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Un blog creato da malenamil il 12/10/2005

mi querido

viaggio nell'anima di Buenos Aires

 
 

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BENTORNATO TANGO

"L'essenza del tango sta nel suo carattere di musica di quartiere, di marginalità.

Il tango lo canta sempre un poeta impegnato. Anche se i tanghi non hanno un contenuto esplicitamente politico, tutti i tanghi sono impegnati perchè sono politicamente scorretti. E oggi lo sono ancora di più, in questi tempi dove la sconfitta, la povertà e l'emarginazione mostrano il loro essere effetto politico. Il tango è scorretto, trasgressivo, e per questo è tornato. In questi tempi di vigliaccheria davanti alle incertezze, questa musica aiuta ad affrontare l'angoscia, a fare riflettere su noi stessi, sul nostro domani.

Dove suona un tango, si stabilisce una complicità di spazio, tempo ed emotività. E questo è il mistero dell'universale. L'energia del linguaggio al di là della lingua, il rito, la corporeità. E' il mistero che ci unisce e ci separa".

(Adriana Varela, cantante di tango)

 

FOTOTANGO

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TANGUEANDO

“El tango, hijo tristón de la alegre milonga, ha nacido en los corrales suburbanos y en los patios de conventillo.
En las dos orillas del Plata, es música de mala fama. La bailan, sobre piso de tierra, obreros y malevos, hombres de martillo o cuchillo, macho con macho si la mujer no es capaz de seguir el paso muy entrador y quebrado o si le resulta cosa de putas el abrazo tan cuerpo a cuerpo: la pareja se desliza, se hamaca, se despereza y se florea en cortes y filigranas.
El tango viene de las tonadas gauchas de tierra adentro y viene de la mar, de los cantares marineros.

 

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LA DANZA DELL'UNIVERSO

"LOS PLANETAS GIRAN, HAY UN SISTEMA EN EL UNIVERSO QUE ES CIRCULAR Y EL GIRO, LOS ATOMOS TAMBIEN ESTAN GIRANDO SOBRE SI MISMOS Y A LA VEZ EN ORBITA CON OTROS, Y TODO ESTA VIBRANDO Y GIRANDO, TODO ES CIRCULAR Y REDONDO. Y PARA MI EL TANGO COMO DANZA ES ESO"

 
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Bruna Bianchi

Bruna Bianchi Giornalista

 

 

« Il ritornoIl potere del Papa »

