arrivava da Lui e non dai frutti...Si mise a segare un tubo di ferro stretto nella morsa del banco da lavoro. Io lo fissavo divertita e imbambolata. Per me era tutto nuovo. Lui era giovane e bello come mio padre che non vedevo mai. Mi accoccolai sull'unica sedia sgangherata lì di fianco, così da poter osservare meglio."Cosa bevi da quella boccetta?" - "La medicina per la bua, ho la tosse" - "Hai la tosse? Ma io ti posso guarire! Sono un dottore!! Vuoi giocare al dottore con me?"Cosa mai sarebbe potuto succedermi? Mi aveva regalato i frutti, e io detestavo le fialette marroni!"SI" cinguettò la mia vocina.Quel SI fu l'inizio della mia fine. Dell'incubo di cui ancora oggi porto addosso i segni nel corpo e nell'anima.
-fine giugno-
Canottierina a costine e mutandine bianche.Così, seminuda e scalza trotterellavo canticchiando attorno a casa...la bisnonna Carlotta diceva sempre che il calore della terra guarisce le ossa ed il corpo...e così avevo preso ad imitarla e avevo gettato i sandali da qualche parte...giravo,giravo,giravo e ancora scalza giravo attorno alla grande casa mezza grigia e mezza gialla."Vuoi un albicocca piccoletta?"...Come erano buoni quei frutti appena colti dalla pianta, ce ne era un cesto pieno...Una, due, tre...quindici metri e una manciata di albicocche mi separavano ancora dalla tragedia. Lo seguii come un cagnolino che aspetta che cada qualcosa dal piatto di portata. Immobile dietro di Lui, mentre toglieva il lucchetto dalla porta della baracca di eternit, sotto i miei piedini nudi sentivo pungere i noccioli delle ultime ciliegie cadute dai rami sovrastanti...puzzavano di marcio...ma io ero troppo piccina per capire che il fetore arrivava da Lui e non dai frutti...Si mise a segare un tubo di ferro stretto nella morsa del banco da lavoro. Io lo fissavo divertita e imbambolata. Per me era tutto nuovo. Lui era giovane e bello come mio padre che non vedevo mai. Mi accoccolai sull'unica sedia sgangherata lì di fianco, così da poter osservare meglio."Cosa bevi da quella boccetta?" - "La medicina per la bua, ho la tosse" - "Hai la tosse? Ma io ti posso guarire! Sono un dottore!! Vuoi giocare al dottore con me?"Cosa mai sarebbe potuto succedermi? Mi aveva regalato i frutti, e io detestavo le fialette marroni!"SI" cinguettò la mia vocina.Quel SI fu l'inizio della mia fine. Dell'incubo di cui ancora oggi porto addosso i segni nel corpo e nell'anima.