Sono un Pellegrino

DIARIO DI UN PELLEGRINO A PIEDI DAL BELGIO A GERUSALEMME


Quando arrivo in fondo al villaggio, una signora mi fa un segno, mi invita ad andare a sedermi vicino a lei sotto un fico. Arriva la sua vicina, ci scambiamo qualche parola. Sono in Turchia ormai da tre settimane e incomincio a sbrogliarmi con qualche parola elementare. Intrattengo una piccola conversazione. Le signore ridono di cuore davanti ai miei tentativi, che sortiscono risultati sommari. Arriva il marito della prima, che, con un' aria solenne, mi invita a seguirlo nel cortile interno. Mi servono caffè, frutta, biscotti e cioccolato. Nel frattempo ci raggiunge una decina di persone. Che accoglienza insperata ogni volta! Questa assemblea accoglie l'ospite venuto da lontano, qualunque sia la sua razza, la sua religione o la sua estrazione sociale. Per quanto mi riguarda, a me sembra di dover camminare migliaia di chilometri prima di arrivare a un tale grado di semplicità, prima di poter raggiungere un simile livello di semplicità, prima di poter accogliere l'altro totalmente nella sua differenza. Un cammino lungo è come una cipolla che si sbuccia pian piano: le idee ricevute, i pregiudizi, l'orgoglio, il narcisismo, tutto questo se ne va esattamente come gli strati della cipolla che non servono. Devo congedarmi da queste persone e dalla loro calorosa accoglienza, perché oggi devo ancora percorrere un po' di strada. Un'orda di bambini corre dietro di me per un chilometro. Com'è dolce la vita, all'improvviso! Dopo una buona ora di marcia, ecco mi di nuovo nel bel mezzo di nulla. In lontananza, qualche collina brulla anima il paesaggio. Sulle strade deserte, una macchina mi si avvicina suonando il clacson: è l'uomo che mi ha accolto nel suo cortile interno ...