La città che stritola

Post n°721 pubblicato il 28 Marzo 2017 da malenamil
 

Buenos Aires fa respirare con venti improvvisi che tolgono la cappa asfissiante i primi giorni di autunno. Cieli plumbei e di colpo celesti, sole che sbuca dalle nubi e poi splende ficcandosi ovunque, e umido umido a non finire. Non si capisce mai perché il vento non riesca a spazzare una spicie di acquerugiola che riveste i capelli e  le braccia, ma qui non si capiscono tante cose. Un mese vola via e non hai fatto niente, o forse hai fatto tantissimo e sembra niente. I semafori hanno tempi di attesa infiniti, sui collettivi puoi starci anche un'ora e mezza, finchè dici basta: ora scendo. L'autista sostiene di essere abituato a muoversi tra le auto e sfiorare gli altri autobus, frenare a un millimetro dai mezzi davanti che sembra inghiottirli, tanto che ti viene istintivo guardare di sotto per assicurarsi che non siano incagliati tra le ruote. Poi di colpo ti morde un cagnetto stronzo, di quelli piccoli col pelo arruffato, al guinzaglio di una che sembra uno, faccia di plastica tirata a lucido, labbroni rifatti nel secondo paese al mondo per chirurgia estetica. Ma chissà, forse è un travestito. Di sicuro è isteria argentina, unico luogo dove un cagnetto ti attacca furiosamente piantandoti i denti nel menisco solo perchè, dice la padrona, hai una gonna che non gli piace. Mai successo. Qui succede quello che mai è successo altrove. Buenos Aires la ami e la odi. Sempre. Adesso odi particolarmente i prezzi altissimi, insopportabili e ingiustificati per una moneta tanto debole. Si cercano i negozi più scalcagnati dove ci sono avventori argentini ancora più scalcagnati sperando che l'acqua costi di meno e invece una bottiglia è sempre tre euro. Gli argentini mi stupiscono ogni volta e forse ogni volta che torno, anche fosse l'anno successivo, avrei qualcosa che mi va di traverso. Ho lasciato il tango, ho lasciato i tassisti, ho lasciato le cene nei ristoranti. Non ho lasciato l'immensa curiosità di capire come mai qui c'è un crogiuolo emotivo che non ha nè capo nè coda. Cerchi di spiegartelo con la politica, come fanno loro, e non sta in piedi, con le classi sociali sempre ben differenziate, l'isolamento economico voluto dai Kirchner e fortemente osteggiato dalla classe bassa e parte della media. Non capisci perchè Paseo Colon a distanza di 13 anni sia sporco come 13 anni fa, coi poveri che vivono per strada come 13 anni fa, e case cadenti come 13 anni fa. Eppure, in questa importante avenida, stanno costruendo il metro leggero di superficie, segno di modernità, così come i tanti grattacieli che ho trovato aldilà di Puerto Madero, costruiti con la velocità della luce e impeccabili come l'ex palazzo delle poste dedicato alla cultura e intitolato per ultimo volere di Cristina presidente al defunto marito. Scacco matto alla sconfitta elettorale inaccettabile. Solo in Argentina si può fare quello che si vuole: opposizione debolissima, e la capitale fortemente schierata con il populismo dei KK che sembrano i veri sostenitori del socialismo finchè non fai i conti con il concetto base del socialismo: l'uguaglianza e il potere decisionale del popolo. Niente di tutto questo. Qui viene da stare solo dalla parte dei desaparecidos, benchè lontani 41 anni, unici ad avere combattuto davvero la dittatura iprocrita  e violentissima che a nessuno sembrava tale, nè alla Russia, nè all'Italia, nè agli argentini stessi che ne hanno beneficiato e non possono nepure ammetterlo o crollerebbe l'immagine vittimistica che usano a più non posso per gli schieramenti politici. La mia amica Amalia stasera mi ha detto che gli abitanti delle case vicine al Club atletico di San Telmo, uno dei più cruenti dove venivano torturati i ragazzi presi dai militari, udivano grida sovrumane. E', questa del sapere o no quello che stava accadendo, una cosa che mi sono chiesta il primo giorno che sono  venuta in Argentina e sono andata subito alla Esma, la scuola di meccanica dove ne hanno rinchiusi 3000, rimasto il vero simbolo della carneficina silenziosa con metodi algerini utilissimi per spazzare via i dissidenti senza dover mostrare al mondo la faccia violenta della dittatura come era accaduto in Cile tre anni prima suscitando riprovazione e orrore. Questo popolo sembra discendere dalla menzogna e dal dolore, dall'umpunità e dallo strazio di volere soffrire per poter essere vittima di se stesso. L'gnoranza continua a regnare sovrana ed è meno evidente di quella americana finchè non ti fermi a chiedere a una donna che indossa ua maglietta durante l'immensa manifestazione del 24 marzo: non so cosa significhi la scritta, mi hanno chiesto di  metterla e l'ho messa. Oppure quando vedi un cartello scritto a mano e appeso al cancello che protegge dal 2001, anno nero del corralito, la Casa Rosada, con scritto 30.000 pelotudos (tradotto coglioni) che ti fa sobbalzare e te lo spiegano con una polemica interna senza prendersi la briga di correggere , aggiungere, spiegare, o infine, come avrei fatto io, toglierlo e stop. Bisogna essere pungenti con loro e ancora non basta. Si può parlare di tutto con gli argentini che di tutto parlano, ma se tocchi argomenti che non vogliono sentire, usano due metodi: rompere anche col più caro amico, insultare o inventare, scivolando su terreni che fingono di conoscere solo per averlo sentito in tivù o, peggio, passandosi la voce. E' incredibile come si possa giustificare Ebe De Bonafini, la madre della linea Fundadora, che ha approfittato dei tanti soldi offerti da Cristina per farsi affari suoi e della figlia, che ha rifiutato di presentarsi in Tribubunale a testimoniare perchè intoccabile, e il giorno della memoria possa dire impunemente che il 24 di marzo sia una data eclusivamente politica, tagliando corto sui figli uccisi. Qui la pancia ha sempre la meglio sul cervello, e la pancia si agita nelle piazze, nelle strade bloccate dai cortei, nelle migliaia di cose che non vanno e hanno sempre una giustificazione populista per non andare. Il presidente Macri sta cercando, secondo la linea liberale della sua politica lontana mille miglia da quella dei governi precedenti, di recuperare immagine e soprattutto soldi all'estero, Europa in primis. Il paese si spacca e tira fuori dal cappello consumato, la nostalgia dello Stato assistenziale, dei miti, delle lotte fini a se stesse, del finto socialismo che riesce a mostrare due facce conflittuali: consumismo sfrenato e pretesa di vincere l'inflazione, richieste di aumenti al governo, rincorrendo il medesimo copione ben sperimentato,  e corse in auto al confinante Cile per acquistare a prezzi decisamente più bassi. E poi, accuse continue di ogni cosa (persino l'appoggio alla dittatura quando non era nemmeno  nato) a un presidente che governa da un anno e mezzo. E' sempre stato difficile capire la politica argentina, ma oggi lo è ancora di più, perchè la politica entra prepotentemente in ogni cosa. Chiedere quale è il salario medio di un argentino per tentare di capire come possa permettersi di uscire di casa e spendere in un attimo almeno 100 pesos, pari a 6 euro, è impresa ardua. Non si capisce mai se mentono o non sanno, se vogliono fingere davanti allo straniero curioso o se conviene fare gli affamati senza esserlo. La povertà c'è, eccome, e poco importano i dati ufficiali, perché è sotto gli occhi, qui, come nel resto del paese, dove si sta persino peggio fuori dalle grandi città. I commercianti sono gli unici ad ammettere senza remore che il turismo legato al tango è crollato: prezzi troppo alti per permettersi una vacanza di tango e, aggiungo io, troppi maestri improvvisati in Italia che hanno saputo togliere con grande faccia di tolla il potere del monopolio argentino nel ballo. Soldi e potere. Sono le due cose che muovono tutto, sentimenti compresi. L'Argentina resta una enorme e unica terra dove specchiarsi e interrogarsi su chi siamo, dove andiamo e da dove veniamo. E per questo, soprattutto, torno volentieri e resterei a lungo.

