L'arcipelago di Fernando de Noronha fu scoperto nel 1503 da Amerigo Vespucci, il grande navigatore italiano che ha dato il nome all'America.Si tratta di un luogo di straordinaria bellezza sia in mare che a terra, già rifugio per i pirati e poi fortezza portoghese.All'atterraggio appare inconfondibile per la forma improbabile dei pinnacoli di roccia che svettano un po' ovunque.Subito all'arrivo in rada si percepisce che qui la natura è particolare: branchi di 50 o 100 delfini girano liberamente in mezzo alle barche alla fonda, qua e la qualche grande tartaruga marina nuota placidamente.Alla mattina un gruppo di delfini arriva sotto la barca e la tentazione di fare il bagno diventa irresistibile.L'emozione è forte, anche se sono irraggiungibili e si mantengo alla prudente distanza di 4-5 metri.Il porto è piccolo, può ospitare al massimo 8-10 barche, giusto il tempo necessario per imbarcare o sbarcare i passeggeri e poi subito fuori.Tocca ancorarsi in rada come tutti, del resto, protetti dall'isola Rata, a circa 600 metri dalla spiaggia.Il canottino è piccolo, quindi la si fa a nuoto, trainando documenti e ciabatte, unica cosa a bordo. La nuotata è impegnativa, dato il vento e la corrente contrari.Arrivati a terra, molti cartelli avvisano chiaramente che non è permesso fare molte azioni che rovinerebbero un ambiente così incontaminato.Fernando de Noronha è parco naturale protetto, sia marino che terrestre.Complimenti alla sensibilità delle autorità a questo problema, che viene affrontato in questo modo così intelligente.L'isola è stupenda, verde, rigogliosa, tropicale.Ovunque cannoni della 2a guerra mondiale, quando l'isola era stata fortificata temendo un'invasione nazista.Bellissimo il museo degli squali (Museu dos Tubarões).Scopriamo alla sera che c'è un'attrattiva turistica, il pasto degli squali: alle 17:30, l'ora che mangiano, dal mercato del pesce vengono gettati in mare sangue, grattaglie e resti di pesce e di squali ne arrivano a centinaia... un brivido di preoccupazione per la nostra nuotata di ritorno.La Polícia Federal è molto gentile e ci da tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno.L'isola è parecchio scoscesa, vulcanica, ricorda un po' le nostre Eolie anche se è molto più lussureggiante e rigogliosa.C'è tutto quello che si può desiderare, immersioni, surf, snorkeling al traino, nuotate con i delfini e le tartarughe, pesca al barracuda o all squalo, se si desidera il lato marino.Locande tranquille e ben ventilate, villaggetti incontaminati, cibi brasiliani di carne, pesce o verdure, buoni, semplici ed economici se si vuole il lato rilassante.Discoteche, feste danzanti, Caipirinha, Cervejinha, belle signorine e bei giovanotti robusti, se infine si vuole la vita notturna. Scogli di San Pietro e San Paolo Gli scogli di San Pietro e San Paolo (Penedos de São pedro e São Paulo) sono delle roccette vulcaniche minuscole a 1650 chilometri a nord-est del Brasile, a cui appartengono.A proposito: grazie Pietro, saluti a Monica, Beatrice e Arianna; grazie Paolo, i Powerade sono stati fantastici!Lo scoglio più grande è San Pietro e misura circa 60 metri per 40 e la sua vetta è alta ben 6 metri. San Paolo non ha nemmeno un filo d'erba.In questi scogli c'è una stazione meteorologica, con tanto di pannelli solari e antenna parabolica per trasmettere i dati al satellite.Ogni tanto gli scienziati meteorologi si fanno un viaggetto per effettuare della manutenzione e installazione di apparecchiature.Dato che l'avventura non è priva di rischi, la Marina Militare Brasiliana manda ogni tanto una nave per appoggio e assistenza, che non si sa mai.Arrivando vicino agli scogli, ormai stanchi e depressi dopo 5 giorni di calme equatoriali con il gasolio ormai in esaurimento, vedo la nave e provo a chiamarla per radio, che magari mi danno buone notizie meteo.Mi dicono di attendere un attimo e mi invitano ad accostare alla loro poppa, che l'equipaggio è curioso di sapere come mai siamo in un posto così sperduto.Detto fatto, mi danno il bollettino meteo più impeccabile che abbia mai visto, oltre a 2 taniche di gasolio, che non si sa mai... tante piacevolissime chiacchiere nella lingua madre, l'invito per una doccia, una cena e per qualunque cosa avessimo