mi querido

FILO NERO


Calle San Martin 975. E' presto per il pranzo a Buenos Aires, ma è meglio adesso, che c'è meno gente. Voglio osservare ogni cosa. Vederlo. Ho letto tante cose di lui. Per 36 anni il suo nome è stato un nome in Italia. Sulla porta c'è scritto Filo. Filo d'amore. E' un locale in stile moderno, luci soffuse, colori sgargianti e sobri in un mix di eleganza che non mi ricorda niente di italiano e ancora meno di sudamericano. Il cameriere appoggia il menu sul tavolo. Sono tutti piatti italiani dai nomi conosciuti. Scelgo il fegato alla veneziana perchè lui è veneto e il fegato si addice alle sensazioni sgradevoli che provo seduta qui. Penso, osservo. I ricordi di quando ero piccola. La televisione che in casa mia c'era da pochi anni ha oscurato la mia stupida innocenza di allora quando ho visto le immagini di piazza Fontana. Chissà perchè certi ricordi non si trasformano neppure quando sei grande e a piazza Fontana ci torni per leggere i nomi di 17 persone morte ammazzate. Quando ero piccola c'era silenzio a Milano il 12 dicembre. Io ricordo il silenzio e il buio dell'inverno. Sorrido ai signori seduti accanto a me. Sono italiana, dico, questo ristorante italiano mi fa sentire a casa. Bugiarda. IL fegato alla veneziana è squisito e lo sto trangugiando a fatica. Dov'è lui? E' scappato in Argentina 26 anni fa. Finalmente lo vedrò in faccia. L'unica foto è del 1976, in tribunale, chissà com'è diverso. Vecchio. Lo riconoscerò?Sorrido ai signori seduti accanto al mio tavolo. Loro non sanno chi è lui. Sono argentini. Chi è il proprietario? Chiedo fingendo curiosità nazionalista. Lui, quello che sta venendo da questa parte. Alzo lo sguardo e il cuore, chissà perchè, batte più forte. E' alto, grosso, indossa una camicia rossa. Sfacciata.E' stato definitivamente assolto per insufficienza di prove. Non per non aver commesso il fatto. La sentenza della Cassazione di giugno, quella che ha messo la parola fine sulla strage di piazza Fontana del 12 dicembre del 1969, non è riuscita a dire chi erano i colpevoli, però ha ammesso che <le responabilità dei due neofascisti  sono accertate> anche se non sono più punibili.Per andare a vedere che faccia ha ho scelto il giorno in cui lui non potrà mai più essere accusato di aver messo la bomba, insieme ai neofascisti di Ordine Nuovo, alla banca Nazionale dell'Agricoltura di Milano nel 1969. Mi racconta dov'è nato, dove è vissuto, da quanti anni è in Argentina. Mi parla rilassato, con simpatia. Non mi dice mai il suo nome nè io glielo chiedo. Mi presenta i suoi due soci, veneti anche loro. D'un tratto interrompe la chiacchierata: <C'è gente, è un brutto momento per parlare>.Torno al tavolo e una cameriera mi mette una cartolina sul piatto: <Per lei>.La volto: c'è scritto Giovanni Ventura e il numero del cellulare.