In fondo vale sempre la pena venire qui e immergersi nell'anima degli argentini che non riescono ad occultare neppure con menzogne e maschere, violenza sottile o manifesta, abbracci, baci e gentilezze o affronti diretti, qualcosa di molto complesso e decisamente affascinante. Un altro mondo. 

 
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SU DI ME

Sono nata e vivo a Milano. Giornalista professionista dal 1989, lavoro come dipendente in Italia per un gruppo di tre quotidiani e sono specialista di crimini familiari, ricerca di scomparsi e indagini di cronaca nera nazionali e internazionali. Ballo tango argentino dal 2000. Il mio primo soggiorno a Buenos Aires è del 2004. Ho condotto ricerche sulla storia dell'immigrazione in Argentina e della nascita del tango. Sono stata intervistata in diretta alla radio di tango 2x4 (2008), alla radio culturale de la Ciudad del Gobierno di Buenos Aires (2009) e alla radio dell'Università de La Plata (2004). I post scritti a Buenos Aires sono frutto originale delle mie ricerche, quelli scritti dalll'Italia attingono da varie fonti, principlamente quotidiani argentini.

 

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LA DANZA DELL'UNIVERSO

"El tango es una danza poderosa porque es armònica con el movimiento del sistema en el que estamos inmersos. Es la danza de Shiva, la danza che le da forma al mundo y el mundo le da la forma a esa danza. Tiene todos los elementos: el hombre, la mujer, al yin y el yang, lo circular, el abrazo"

 

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MALENA, LUCIO DE MARE-HOMERO MANZI 1941

Malena canta el tango como ninguna
y en cada verso pone su corazón.
A yuyo del suburbio su voz perfuma,
Malena tiene pena de bandoneón.
Tal vez allá en la infancia su voz de alondra
tomó ese tono oscuro de callejón,
o acaso aquel romance que sólo nombra
cuando se pone triste con el alcohol.
Malena canta el tango con voz de sombra,
Malena tiene pena de bandoneón.

Tu canción
tiene el frío del último encuentro.
Tu canción
se hace amarga en la sal del recuerdo.
Yo no sé
si tu voz es la flor de una pena,
só1o sé que al rumor de tus tangos, Malena,
te siento más buena,
más buena que yo.

Tus ojos son oscuros como el olvido,
tus labios apretados como el rencor,
tus manos dos palomas que sienten frío,
tus venas tienen sangre de bandoneón.
Tus tangos son criaturas abandonadas
que cruzan sobre el barro del callejón,
cuando todas las puertas están cerradas
y ladran los fantasmas de la canción.
Malena canta el tango con voz quebrada,
Malena tiene pena de bandoneón.

 

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