Creato da stellina20092 il 29/11/2009
il sito di bagnoli..un quartiere come tanti..ma dentro dentro un po' diverso come altri.

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la storia dell'italsider

Post n°24 pubblicato il 29 Novembre 2009 da stellina20092

Storia [modifica]

Cronologia essenziale
L'impianto siderurgico di Cornigliano

Queste le date principali nella storia dell'Italsider[1]:

  • 1905: Viene costituita la società anonima Ilva.
  • 1911: nasce il "Consorzio Ilva".
  • 1918: nasce Ilva Alti Forni e Acciaierie d'Italia.
  • 1931: trasferimento della sede a Genova.
  • 1934: il controllo societario passa all'IRI e, tre anni dopo, alla finanziaria Finsider.
  • 1949: viene costituita a Roma dalla Finsider la Nuova Italsider, Società Siderurgica Commerciale.
  • 1961: fusione dell'Ilva con la Cornigliano Spa: nasce la Italsider Alti Forni e Acciaierie Riunite Ilva e Cornigliano.
  • 1964: la ragione sociale diviene semplicemente Italsider.
  • 1965: inaugurazione del IV Centro Siderurgico di Taranto.
  • 1980: trasferimento a Genova della Nuova Italsider.
  • 1981: la controllata Nuova Italsider rileva tutti i complessi aziendali eccetto quelli di Marghera e San Giovanni Valdarno.
  • 1983: viene decisa la liquidazione societaria con cessione alla Finsider della partecipazione azionaria nella Nuova Italsider.
  • 1986: viene deliberata la fusione per incorporazione della Nuova italsider nella Sirti del gruppo IRI-STET.
  • 1989: conferimento dell'impianto di Cornigliano al gruppo Riva.
  • 1995: privatizzazione dell'Ilva, con cessione dell'impianto ex-Italsider di Taranto al gruppo Riva.


(Nell'immagine: l'impianto siderurgico di Cornigliano con accanto l'antica Villa Bombrini e l'impianto del gasometro)

L'atto di costituzione dell'ILVA, avvenuto nel capoluogo ligure, risale al 1 febbraio 1905.

Il capitale sociale iniziale era di dodici milioni di lire e di esso facevano parte la società Siderurgica di Savona (controllata dalla società Terni), la Ligure Metallurgica e, in forma diretta, la stessa Terni.

Successivamente si aggiunse al capitale iniziale - portandolo a venti milioni - quello della Elba, il cui ingresso veniva a completare la compagine societaria.

Il gruppo-base Terni-Elba - attivo nel settore dell'estrazione del minerale di ferro soprattutto nell'isola d'Elba - era controllato da esponenti della finanza genovese[2] che intendevano, con la costituzione dell'ILVA, sfruttare le agevolazioni programmate con la legge per il risorgimento economico di Napoli - varata nel luglio 1904 - che prevedeva l'installazione entro il 1908 di un grande impianto a ciclo integrato a Bagnoli[1].

L'azione di dumping messa in atto dai concorrenti esteri - che si sarebbe rivelata al pari dannosa ottant'anni dopo, decretando il definitivo stato di crisi del settore acciaio - fece subito capire che l'azione della nuova società non sarebbe stata tuttavia agevole.

 
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Italsider

Post n°23 pubblicato il 29 Novembre 2009 da stellina20092

 

Italsider
Altoforno in dismissione a Cornigliano (Genova)

L'Italsider è stata una delle maggiori aziende siderurgiche italiane del XX secolo. La sua storia è quasi centenaria e ha avuto inizio ai primi del secolo per concludersi a fine anni ottanta.

Nata per iniziativa di industriali del settentrione d'Italia come ILVA (nome che ha poi riacquistato dagli anni novanta), con la nascita dell'IRI la società è passata poi sotto il controllo pubblico impiantando stabilimenti a Genova-Cornigliano, Taranto e Napoli-Bagnoli. Negli anni sessanta è diventato uno dei maggiori gruppi dell'industria di stato.

