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Confederations Cup

Post n°225 pubblicato il 29 Giugno 2009 da barblog.paolo

Alla fine la Confederations Cup va al Brasile

All’Ellis Park di Johannesburg non basta il primo tempo forse migliore mai disputato dalla nazionale americana in tutta la sua storia per strappare al Brasile la Confederations'Cup. I verdeoro riaprono la finale grazie alla doppietta del solito Luis Fabiano - miglior attaccante del torneo - e chiudono i giochi con il goal di Lucio a 5 minuti dalla fine: 3-2 e pronostico rispettato.

Semplicemente perfetti, per concentrazione, rigore tattico ed efficacia sotto porta gli USA dei primi 45': meritato e solo apparentemente sorprendente il doppio vantaggio americano, che accompagna le squadre negli spogliatoi all'intervallo in virtù dei goal di Dampsey - splendida volée di piatto su cross da destra di Spector (10') - e di Donovan - controtempo dal limite a spiazzare Julio Cesar, dopo azione di contropiede da manuale del calcio. Il Brasile c'è, ma incoccia in un monumentale Onyewu al centro della difesa americana e in una giornata che pare non brillantissima di Robinho e Kakà.

Nella ripresa, gli uomini di Dunga accentuano la pressione sugli USA e accorciano squadra e distanze, grazie al 2-1 firmato Luis Fabiano su cross di un Maicon versione Cafu. Il laterale destro dell'Inter impressiona per condizione atletica, progressione, precisione negli appoggi. Gli USA sono vivi grazie al cuore e alla sagacia tattica di un Donovan a tutto campo, ma un'iniziativa di Kakà sulla sinistra porta Robinho a concludere sulla traversa regalando all'implacabile Luis Fabiano il più comodo dei tape in: 2-2 al 28'. La partita è vivace, interessante, non avara di giocate ed emozioni. E ancora una volta, come nella semifinale contro il Sudafrica, il Brasile estrae dal cilindro il colpo decisivo quando il risultato sembra ormai inchiodato sul pari.  Al 39' basta un attimo di distrazione americana per concedere a Lucio l'incornata che vale match e coppa:3-2.

USA comunque encomiabili e soprendenti, brasiliani una spanna sopra il resto del mondo, se è vero - come è vero - che in Sudafrica Dunga non si è astenuto da esperimenti (vedi Ramires) e che il potenziale offensivo della squadra (15 reti in 5 partite...) pare supportato da una maggiore accortezza tattica (determinanti nel modulo Dunga Melo e Gilberto Silva).

Aspettando il mondiale 2010, Spagna, Inghilterra, Argentina e... Italia (?) sono avvisate.

 

 

Il Brasile di Julio Cesar e Maicon ha sconfitto 3-2 (10' Dempsey, 27' Donovan, 28' e 46' st Luis Fabiano, 39' st Lucio) gli Usa nella finale della Confederations Cup, ribaltando il doppio vantaggio americano dei primi 45 minuti, e aggiudicandosi per la terza volta in assoluto il torneo, giunto all'ottava edizione. 
Il portiere e il difensore nerazzurro sono rimasti in campo per l'intera durata del match diventando assoluti protagonisti della vittoria verdeoro.

 
 
 

Un grande Pellisier

Post n°224 pubblicato il 06 Aprile 2009 da barblog.paolo

Pellisier: crediamo nella salvezza

Ieri nel match che il Chievo ha disputato contro la Juventus, conclusosi con il pareggio per 3 a 3, il protagonista e match-winner, autore di una tripletta è stato l'indomabile Sergio Pellisier. Lui, capitano e leader del Chievo, ci crede. Crede nella salvezza e, da trascinatore, vuole dare un grande contributo ed essere protagonista nel portare la sua squadra alla permanenza in Serie A. Sergio Pellissier crede fortemente nella salvezza del Chievo. Il prossimo avversario dei veneti, la Juventus, non spaventa l'attaccante gialloblù: "Sappiamo che non sarà facile perché loro sono più forti di noi. Nel calcio, comunque, può succedere di tutto e staremo a vedere cosa accadrà. Noi crediamo alla salvezza, pur sapendo che nel nostro cammino dobbiamo affrontare le formazioni più forti. Per quanto riguarda me, sto benissimo al Chievo. Ogni anno c’è una sfida nuova, - ha detto Pellissier ai microfoni di Radio Kiss Kiss - quella di riuscire a compiere un’altra impresa. Quest’anno a detta di tutti eravamo spacciati, invece siamo li a lottare e vogliamo a tutti i costi salvarci".

