mi querido

LASCIATEMI BALLARE


La guerra si è scatenata di colpo, quando un giorno ho aperto la pagina del giornale italiano on-line a Buenos Aires. La mia faccia si è rabbuiata, ho dovuto chiamare in Italia per capire perchè, cosa cavolo era successo, cosa mi sono persa se il giorno prima non c'era niente e il giorno dopo è scoppiata una cosa di simili proporzioni? E' strano come essere in Italia e leggere o guardare le immagini della carneficina in Libano non faccia lo stesso effetto di quando le notizie le leggi su Internet. E' peggio essere lontani perchè dall'altro capo del mondo non si capisce niente. L'anno scorso c'era stato l'attentato a Londra e avevo provato la stessa sensazione: sono qui e non capisco, leggo e non capisco lo stesso. Ho bisogno di parlarne con la mia gente, vedere le immagini commentate in italiano. Voglio essere a casa, ogni volta che la coscienza mi va in frantumi. Il Sud America è un paese lontanissimo e non si riesce a sentirsi veramente in vacanza. Non a  Buenos Aires per lo meno, dove tutto ci ricorda casa (anche le marche conosciute nei negozi e nei supermercati) eppure si è laggiù, nel culo del mondo, come dicono ridendo amaramente gli argentini. Dopo il furto ho provato quella strana, brutta sensazione, di sentirmi sola in un paese straniero e lontanissimo dal mio. E' una sensazione indescrivibile che quando arriva ti penetra dentro e ti lascia in sospeso, come un ragno che ha solo la sua ragnatela a cui aggrapparsi. Non importa se non c'è niente di serio di cui preoccuparsi. C'è un senso di disagio nell'essere stranieri in un paese del terzo mondo quando si supera la prima settimana di permanenza e si pretende di vivere non da turisti ma penetrando nelle viscere della città. Forse ho capito gli stranieri, e peggio ancora, gli stranieri del terzo mondo in Italia. Mi sono arrabbiata, all'ennesimna volta che mi dicevano: sei brasiliana? Non ho mica il culo grosso, nè i capelli biondi, nè le tette cadenti, ribattevo. In realtà mi offendeva essere paragonata a una del terzo mondo. Perchè cavolo mi chiedevano tutti se ero brasiliana? Ho imparato - male - il castigliano a Buenos Aires, ho assorbito piutosto bene la cadenza portena (mi sono sforzata un sacco), sono mora, ho un portamento europeo e sfido i maschi guardandoli negli occhi (le donne sudamericane non lo fanno ve lo giuro) e nonostante questo mi chiedevano continuamente se ero brasiliana. Forse ero semplicemente una straniera in una  terra straniera, con un accento marcatamente straniero. Il paese più vicino è il Brasile, ecco la spiegazione. Non sono sicura. Resta il fatto che un giorno non l'ho più sopportato e ho espresso più che disappunto il mio sentirmi offesa. Sono italiana.  Lasciatemi ballare, per favore. Ballare fa dimenticare i morti del Libano e le memorie di saqueo. La solitudine in un paese straniero e l'impossibilità di aiutare tutti i bambini che soffrono. Vi racconterò un po' per volta. Oggi è il giorno della carneficina che vorrei fermare, come tutti, e non al di là delle posizioni politiche: se non si sta da una parte non si sta da nessuna parte. Contro l'aggressività di Israele, contro l'arroganza degli Stati Uniti, contro la meschinità di Blair. Tutti bichos, direbbero gli argentini. Lasciatemi ballare un tango nel nome della pace.