A fine anni ottanta, con la crisi del mercato dell'acciaio, e dopo diverse traversie economico-finanziarie - culminate nel 1983 nella liquidazione volontaria e la conseguente cessione alla Finsider della partecipazione azionaria nella Nuova Italsider[1], l'Italsider è rinata con la costituzione del consorzio COGEA come Nuova Italsider Acciaierie di Cornigliano per poi essere rilevata, con l'originario nome di ILVA, dal gruppo siderurgico Riva.

L'operazione di cessione a privati dello storico complesso - un tempo colosso della siderurgia - ha destato polemiche e perplessità in special modo fra dirigenza industriale, amministratori pubblici e popolazioni delle aree in cui si trovavano gli insediamenti produttivi, zone fortemente minate dall'inquinamento industriale provocato dalla presenza di altoforni.

Con gli anni novanta è iniziata la laboriosa opera di dismissione degli impianti produttivi e una riconversione delle aree precedentemente occupate dagli insediamenti siderurgici.

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Post N° 22

Post n°22 pubblicato il 29 Novembre 2009 da stellina20092
Foto di stellina20092

A BAGNOLI IL CEMENTO E' DI CASA
03 novembre 2009



Reportage
Fulco Pratesi: «Mobilitiamoci per la difesa delle città». Sulle quali incombe il rischio di speculazioni