 
 
 

SuperPellisier

Post n°223 pubblicato il 06 Aprile 2009 da barblog.paolo

Che non fosse aria di rimonta, lo si era capito già nel pomeriggio. Il pareggio strappato dal Chievo non permette il lamento facile, se non per il regalo sul fotofinish che ha orientato il risultato. Piuttosto, quel primo tempo giocato con poca testa e altrettanto cuore deve far riflettere su una squadra che di ritorno dalle soste perde spesso l’orientamento. Che poi l’Inter abbia allungato a più nove sancisce il verdetto del campionato e regala al testa a testa dell’Olimpico altri connotati: il risultato influirà sugli umori di una giornata, ma non più sull’esito finale del campionato.

Al palo è rimasta una Juve divisa in due. Dalle sue colpe e dai suoi pregi; da novanta e passa minuti giocati a senso alternato. Dal Chievo che non solo ha mai smesso di lottare, ma che mai ha staccato la prolunga del gioco, capace di finalizzare con Pellissier tutto quello che Mimmo Di Carlo ha insegnato. Una sola sconfitta nel 2009, cinque vittorie e, con quello di ieri, quattro pareggi: chapeau.

Le vittorie consecutive bianconere, 5, avevano fatto perdere di vista il problema e probabilmente supportato l’idea di poter avvicinare l’Inter, prima del redde rationem del 18 aprile. E pur con tutta la tara sulla prudenza che Ranieri è solito mettere nelle sue dichiarazioni, se alla vigilia ha puntato i fari sul Chievo e non sull’incontro con Mourinho, aveva i suoi buoni motivi. Puntualmente riscontrati in campo. La Juve gioca un primo tempo da dopolavoristi, con tutto il rispetto per la categoria. Fiacca e sbadata; slegata e rammollita. Non un’idea ma nemmeno un ringhio. L’emblema è Del Piero. Ovviamente il capitano non è il solo imputato, ma gli unici due palloni finiti sui suoi piedi non lasciano una traccia degna della fama. E se in un caso è sveglio Sorrentino, nell’altro il numero dieci bianconero si muove alla moviola. Ma è la catena che non funziona, zero iniziative sulle fasce, poche idee dal centro: anonimo Tiago, vigoroso Marchisio, ma più dedito a spezzare la laboriosità veneta che a cucire le maglie del gioco.

Non è la prima volta che la Juve resta sui blocchi allo sparo di partenza, quello che rende più complicata la gestione della partita sono le amnesie della difesa. Tanto che vien da pensare che questa volta sotto la maschera non ci sia Chiellini, ma un parente lontano. Dell’inedia bianconera, un’altra squadra, magari più riverente, non saprebbe che farsene. Non il Chievo, però. Capace di segnare il territorio con passaggi mai banali, ispirato da Luciano fu Eriberto e calibrato da un centrocampo che ingoia palloni e li ricicla senza perdersi in troppi fronzoli. Sveglio, il Chievo, a capire che il fronte sinistro della Juve è quello più abbordabile. Da lì partono i rifornimenti per Pellissier; da lì colui che qualche anno fa la Rai chiamò «il francese Pellissier» decolla per voli sempre giunti a destinazione.

