mi querido

MONDO PICCOLO


La gente del tango si incontra. Mi è capitato a Londra di invitare, in inglese, uno di Milano. L'avevo notato perchè era il più bravo. Sono andata fino a Londra per ballare con uno della mia città?  L'anno scorso a Buenos Aires ero alla Nacional, ballo con uno bravino e gli parlo in spagnolo convinta che fosse argentino e mi dice che è di Roma. Ho fatto 10 mila chilometri per ballare con un romano? Una mattina di sole sono andata al museo degli immigranti. E' al porto, a un centinaio di metri dagli imbarchi per l'Uruguay e a un centinaio di metri dalla stazione Retiro. Non era la prima volta che ci andavo. E' vuoto e miserello e difficilmente provoca emozioni, a parte per quelle foto d'epoca e il decalogo del comportamento da tenere nella nuova terra. La cameriera non si chiama con il pugno sul tavolo, non si sputa per terra, non si cammina in mezzo alla strada. Mi piacerebbe vedere quel decalogo anche a casa nostra, per tutti, italiani e stranieri. Ma lasciamo stare. L'altra volta non avevo visto un assembramento di gente davanti a una scrivania. Mi avvicino. C'è un signore al computer e gente che aspetta. Cosa fanno?. Mi incuriosisco e vedo un cartello: qui si cercano i propri familiari sbarcati nel 1870, sei pesos se si vuole il certificato in pergamena, sennò la ricerca è gratis. Eduardo ha la faccia di un professionista intento a fare bene il suo lavoro. Io lavoro con i sentimenti della gente, non vendo scarpe, mi dice serio. Che bel lavoro signor Eduardo. Cosa ha trovato fino ad oggi? La maggior parte sono nipoti e figli di italiani. Ci avrei scommesso, signor Eduardo. Li vedo che aspettano ognuno il proprio turno e aspetto anch'io, seduta sulla panca di legno. Sbirciano nel computer i dati che Eduardo inserisce leggendoli dal foglietto che tutti si sono portati appresso. Le date sono un po' approssimative ma con il nome e il cognome Eduardo fa miracoli. L'ultima persona in attesa è un bel ragazzo moro. Gli chiedo cosa cerca. Le mie radici. Era da tanto che volevo venire qui. Esce con un foglietto tra le mani. L'ha trovato. Era di Genova. Sbarcato anche lui al porto di Buenos Aires con la nave a vapore insieme a un milione di poveracci. Juan Fossati mi chiede perchè sono a Buenos Aires. Per il tango. Anche lui è ballerino di tango, però un professionista. Mira vos. Su cinque milioni di abitanti e cinquemila ballerini ne ho trovato uno per strada. Il suo sorriso ha un ricordo italiano. Ci abbracciamo sotto il sole che picchia allegro sul grande cortile che una volta serviva a smistare i nuovi arrivati nella terra promessa.E'  agosto in Italia. La lista del tango sciorina gli appuntamenti. L'occhio mi cade sul festival di Viareggio e il nome di un ballerino invitato da Buenos Aires: Juan Fossati. Mira vos. Un mese dopo il nostro incontro a Buenos Aires ci abbracciamo di nuovo. Il tuo bisnonno si sta facendo una risata, Juan. Gira che ti gira si torna sempre a casa.