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Un blog creato da malenamil il 12/10/2005

mi querido

viaggio nell'anima di Buenos Aires

 
 

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BENTORNATO TANGO

"L'essenza del tango sta nel suo carattere di musica di quartiere, di marginalità.

Il tango lo canta sempre un poeta impegnato. Anche se i tanghi non hanno un contenuto esplicitamente politico, tutti i tanghi sono impegnati perchè sono politicamente scorretti. E oggi lo sono ancora di più, in questi tempi dove la sconfitta, la povertà e l'emarginazione mostrano il loro essere effetto politico. Il tango è scorretto, trasgressivo, e per questo è tornato. In questi tempi di vigliaccheria davanti alle incertezze, questa musica aiuta ad affrontare l'angoscia, a fare riflettere su noi stessi, sul nostro domani.

Dove suona un tango, si stabilisce una complicità di spazio, tempo ed emotività. E questo è il mistero dell'universale. L'energia del linguaggio al di là della lingua, il rito, la corporeità. E' il mistero che ci unisce e ci separa".

(Adriana Varela, cantante di tango)

 

FOTOTANGO

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TANGUEANDO

“El tango, hijo tristón de la alegre milonga, ha nacido en los corrales suburbanos y en los patios de conventillo.
En las dos orillas del Plata, es música de mala fama. La bailan, sobre piso de tierra, obreros y malevos, hombres de martillo o cuchillo, macho con macho si la mujer no es capaz de seguir el paso muy entrador y quebrado o si le resulta cosa de putas el abrazo tan cuerpo a cuerpo: la pareja se desliza, se hamaca, se despereza y se florea en cortes y filigranas.
El tango viene de las tonadas gauchas de tierra adentro y viene de la mar, de los cantares marineros.

 

ESIBIRSI AL SALÒN CANNING È UN MUST

 

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LA DANZA DELL'UNIVERSO

"LOS PLANETAS GIRAN, HAY UN SISTEMA EN EL UNIVERSO QUE ES CIRCULAR Y EL GIRO, LOS ATOMOS TAMBIEN ESTAN GIRANDO SOBRE SI MISMOS Y A LA VEZ EN ORBITA CON OTROS, Y TODO ESTA VIBRANDO Y GIRANDO, TODO ES CIRCULAR Y REDONDO. Y PARA MI EL TANGO COMO DANZA ES ESO"

 
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Bruna Bianchi

Bruna Bianchi Giornalista

 

 

« MONDO PICCOLOCARNIVORI »

CAMMINA CAMMINA

Post n°52 pubblicato il 20 Agosto 2006 da malenamil

Ho deciso di aprire le narici e respirare lo smog di Buenos Aires (tradotto: aria buona) fin dove mi portano i polmoni. Ho la fortuna di non vivere nel microcentro, forse non sarà così terribile farsi una passeggiatina con quest'aria delle 10 di mattina di un inverno da venti gradi. Il sabato è una giornata da compere, come in Italia. Io invece voglio andare all'Istituto nazionale di Psicologia in Rivadavia perchè le compere le faccio dal lunedì al venerdì, grazie all'euro in un paese di pesos. Lo so, la calle Rivadavia al 5000 è un posto lontanissimo e il taxi non mi costerebbe niente. Invece, guarda un po' che tonta, ci vado a piedi.

Caballito è un rione di Buenos Aires che non conosco e ci so arrivare a spanne, senza la cartina, ma il bello di questa capitale sudamericana è che le strade fatte a quadrati e spicchi ti lasciano sempre orientare. Il mio punto di riferimento è Once e la ferrovia. Devo oltrepassarla e questo non mi piace. Cammino lungo le vie interne, evitando Corrientes e Cordoba e guardo le case, i bar ancora chiusi, i ristoranti che cominciano a pulire i tavoli. Le dieci di mattina e la città ancora sonnecchia per le sbornie della notte precedente che non era una notte qualsiasi, ma la festa folle del giorno dell'amico. Qui si sentono tutti amici, a guardare i resti della festa rimasti per strada. Celebrazioni. Cosa non si celebra in Argentina? Una ragazza italiana che si è trasferita a Buenos Aires a vivere ha detto: qui c'è il giorno della mamma, del papà, dell'amico, del fratello, del nonno. E rideva. Della forchetta, del tavolo, della piastrella. E sarebbe andata avanti all'infinito credo perchè vive qui già da qualche anno. Mi hanno fregato - si è messa a raccontare -  hanno fatto la cresta su ogni cosa che ho comprato per  la ristrutturazione della casa, ma lasciare l'Italia e venire qui è stata la scelta più straordinaria della mia vita.

Camminavo spedita osservando ogni piccola cosa che le altre volte mi era sfuggita perchè con i taxi non si notano i portoni di legno antico nè le case barcollanti, nè si può sbirciare dentro una specie di club-discoteca con la fila fuori. La fila alle dieci di mattina? La notte dell'amico si è protratta a lungo. Il mio amico Jorge dice che Buenos Aires è surreale. Ci sto, questa parola calza a pennello. Sono vicina al ponte di Once e ho paura. Lo sapevo che avrei avuto paura e allora chiedo a un signore. Scusi? posso passare il ponte? Certo, di giorno non c'è pericolo. Facile a dirsi, ma se lo dicono gli argentini è sicuramente vero perchè loro sono i primi ad avere una paura fottuta delle rapine. Un tassista una sera aveva cambiato strada per non passare vicino a quel ponte e un giorno a distanza di cento metri avevo visto un poliziotto con le gambe spalancate e la mano sulla fondina nel bel mezzo del ponte. Quando sono arrivata sotto al muraglione della ferrovia, di cui non si vede nè l'inizio nè la fine, c'era qualche straccione addormentato per terra e i soliti cartoneros che si aggiravano con aria stralunata. Credo però che non siano loro quelli di cui ci si preoccupa tanto al ponte di Once.