La giunta comunale di Napoli ha aumentato il numero di case che verranno costruite nell'ambito del piano di riqualificazione dell'area ex Italsider.
Gli alloggi passano da 1.300 a 2.000, mentre diminuisce la superficie destinata ai servizi.
Il motivo? «La fame di case». Ma a Napoli «il numero di vani ha superato quello degli abitanti», dice l'urbanista Aldo Loris Rossi.
La densità abitativa è tale che gli spazi pubblici per ogni napoletano sono pari a 81 mq/ab. Ogni romano ne ha a disposizione 468, un berlinese 500. Ambientalisti in trincea: «Ancora case? Una follia».
A guardarla dall'alto, in una giornata di splendido sole, Bagnoli appare come un enorme territorio in lento divenire, stretto tra il mare e le colline e cinto d'assedio dalla selvaggia invasione urbanistica dell'area ovest di Napoli.
Una pianura segnata dal passato venefico dell'Italsider, che ora "urla" un'enorme potenzialità di sviluppo.
La distesa di verde, il waterfront (sebbene l'acqua sia ancora contaminata da idrocarburi policiclici aromatici), i monumentali scheletri d'archeologia industriale, la bonifica in corso. Luogo ideale a cui affidare le speranze di rinascita di una città piegata. Un'idea, una prospettiva, e, perché no, un sogno. Che, però, rischia di essere compromesso dal lavorio ai fianchi delle lobby dell'edilizia. E dell'affare facile. Su questa superficie di oltre un milione di metri quadrati il Piano di riqualificazione prevede una vasta area verde, il Parco dello sport, i Napoli Studios, nuove infrastrutture e il Polo tecnologico dell'ambiente. E, ancora, attracchi per centinaia di barche, alberghi, strutture di terziario. E, naturalmente, case. Che, dopo una decisione della giunta comunale, ora saranno ancora di più.
Infatti, secondo la recente modifica del piano urbanistico attuativo, il Pua, adesso «il volume di nuova edilizia residenziale è passato da 300mila a 515mila metri cubi». Più case, quindi, ma non - almeno ufficialmente, e almeno per ora - a scapito del verde, ma solo dei servizi e del commercio.
La quota di superficie destinata alle residenze è stata aumentata al 36,7% (625.904 mq dai precedenti 440.205, pari al 24,1%), mentre quella destinata ai servizi e al commercio è calata da 1.142.215 (66,9) a 926.516 (54,3). Ma in una città dove l'espansione urbanistica non ha pari nel mondo, dove gli abitanti calano di seimila all'anno e la mancanza di prospettive e di lavoro (a Napoli e provincia il tasso di disoccupazione nel 2007 è salito al 41,1%, fonte Istat) ha rimesso in moto un fortissimo fenomeno migratorio che non ha pari in nessun'altra metropoli italiana, c'è davvero «fame di case?».
A sentire l'urbanista Aldo Loris Rossi la risposta è assolutamente no.
«Dal 1971 la popolazione è diminuita progressivamente da 1.226.594 abitanti ai circa 960mila odierni mentre i vani sono aumentati da 1.033.418 a circa 1 milione e mezzo.
Oggi Napoli, per la prima volta nella sua storia, ha più vani che abitanti. E, secondo l'Istat, la popolazione della Campania nei prossimi 42 anni comunque diminuirà. A Bagnoli, ora, c'è una situazione esplosiva. Davvero non si sa dove si può andare a finire».
Una prospettiva che allarma molto anche il geologo Riccardo Caniparoli. «Napoli - spiega - è l'unica città al mondo che "implode" da un punto di vista urbanistico. Circa un milione di abitanti che insistono su un territorio di 117 km/q e una cinta di paesi confinanti con una densità abitativa ancora più alta rispetto al centro della città».
E', ad esempio, il caso di Portici: 13.246 abitanti per chilometro quadrato. Un valore inferiore solo a megalopoli come Manila, Parigi e Shangai. «Troppi abitanti su una superficie fisica», con tutte le conseguenze in termini di erogazione di servizi, di consumo del suolo. E anche di rapporti sociali, di vivibilità urbana, di fruizione dello spazio pubblico, di aree a verde necessarie per svincolarsi dall'assedio selvaggio del cemento. Che non di rado, da queste parti, impedisce anche la semplice vista del cielo.
«Il Comune di Napoli ha 118 mq per abitante. Considerando che 37 mq/ ab sono destinati a scuole, attrezzature pubbliche, verde pubblico, parcheggi, la superficie utile netta per ogni cittadino napoletano è ridotta a 81 mq/ab. Ogni cittadino romano ha a disposizione 468 mq/ab, un berlinese 500. Peraltro, lo standard europeo considera che ogni abitante deve avere 24 mq di verde pubblico. Verde che, peraltro, a Napoli è scarsissimo. E allora come si può pensare di mettere più case nel territorio comunale? è follia pura», sbotta il geologo.
Ma, allora, cosa fare? «Non è possibile costruire altre volumetrie abitative. C'è bisogno di verde, verde e ancora verde. Si dovrebbe attuare un piano di riduzione della pressione urbanistico-residenziale per avvicinarsi il più possibile agli standard urbanistici di una città europea e non scivolare verso agglomerati urbani da terzo mondo. Ma c'è troppa arretratezza mentale.
Si vogliono fare i soldi sempre nella stessa maniera: rapinando il territorio.
Bagnoli rischia di diventare solo un affare per i soliti noti. I soliti palazzinari che vogliono fare speculazione». A fare capolino è lo spettro degli affari per pochi. Magari sublimato dalla spinta di un moderno concetto di "sfruttamento pubblico". «La modifica di destinazione è un'operazione che, di fatto, serve a fare cassa. I suoli, una volta venduti, rendono di più se ci si possono edificare sopra delle case. E purtroppo abbiamo necessità di più fondi per portare a termine la riqualificazione di Bagnoli. Non tutte le risorse, infatti, arrivano dalla Regione o dall'Europa», dice Casimiro Monti, per molti anni presidente cittadino dei Verdi, poi assessore all'Ambiente e ora vicepresidente di Bagnolifutura spa, la società di trasformazione urbana, i cui azionisti sono Comune (90%), Provincia (2,5) e Regione (7,5), che realizza gli interventi previsti dal Piano urbanistico esecutivo.
Più che un sogno, il rischio di un compromesso al ribasso. «Quello di investire nelle case è un ragionamento a perdere», incalza Gennaro Migliore, a lungo capogruppo del Prc al Comune, ora in Sinistra e libertà. Il suo tono è preoccupato. «Si sta imboccando la strada di un utilizzo intensivo del suolo. Il crinale è quello che vede prevalere la rendita fondiaria. E questa decisione del Comune potrebbe essere solo un primo passo. La priorità assoluta deve essere il parco, il vero volano per Bagnoli. Ma temo possa diventare preda di interventi edilizi. E sarebbe gravissimo ».
Un pericolo in nuce, che però fa già sobbalzare dalla sedia il presidente onorario del Wwf, Fulco Pratesi. Troppi blitz contro il territorio ha visto nella sua lunga carriera di ambientalista. E infatti su Bagnoli si dice «preoccupatissimo. Bisogna mobilitarsi in ogni maniera. Così come a Napoli, anche a Roma c'è la stessa malattia: stanno continuando a cementificare l'agro romano, nonostante in città ci siano migliaia di case vuote».
Il rischio, anche stavolta, è che la crepa diventi un crepaccio. Profondo. Buio. Intanto le elezioni, nel 2010 alla Regione e l'anno successivo al Comune, sono sempre più vicine. E chissà che qualcuno non abbia già fiutato l'affare

