mi querido

Buenos Aires o Italia?


Mi scrivono in tanti e fanno tutti la stessa richiesta: mi dia consigli per lasciare l'Italia e andare a vivere a Buenos Aires. A volte hanno vent'anni, altre quaranta. Tutti lasciano intravedere tra le righe delle loro mail, più che la ricerca di un luogo dove lavorare, quello dove vivere meglio che in ITalia.Io mi chiedo: ma chi conosce l'Italia conosce altrettanto l'Argentina? Sembra una storia già vista (e mal vissuta) da nostri antenati emigrati nelle Americhe in cerca di fortuna (economica) o di sopravvivenza (quando nelle Americhe si trovava lavoro e in ITalia no).  Alla prima motivazione oggi si sostituisce una più pratica e moderna: qui si sta male, là si sta meglio. Alla seconda invece si affidano solo vaghe speranze, certi che qui è difficile trovare lavoro e là chissà, forse no.Alla base di tutto però c'è lo scontento: dell'immobilità dell'Italia, della noia del già visto, della politica e dell'economia che rispecchiano, insieme, il tempo oscuro che stiamo attraversando. Che è anche tempo di difficoiltà di rapporti e di spiragli di speranza.L'Argentina non è la Mecca. Non è l'America. E' il Sudamerica con un'inflazione irrefrenabile (per scelta governativa), con un conflitto sociale (e perciò politico ed eocnomico) elevatissimo, con modelli americani più che europei, con miti che non muoiono mai al punto da far pensare, a noi che che non ne abbiamo, che siano persino ridicoli. Peròn, Evita, Che Guevara, l'Italia della dolce vita, le confiterie di Parigi, le Malvinas, i Beatles, gli U2, tutto messo nello stesso piatto della nostalgia (malata) per un passato destinato a non tornare più.  Molti argentini giustificano il loro appoggio all'attuale governo con una parola: prima si stava peggio. Anche noi stavamo peggio in tempo di guerra, eppure è un paragone che nessun italiano fa mai quando vuole avventurarsi in un discorso di attualità politica.  L'Italia è nelle sabbie mobili, ma l'Argentina ha la testa voltata indietro che è forse peggio. A Buenos Aires, se si hanno molti soldi, si può vivere relativamente bene. Relativamente perché bisgona guardarsi le spalle, oltre che dai rapinatori (che abbiamo anche noi) anche dai vicini di pianerottolo e dalla cameriera. Avere un ipad a Buenos Aires ed esibirlo è ad alto rischio di vita. Da noi ancora no. Anche da noi le strade delle grandi città pullulano di poveri e questuanti, ma i poveri e i questuanti di Buenos Aires sono un coltello conficcato nel cuore: sono stracci buttati lì, abandonati, derelitti che ti guardano senza vederti. I bambini lavorano e li vedi ogni girono e ogni notte. Spingono carretti pesantissimi appena hanno raggiunto un po' di forza nele braccia, o camminano su e giù per i vagoni del metrò appoggiandoti sulle gambe qualcosa da comprare. Non sono schiavi: sono poveri figli di poveri.Anche da noi c'è la prostituzione delle ragazze. A Buenos Aires però le prostitute sono ragazze rubate mentre aspettavano il collettivo, violentate e drogate e spesso, quando ormai inservibili, uccise. Ne scompaiono 600 ogni anno in tutta l'Argentina.A Buenos Aires gli spettacoli sono gratis. Gratis i festival della musica e della danza. Le offerte di svago sono così tante che non riesci a vedere tutto e ti dispace da morire, Da noi c'è poco e quel poco è quasi sempre a pagamento. Però da noi non c'è il voto di scambio: ti faccio divertire in cambio della tua sottommissione.Noi abbiamo la mafia, l''ndrangheta e la camorra. Anche a Buenos Aires c'è la mafia sudamericana e oltre a quella ci sono le bande armate, la spartizione dei territori per la droga e le armi, dei 48 barrios della città solo una decina sono considerati vivbili. Per strada puoi vedere ragazzi con la pistola in mano (alla Chacarita, non alla