Non ho alternative: o aggiungo dieci quadre alla camminata, o scavalco la ferrovia. Salgo le scalette di ferro e il lungo ponte con le reti metalliche in pieno sole mi suscita una sensazione di fascino incredibile. Sotto scorrono i binari, ed è come se il ventre della città si aprisse in due. Non c'è nessuno. Non resisto alla tentazione di scattare una foto velocemente sperando che proprio in quel momento non passi un ruba macchine fotografiche. Non passa nessuno, nessuno dietro, nessuno davanti. Scendo dall'altra parte e la città torna ad essere popolata di anime inquiete che si stanno risvegliando da un corto sonno. Buenos Aires è la città che dorme meno di tutto il mondo: nessuno supera le sei ore per notte, ho letto sul Clarin. Per questo la chiamano la città che non dorme mai?

Cammino. Vie sconosciute con murales sconosciuti mi circondano. Colori violenti, come la facciata blu cobalto di un supermercato, o sbiaditi come il bianco sporco di una casa che sta andando in frantumi. Percorro l'interminabile via Rivadavia fino all'istituto di Psicolcgia. Sono le 11 e mezza, l'ora del ritrovo dei volontari che vanno nei sobborghi della capitale a portare aiuti alla villa miseria, la baraccopoli degli sfigati. I poveri.

Per loro ci sono pronti un gruppetto di ragazzi, studenti universitari, dalla faccia da buoni e donne che arrivano alla spicciolata. Riempiono un'auto di coperte e cartoni con dentro cose da portare. Partono con i taxi oggi, non con il loro camioncino, perchè è fuori uso. Non mi possono portare, si scusano trecento volte. Non c'è nemmeno un posticino. E' un'altra situazione surreale: non mi conoscono neppure e mi danno tutti il bacio affettuosi infilandosi velocemente nei taxi. Torneranno alle sei di stasera, dopo una giornata passata a far studiare i bambini, a controllare che tutto sia a posto, a insegnare come procreare meno alle donne, a cucinare con loro e non farli sentire gli ultimi tra gli ultimi.

Torno a casa per la stessa strada. Racconto che ho visitato Caballito, il quartiere residenziale di Buenos Aires e che ci sono andata a piedi. Cosa? mi fa il ragazzo del chiosco allungandomi le sigarette. A piedi? Saranno otto chilometri, più otto al ritorno! Que loca!

 

 
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SU DI ME

Sono nata e vivo a Milano. Giornalista professionista dal 1989, lavoro come dipendente in Italia per un gruppo di tre quotidiani e sono specialista di crimini familiari, ricerca di scomparsi e indagini di cronaca nera nazionali e internazionali. Ballo tango argentino dal 2000. Il mio primo soggiorno a Buenos Aires è del 2004. Ho condotto ricerche sulla storia dell'immigrazione in Argentina e della nascita del tango. Sono stata intervistata in diretta alla radio di tango 2x4 (2008), alla radio culturale de la Ciudad del Gobierno di Buenos Aires (2009) e alla radio dell'Università de La Plata (2004). I post scritti a Buenos Aires sono frutto originale delle mie ricerche, quelli scritti dalll'Italia attingono da varie fonti, principlamente quotidiani argentini.

 

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LA DANZA DELL'UNIVERSO

"El tango es una danza poderosa porque es armònica con el movimiento del sistema en el que estamos inmersos. Es la danza de Shiva, la danza che le da forma al mundo y el mundo le da la forma a esa danza. Tiene todos los elementos: el hombre, la mujer, al yin y el yang, lo circular, el abrazo"

 

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MALENA, LUCIO DE MARE-HOMERO MANZI 1941

Malena canta el tango como ninguna
y en cada verso pone su corazón.
A yuyo del suburbio su voz perfuma,
Malena tiene pena de bandoneón.
Tal vez allá en la infancia su voz de alondra
tomó ese tono oscuro de callejón,
o acaso aquel romance que sólo nombra
cuando se pone triste con el alcohol.
Malena canta el tango con voz de sombra,
Malena tiene pena de bandoneón.

Tu canción
tiene el frío del último encuentro.
Tu canción
se hace amarga en la sal del recuerdo.
Yo no sé
si tu voz es la flor de una pena,
só1o sé que al rumor de tus tangos, Malena,
te siento más buena,
más buena que yo.

Tus ojos son oscuros como el olvido,
tus labios apretados como el rencor,
tus manos dos palomas que sienten frío,
tus venas tienen sangre de bandoneón.
Tus tangos son criaturas abandonadas
que cruzan sobre el barro del callejón,
cuando todas las puertas están cerradas
y ladran los fantasmas de la canción.
Malena canta el tango con voz quebrada,
Malena tiene pena de bandoneón.

 

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