 
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Bagnoli

Post n°21 pubblicato il 29 Novembre 2009 da stellina20092

Bagnoli

Dire Bagnoli, purtroppo, nell'ultimo secolo è stato come dire Italsider, e cioè industria, inquinamento, scempio di un territorio bellissimo, ma, d'altra parte, anche possibilità di lavoro. Dire Bagnoli, oggi, vuole invece dire smantellamento, riqualificazione, sviluppo, ma soprattutto una grande scommessa per il futuro, non solo del quartiere, bensì di tutta la città.

Bagnoli, nell'estremo occidente della città, ai piedi della collina di Posillipo e sul bel mare del golfo di Pozzuoli, era stata destinata allo sviluppo industriale da una legge del 1904; nel 1906 vi venne impiantata l'ILVA-Italsider, che divenne presto uno dei più importanti poli siderurgici d'Italia. Negli anni '30 si aggiunsero poi altre imprese, quali l'Eternit e la Montecatini. Negli anni '70 inizia la crisi del settore, e ciò porta a contrazioni continue, fino alla chiusura completa degli altoforni e di tutta l'attività industriale nel corso degli anni '90.

L'Italsider negli anni '40
L'ILVA, nella prima metà del 1900

Da allora, è iniziato l'impegno per trovare una nuova destinazione a un'area così suggestiva e con tante potenzialità turistiche. Il piano elaborato dal Comune prevede il recupero della piccola marina e della spiaggia, l'urbanizzazione moderata, con finalità turistiche, dei terreni ex-industriali, la creazione di ampi polmoni verdi, di parchi, di luoghi di aggregazione e cultura. Nella direzione della cultura, un ruolo fondamentale lo svolge già oggi la fondazione IDIS, che, in antichi capannoni delle fabbriche smantellate a Coroglio, ha impiantato e sta espandendo la Città della Scienza, polo scientifico e tecnologico d'avanguardia (il primo in Italia), sul modello della Villette di Parigi. 

La strada da percorrere è ancora tanta; per ora si è abbattuta con la dinamite la maggior parte dei capannoni, ma la bonifica dei terreni, la lottizzazione, le fasi progettuali, il reperimento di tutti i fondi necessari e soprattutto dell'imprenditoria adeguata sono impegni difficili e che richiederanno ancora molto tempo. Ma l'importante è arrivare in fondo, e vincere questa grande sfida per la Napoli del nuovo secolo.  

La Bagnoli post-industriale fotografata dal Parco Virgiliano (novembre 2006)

 

Bagnoli-Terrazza.jpg (40083 byte)

 

I terreni dell'ex Ilva oggi sottoposti a bonifica (2005)

Un discorso a parte merita poi l'isola di Nisida: l'isola che non c'è, collegata com'è alla terraferma da un pontile che parte dalla spiaggia di Coroglio. L'isolotto è in realtà un cratere vulcanico tufaceo di forma semicircolare (l'apertura a sud-ovest, generata dall'azione delle acque, ospita il piccolo porto Paone), ricoperto da una fitta vegetazione e attualmente sede di alcuni edifici militari e di un carcere minorile; il suo interesse storico è legato alla congiura contro Cesare, il cui piano Bruto e Cassio approntarono proprio in questo luogo. L'isola non è visitabile se non in occasioni eccezionali e molto rare, ma una bellissima vista di essa si gode dall'alto del Parco Virgiliano, a Posillipo.

