ballo lento

Post N° 144


Chiamiamo destino ciò che non scegliamo.Se c’è una cosa che ho imparato con te, è l’umiltà. Non quella di dare, quella mi appartiene. Ma l’umiltà di non dire e non sorridere di ciò che accade a chi amiamo, l’umiltà di imparare, ciò che consideriamo già imparato. Per questo non parlo, non dico, non posso.Bello è poterti sussurrare che ci sono, anche da lontano, io ci sono.Ho imparato tante cose in questi giorni. Ho imparato che quando qualcosa mi trafigge, ho bisogno di silenzio.  Ho imparato a scrivere e a cancellare, perché non è sempre tempo di sciogliere le emozioni. Ho imparato che quel che m’accade ha bisogno di tempo affinchè io me ne vesta e ci cammini, e a volte i tacchi sono troppo alti, le scarpe troppo strette e a volte, troppo larghe. Ho imparato che il colore non sempre mi piace. Ma ho anche imparato di nuovo, ad abbracciare.Non gli abbracci semplici, quelli che hai sempre dato alle stesse persone. No, gli abbracci difficili, quelli che fai per la prima volta. E ancora devo imparare tanto. Una volta sapevo tutto. Sapevo come si faceva senza arrossire. Poi, per un tempo che è durato fino ad oggi, ne ho avuto paura. Forse adesso quel che mi manca, è proprio il ricambiare con qualcosa che non siano solo gli abbracci, ma anche piccoli gesti, una telefonata, una parola, a chi mi dona affetto. Per ora, è così difficile. Come vorrei che chi li merita, perché per primo li regala,  sapesse che anche io sono brava, solo che non ricordo… non ricordo come si fa.E poi ho imparato a dire che ho ancora paura. Che sono fragile nel cuore. Che non voglio mi sia fatto del male e devo ancora imparare a camminare a testa altissima. Adesso è alta, ma non troppo. Ho imparato che la gente quando passo si gira, anzi si è sempre girata. Ho imparato anche a far finta di non vedere, come ho rimparato a guardare dritto.Ora vorrei imparare solo una cosa.Una cosa che ho sempre saputo fare.Essere spensierata. Ridere di cuore. Camminare con gli occhi chiusi al sole, pensando che il mondo stesso mi abbraccia, poi aprirli, desiderosa si stringerli e di indovinare di che colore diventino di fronte al sole.Non per consolarmi, ma per ridere con me. Voglio l’ingenua felicità di chi ha il potere di fare tutto.Non voglio la forza di chi ha le cicatrici, ma quella di chi sa che in pugno ha la vita perché nessuna cosa può scalfirla, quella di chi ha sempre ragione, quella che nulla a che fare con l’umiltà che ho imparato, quella di chi ha sempre, sempre, saputo che la sua anima era sincera e la governava su tutto, anche sull’amore.Quella di chi ama e sa che la libertà di amare è più forte di ciascun dolore, magari perché su un piatto, la bilancia della felicità pesa di più di ogni sofferenza. Quella di chi non cresce, perchè è bella così.Quella ero io. C’è un modo per tornare? Se c’è datemelo. Imparo anche quello. Quant’è difficile pensare che dopo un’alluvione, la terra rimasta sia terra, e non solo fango …Vi amo, come sempre, ballerini miei.