bisogno.La consegna delle taniche e bollettino mi ha colpito per la loro estrema professionalità, non hanno toccato l'acqua nonostante le onde e la situazione un po' pericolosa, dato che la loro poppa saliva e scendeva di un paio di metri.Ma ancora di più mi ha colpito , quando gli ho chiesto da dove venissero e mi hanno risposto semplicemente Belém, al mio commento "ah, Belèm do Pará ? Mais longe que Cabo Verde !!" l'espressione di tutti i loro volti mi ha commosso !Come se gli avessi detto: Voi che venite da una così bella e importante città che anche un italiano la conosce, siete dei marinai dei grande valore, di quelli che navigano sul serio per l'Oceano... mi ha commosso.Anche se a ripensarci la loro nave era più confortevole del Barchimede, con l'aria condizionata e ogni confort normale in marina.Altra cosa che li ha colpiti è la dimensione minuscola del nostro serbatoio di gasolio, credo che 35 litri sia il loro consumo per 20 secondi di navigazione. La traversata La traversata ha vissuto fasi alterne, all'inizio correvamo con buon vento, poi le calme tropicali ci hanno tostato con il caldo, infine la pioggia e il caldo umido ci ha veramente prostrato. Lotta contro la stanchezza, il vento variabile, il deperimento degli alimenti, il peggioramento dei vestiti e del letto, scarsa sopportazione di ogni piccola cosa, ci hanno quasi stroncati.Ancora qualche giorno e sarebbero magari volate le coltellate, sicuramente verbali.Per il resto è routine, ci si abitua a tutto, compreso il rollìo, la barca sbandata e doversi svegliare ogni notte dalle 2 alle 6 e nel contempo dover cucinare, lavare i piatti, e fare manutenzione alle vele e agli impianti di bordo.L'equipaggio è stato all'altezza.Solo i pesci che abboccavano erano decisamente troppo grossi, ci sarebbe voluto una canna professionale, con mulinello da mille metri di filo da 2 millimetri.Era impossibile tenerli a mani nude, anche con i guanti.Solo la lampuga da 3 chili ha deciso di suicidarsi senza troppo combattere, ed è già stato impegnativo tirarla a bordo e finirla.
Impressioni sulla traversata, scogli di San Pietro e San Paolo, arcipelago di Fernando di Noronha
L'arcipelago di Fernando de Noronha fu scoperto nel 1503 da Amerigo Vespucci, il grande navigatore italiano che ha dato il nome all'America.Si tratta di un luogo di straordinaria bellezza sia in mare che a terra, già rifugio per i pirati e poi fortezza portoghese.All'atterraggio appare inconfondibile per la forma improbabile dei pinnacoli di roccia che svettano un po' ovunque.Subito all'arrivo in rada si percepisce che qui la natura è particolare: branchi di 50 o 100 delfini girano liberamente in mezzo alle barche alla fonda, qua e la qualche grande tartaruga marina nuota placidamente.Alla mattina un gruppo di delfini arriva sotto la barca e la tentazione di fare il bagno diventa irresistibile.L'emozione è forte, anche se sono irraggiungibili e si mantengo alla prudente distanza di 4-5 metri.Il porto è piccolo, può ospitare al massimo 8-10 barche, giusto il tempo necessario per imbarcare o sbarcare i passeggeri e poi subito fuori.Tocca ancorarsi in rada come tutti, del resto, protetti dall'isola Rata, a circa 600 metri dalla spiaggia.Il canottino è piccolo, quindi la si fa a nuoto, trainando documenti e ciabatte, unica cosa a bordo. La nuotata è impegnativa, dato il vento e la corrente contrari.Arrivati a terra, molti cartelli avvisano chiaramente che non è permesso fare molte azioni che rovinerebbero un ambiente così incontaminato.Fernando de Noronha è parco naturale protetto, sia marino che terrestre.Complimenti alla sensibilità delle autorità a questo problema, che viene affrontato in questo modo così intelligente.L'isola è stupenda, verde, rigogliosa, tropicale.Ovunque cannoni della 2a guerra mondiale, quando l'isola era stata fortificata temendo un'invasione nazista.Bellissimo il museo degli squali (Museu dos Tubarões).Scopriamo alla sera che c'è un'attrattiva turistica, il pasto degli squali: alle 17:30, l'ora che mangiano, dal mercato del pesce vengono gettati in mare sangue, grattaglie e resti di pesce e di squali ne arrivano a centinaia... un brivido di preoccupazione per la nostra nuotata di ritorno.La Polícia Federal