mi querido

Ana e l'abbraccio


Ana è seduta di fianco a me al Beso. Ha un sorriso contagioso e un bel po' di cose da dire contro. Le persone critiche a me piacciono. Perciò, tra un invito e l'altro che non rompe affatto la bella intimità tra nuove amiche,  spiega perchè, a 27 anni, vestita da tangonuevista, siede in mezzo a gente grande in abito predisposto a una sala tradizionale come è il Beso della domenica. La spiegazione mi ricorda le parole dei principianti di tutto il mondo che devono affermare le stesse cose che afferma il loro maestro. Sostiene che milonguear è abbracciare proprio con quel tipo di abbraccio lì, chiuso. Ad alcune donne piace molto perché le rende più sensuali e abbandonate all'uomo. Ma quali sono quelle donne? Io sono una di quelle, ma solo alla domenica. Alla domenica al Beso va bene, gli altri giorni no. Perchè anche questa domenica a Buenos Aires è stata una bella giornata trascorsa al parco di Palermo, in un enorme pic nic tra italiani e italo-argentini prima, due ore di ascolto rapito di chistarristi straordinari all'ex Esma e un'ora sul collettivo di sera, insieme a decine di bimbetti addormentati tra le braccia della mamma o del papà. Ogni domenica qui ci sono cose belle da fare e da vedere, non come in Italia. E allora al Beso si va a farsi coccolare prima di andare a letto stanchi morti della lunghissima giornata, da uomini che non sono ballerini e non hanno tante pretese di piacere. Se ci riescono bene, sennò sono educati e basta. Il Beso è una milonga circolare che restringe verso il centro gli abbracci e li riporta all'esterno addosso alle persone sedute. Il segreto dell'armonia che si respira al Beso è proprio contenuto nella milonga-abbraccio. E il segreto dello star bene sembra proprio essere l'armonia. Il caos può essere interessante e perfino energetico, ma a lungo andare costringe il cuore ad accelerare. Ana non ha le idee ancora chiare sull'abbraccio perché non lo sperimenta quanto me da tanti anni e, soprattutto, è troppo giovane per interpretare i dettagli. E' ben difficile dire, in Argentina, che il tango sia abbraccio. Sarebbe riduttivo, nonostante sia la prima cosa che si fa incontrandosi in pista e la più difficile da imparare soprattutto per noi europei così poco attratti dalla concessione totale all'altro.  Poi, a un certo punto, capita di distinguere l'abbraccio contenitore da quello marcatore, quello affettuoso da quello seduttivo, quello creativo da quello intimo.  Non ho mai ballato con un argentino che ballasse come un altro. Che facesse gli stessi passi (benchè nel tango siano codificati per tutti), le stesse pause, gli stessi cambi di peso. Nè ho mai trovato un argentino che interpetasse D'Arienzo come un altro, e si dovrebbero vergognare quelli che definiscono la sua musica una marcetta.  E' inevitabile confrontare gli europei o anche altre nazionalità che si incontrano a Buenos Aires, con i portenios. Un francese non marcava affatto pur essendo bravino nei passi e nel ritmo musicale. Cioè non abbracciava. Gli argentini nella milonga rispettano le regole più che per la strada: si scusano, proteggno la donna, la invitano senza darle manate sule spalle o piazzandosi davanti alla sua faccia. Ma mentre ballano dimenticano tutto. Niente regole. Il tango è improvvisazione, è libero, è come ognuno lo sente, è come nasce con quella compagna lì, proprio quella, che va ascoltata per forza, altrimenti si esce dalla musica, dal giro della milonga, dall'armonia del ritmo di note e cuori che silenziosamente battono. Così gli argentini vivono il tango, quella musica di tango con quella ballerina, in quella milonga, esattamente quel giorno. Non c'è mai un giorno uguale all'altro anche nella stessa milonga. Alla Malcom, ogni sera c'è una diversa gestione e benchè il locale sia lo stesso, cambia tutto. La disposizione dei tavoli, le luci, la gente, la onda...Una trasformazione totale che quasi non te la fa più riconoscere. Un ragazzo me l'ha spiegato in due parole secche e precise: la gente fa la milonga, non il contrario.