Nisida.jpg (31640 byte)
L'isola di Nisida, vista da Posillipo

Molto interessanti sono anche le spiagge di quest'area (Coroglio e La Pietra), per le quali numerosi progetti sono stati presentati negli ultimi anni, con l'obiettivo di giungere all'istituzione di moderne strutture balneari pubbliche e private. Per il momento, tuttavia, in questa direzione si sono registrate solo poche e isolate iniziative.

LaPietra.jpg (33751 byte)
La spiaggia de La Pietra, al confine tra Bagnoli e il comune di Pozzuoli

Rientra nei confini del quartiere anche il comprensorio di Agnano, noto principalmente per la presenza del grande ippodromo, uno dei più importanti d'Italia.

Agnano.jpg (26416 byte)
Veduta aerea dell'ippodromo di Agnano

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Bagnoli-Polo Tecnologico Dell'Ambiente

Post n°20 pubblicato il 29 Novembre 2009 da stellina20092

Napoli

Bagnoli - Polo Tecnologico dell’Ambiente

Un Polo nel quale troveranno ospitalità quasi un centinaio di aziende eco compatibili, che a loro volta daranno lavoro a un elevato numero di giovani tecnici, ricercatori, laureati.  
Il totale dell'investimento è di circa 200 milioni. Gli addetti saranno 800.  
 
L'area che ospiterà il Polo tecnologico ambientale fa parte dell'Area Tematica 4 del Piano urbanistico attuativo, dove c'è la palazzina della direzione (è la prima porzione di terreno che Bagnolifutura vende) e ha un'estensione di 68 mila metri quadrati. La volumetria edificabile è di 165 mila metri cubi.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  • Area disponibile 68.000 mq
  • Volume edificabile 165.000 mc
  • Superfici per produzione di beni e servizi 46.000 mq
  • Parcheggi interrati e depositi 21.000 mq  
  • Superfici accessorie 7.800 mq  
  • Totale investimento 200 mln  
  • Numero imprese ed enti 100
  • Numero addetti 800
  
L'area che ospiterà il Polo tecnologico ambientale fa parte dell'Area Tematica 4 del Piano urbanistico attuativo, dove c'è la palazzina della direzione. E' la prima porzione di terreno che Bagnolifutura vende e ha un'estensione di 68 mila mq  
 


 

 
Napoli

Bagnoli - Polo Tecnologico dell’Ambiente

Un Polo nel quale troveranno ospitalità quasi un centinaio di aziende eco compatibili, che a loro volta daranno lavoro a un elevato numero di giovani tecnici, ricercatori, laureati.  
Il totale dell'investimento è di circa 200 milioni. Gli addetti saranno 800.  
 
L'area che ospiterà il Polo tecnologico ambientale fa parte dell'Area Tematica 4 del Piano urbanistico attuativo, dove c'è la palazzina della direzione (è la prima porzione di terreno che Bagnolifutura vende) e ha un'estensione di 68 mila metri quadrati. La volumetria edificabile è di 165 mila metri cubi.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  • Area disponibile 68.000 mq
  • Volume edificabile 165.000 mc
  • Superfici per produzione di beni e servizi 46.000 mq
  • Parcheggi interrati e depositi 21.000 mq  
  • Superfici accessorie 7.800 mq  
  • Totale investimento 200 mln  
  • Numero imprese ed enti 100
  • Numero addetti 800
 
 
 
L'area che ospiterà il Polo tecnologico ambientale fa parte dell'Area Tematica 4 del Piano urbanistico attuativo, dove c'è la palazzina della direzione. E' la prima porzione di terreno che Bagnolifutura vende e ha un'estensione di 68 mila mq  
 


 
 
 
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