Boca), ci sono case occupate nella maggior parte dei barrios, c'è miseria, miseria nera e delinquenza cattiva. La polizia ha paura a intervenire e se non ha paura è perché è corrotta.La nostra polizia mi chiede di aprire il trolley a mano nel transfer da Buenos Aires perchè ho un oggetto sospetto rilevato dal monitor: era un pacchetto di cerealitas (crackers).Gli argentini preotestano sempre. Cortano (interrompono) le strade principali quasi ogni giorno, manifestano davanti alla casa presidenziale quasi ogni giorno, ti impediscono di arrivare al lavoro o in ospedale, o chissà dove puntuale quasi ogni giorno (che sommato al ritardo dei treni è già un consistente ritardo), ma non ottengono mai niente. La loro libertà è la protesta. Poi li schiacciano come vogliono e loro si lasciano schiacciare. Su una cosa sono inflessibili: la coda di quattro auto in fila ai caselli autostradali. Allora sì che lì suonano tutti i clacson pur di farsi aprire e passare senza pagare. Noi restiamo allibiti. E perché non dovrebbero pagare il pedaggio? Perchè non ci deve essere fila è la risposta. In realtà nn vogliono pagare e stop. E' che sono abituati a pagare caro e salato il cibo (mentre la nostra inflazione consente di mangiare e magari fa rinunciare ad altro, la loro toglie anche il cibo di bocca), a pagare quasi nulla i mezzi pubblici (che ovviamente sono ad alto rischio di morte e infatti spesso uccidono), a rinnciare alle vacanze e ai viaggi all'estero decisamente costosi per le tasche della maggioranza.Gli argentini festeggiano tutto. Dai vivi ai morti, ricordano date come computer. E mentre festeggiano pagano ristoranti, fanno regali, si scambiano messaggi al cellulare.  Il dia de la madre è talmente sacro che se non fosse di domenica dovrebbero dichiararlo un'ulteriore festività nazionale.Ogni tre mesi ci sono tre giorni di festa tutti attaccati per gentile concessione presidenziale (e del governo). Si viene pagati e non si lavora. Bello, no?  E cosa si fa in vacanza? Si spende, ovvio.  E si ringrazia la benevolenza del governo verso i sudditi.Prendere il metrò o i collettivi nelle ore di punta è un incubo. Attendere un autobus è un incubo: a volte ne passano tre di fila, a volte uno ogni 50 minuti. E il peggio è che non hai scelta: o il taxi o il bus. Gli argentini aspettano senza fiatare, rigorosamente in file serpentine sul marciapiede. E mentre rispettano le regole delle file ovunque, in silenzio assoluto, litigano sul calcio e sulla politica arrivando quasi a darsi coltellate.  Fanno impressiione: sembrano dottor Jackill e mister Hide.Noi siamo sempre arrabbiati, loro sono sempre malinconici.  Cos'è meglio se non c'è una via di mezzo che sarebbe l'ideale?Noi (nei giorni feriali) camminiamo piuttosto velocemente e andiamo da un posto all'altro, loro occupano tutti i marciapiedi a tre corsie e non ti lasciano passare perché vanno in giro come lumache, guardano le vetrine, chiacchierano e se ne fregano degli altri che devono passare perché hanno un sacco di tempo e sono talmente tanti che non capisci mai chi lavora davvero e produce un Pil così alto come viene enfaticamente annunciato.Loro si vestono come vogliono, mescolano colori impossibili, si baciano dove vogliono e ballano come vogliono. Noi dobbiamo rispettare clichè, siamo mal visti, dobbiamo sopportarele occhiatacce e non possiamo uscire in ciabatte. Ma almeno abbiamo gusto anche quando indossiamo un bel niente.  E non ci baciamo col dentista solo perchè ci apre la porta dello studio. Non ho mai pres tanti baci come a Buenos Aires. All'inizio mi piaceva, adesso mi dà un po' fastidio. Ma perchè devo prendermi il  bacio da tutti gli sconosciuti solo perché sono ferma a fumarmi ua sigaretta davanti a una porta d'entrata di un corso?Buenos Aires o Italia?