Serve un passaggio in sala trucco per cambiare i connotati. Ranieri non perde l’occasione. Coraggioso nel togliere Del Piero, trova nella lievitazione di Camoranesi l’x factor per ribaltare la domenica. Di forza e di tecnica, il raptus bianconero scombina l’organizzazione del Chievo, rinculato a presidio di Sorrentino. Meno incursioni al centro, più aria sulle fasce. Soprattutto quella dove l’italo-argentino ha preso la residenza. Per mezz’ora non c’è partita. O meglio, ce n’è un’altra. Che la Juve traduce in una manciata di occasioni (Iaquinta e Trezeguet) e poi nei due gol che invertono la rotta. Un aiutino dalla cooperativa veneta, (servono ben due tocchi, Yepes e Morero, per trasformare in gol un innocuo assist di Camoranesi), una zuccata di Iaquinta rintracciato col radar dal numero 16. Il più è fatto. Male che vada, l’Inter rimane a più sette, col pericolo scampato. Restano, però, le voglie del Chievo. Destinate a rimanere intenzioni, se non trovassero lo straordinario apporto di Mellberg. Un calcione in avanti al pallone e la Juve avrebbe due punti in più: dallo sfrondone invece, arriva il terzo castigo di Pellissier. Fischi. Il cocchio torna zucca. Non è neanche mezzanotte e, soprattutto, l’Inter non ha ancora vinto a Udine.

(Tratto da LaStampa.it)

 
 
 

Calcio

Post n°222 pubblicato il 23 Marzo 2009 da barblog.paolo

SCUDETTO, LA JUVE CI CREDE

Il trionfo della Juve sul campo della Roma riaccende l'entusiasmo dei bianconeri, che, aspettando Inter-Reggina, sono ora distanti solo quattro punti dalla vetta della classifica. Quella dell'Olimpico sarà una serata da ricordare soprattutto per Vincenzo Iaquinta, autore di una doppietta. Il centravanti calabrese ora avverte i rivali nerazzurri, e ammette di credere nella rimonta: «La classifica la guardiamo eccome, ma soprattutto guardiamo a noi stessi. Siamo a meno quattro dall'Inter e abbiamo ancora lo scontro diretto in casa: dobbiamo crederci per forza. Con la Roma abbiamo dato una dimostrazione di for aza, noi ci siamo. E contro la Reggina gufiamo l'Inter».  E' più ottimista del solito anche Claudio Ranieri: «Pensiamo a noi stessi - ha dichiarato a fine partita - , l'Inter è la super favorita, è davanti, se rallentano e si fermano... chissà».

 
 
 

Infinito Inzaghi

Post n°221 pubblicato il 17 Marzo 2009 da barblog.paolo

La fame è una molla potente. E’uno stimolo che ti spinge a superare anche gli ostacoli più grandi e ad andare oltre i propri limiti. Se aveva fame, Filippo Inzaghi dovrebbe averla placata abbondantemente. Ma la sua fame di gol diviene ogni giorno più grande, è ferocia allo stato puro, istinto predatorio, pulsione al cannibalismo. Filippo Inzaghi è il trionfo dell’uomo normale: madre natura non gli ha dato lo spunto irresistibile, né l’arte dribblatoria del 10. Non gli ha dato il dono del talento purissimo, né le stimmate del fuoriclasse. Gli dei del calcio gli han regalato, però, qualcosa che nessun centravanti prima di lui ha mai avuto: istinto purissimo, sublimato al punto da avvicinarlo più alla specie animale che agli umani: è lo stesso dono dei rapaci, dei grandi predatori, è la capacità di non fallire il colpo nell’attimo fuggente. Può somigliare a Paolo Rossi, a lui piace l’accostamento con Gary Lineker. Ma Inzaghi è unico. Unico e solo. Perché la sua fame non è avidità di danaro, ma la gioia sincera e infantile del giocare del calcio.In lui scorre adrenalina pure, quella che spande nell’aria a ogni esultanza. Filippo Inzaghi nella vita ha fatto esattamente ciò che sognava di fare e oggi è un uomo pienamente appagato, realizzato, soddisfatto. Ma non un uomo finito. Il pensiero della pensione non lo sfiora affatto e se gli chiedi di fissare una scadenza non ti dà una risposta precisa, semplicemente perché non la conosce. E’grato al Milan almeno quanto il Milan è grato a lui, perché non scorda quel rinnovo contrattuale arrivato a sorpresa prima di volare ad Anversa per la seconda operazione. La fiducia è merce che non si compera né a metri, né a peso. Lo sa il Milan, lo sa Superpippo. Che non ha più niente da dimostrare, ma ancora molti traguardi da inseguire

 
 
 
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