è molto gentile e ci da tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno.L'isola è parecchio scoscesa, vulcanica, ricorda un po' le nostre Eolie anche se è molto più lussureggiante e rigogliosa.C'è tutto quello che si può desiderare, immersioni, surf, snorkeling al traino, nuotate con i delfini e le tartarughe, pesca al barracuda o all squalo, se si desidera il lato marino.Locande tranquille e ben ventilate, villaggetti incontaminati, cibi brasiliani di carne, pesce o verdure, buoni, semplici ed economici se si vuole il lato rilassante.Discoteche, feste danzanti, Caipirinha, Cervejinha, belle signorine e bei giovanotti robusti, se infine si vuole la vita notturna. Scogli di San Pietro e San Paolo Gli scogli di San Pietro e San Paolo (Penedos de São pedro e São Paulo) sono delle roccette vulcaniche minuscole a 1650 chilometri a nord-est del Brasile, a cui appartengono.A proposito: grazie Pietro, saluti a Monica, Beatrice e Arianna; grazie Paolo, i Powerade sono stati fantastici!Lo scoglio più grande è San Pietro e misura circa 60 metri per 40 e la sua vetta è alta ben 6 metri. San Paolo non ha nemmeno un filo d'erba.In questi scogli c'è una stazione meteorologica, con tanto di pannelli solari e antenna parabolica per trasmettere i dati al satellite.Ogni tanto gli scienziati meteorologi si fanno un viaggetto per effettuare della manutenzione e installazione di apparecchiature.Dato che l'avventura non è priva di rischi, la Marina Militare Brasiliana manda ogni tanto una nave per appoggio e assistenza, che non si sa mai.Arrivando vicino agli scogli, ormai stanchi e depressi dopo 5 giorni di calme equatoriali con il gasolio ormai in esaurimento, vedo la nave e provo a chiamarla per radio, che magari mi danno buone notizie meteo.Mi dicono di attendere un attimo e mi invitano ad accostare alla loro poppa, che l'equipaggio è curioso di sapere come mai siamo in un posto così sperduto.Detto fatto, mi danno il bollettino meteo più impeccabile che abbia mai visto, oltre a 2 taniche di gasolio, che non si sa mai... tante piacevolissime chiacchiere nella lingua madre, l'invito per una doccia, una cena e per qualunque cosa avessimo bisogno.La consegna delle taniche e bollettino mi ha colpito per la loro estrema professionalità, non hanno toccato l'acqua nonostante le onde e la situazione un po' pericolosa, dato che la loro poppa saliva e scendeva di un paio di metri.Ma ancora di più mi ha colpito , quando gli ho chiesto da dove venissero e mi hanno risposto semplicemente Belém, al mio commento "ah, Belèm do Pará ? Mais longe que Cabo Verde !!" l'espressione di tutti i loro volti mi ha commosso !Come se gli avessi detto: Voi che venite da una così bella e importante città che anche un italiano la conosce, siete dei marinai dei grande valore, di quelli che navigano sul serio per l'Oceano... mi ha commosso.Anche se a ripensarci la loro nave era più confortevole del Barchimede, con l'aria condizionata e ogni confort normale in marina.Altra cosa che li ha colpiti è la dimensione minuscola del nostro serbatoio di gasolio, credo che 35 litri sia il loro consumo per 20 secondi di navigazione. La traversata La traversata ha vissuto fasi alterne, all'inizio correvamo con buon vento, poi le calme tropicali ci hanno tostato con il caldo, infine la pioggia e il caldo umido ci ha veramente prostrato. Lotta contro la stanchezza, il vento variabile, il deperimento degli alimenti, il peggioramento dei vestiti e del letto, scarsa sopportazione di ogni piccola cosa, ci hanno quasi stroncati.Ancora qualche giorno e sarebbero magari volate le coltellate, sicuramente verbali.Per il resto è routine, ci si abitua a tutto, compreso il rollìo, la barca sbandata e doversi svegliare ogni notte dalle 2 alle 6 e nel contempo dover cucinare, lavare i piatti, e fare manutenzione alle vele e agli impianti di bordo.L'equipaggio è stato all'altezza.Solo i pesci che abboccavano erano decisamente troppo grossi, ci sarebbe voluto una canna professionale, con mulinello da mille metri di filo da 2 millimetri.Era impossibile tenerli a mani nude, anche con i guanti.Solo la lampuga da 3 chili ha deciso di suicidarsi senza troppo combattere, ed è già stato impegnativo tirarla a bordo e finirla.