Preferirei di no

Il gospel del pirata


dormivonel sonno bussavo a una portala porta era semiapertafuori c'era la neve altanon si poteva uscirese fossimo uscitinon sarebbe rimasto nientedi noicome svanire nel fumo della legnapulviscolodiceva papàmangiavamo le scortebruciavamo la legna nel caminoil fumo pulviscololo guardavola scorta si assottigliavaveramente non sapevo come avremmo potuto fare poi quando tutto sarebbe finitomamma sedeva sul lettoe accarezzava la testa di dunsche canticchiava come un canto di morte silenziosamentre i fiocchi cadevano piccoli e bellissimivorticavano nella bufera di vento e ghiaccio lucenteio guardavo dalla finestramentre papà ritagliava strane forme dal giornaleprima un uomo con due testepoi una specie di cinghiale dai piedi di paperamamma piangeva con le lacrime che toccavano i capelli di dunse dicevaduns figlio duns figliopapà sollevò qualcosa che somigliava a un'astronavema lo gettò nel fuocoil vento fischiava il camino sarebbe stato allegronello scoppiettarema ora sembrava solo stupidoguardavo dalla finestral'aria mi entrava da sotto la gonnala lingua mi bruciavala carne secca non mi era mai piaciutac'era odore di chiuso e di cavolo bollitoalle patate spuntavano le cornaera la notte di nataleguardavo il cielo scuroe non ricordavo più come fossero fatte le stellel'immensa pianura a valletutti i puntini delle luci ora ciecheguardavo le pile di giornaletti di dunssul suo lettole mie vecchie bambole di pezza sullo scaffalepensavo a quando portavo duns sulla schienacorrevamo nella casa sfiorando il tavolomi stringeva il collo e gridava uh uhpapà chiedeva duns qual è il nome del tuo cavalloe duns rispondeva alelaquesto cavallo si chiama alelale scintille si alzavano dal fuocoe fuggivano nel caminosentivo che papà e mammaper quanto potessero farenon potevano nienteera ridicolo e pateticobuffo e tristevedere papà che puliva smontava e rimontavail vecchio fucile da cacciapensavo ai Patensall'incendio della settimana primaa come non ci fosse più niente lì attornodi umanomi chiedevoperché ci avevano lasciati viviperché se ne erano andatiricordavo la loro pelle dura e scuraguardavo duns e ricordavo i suoi occhiin cui il vecchio Patens correvafuori dalla casa in fiammetrascinavano la madre verso il boscopoi gli sparile urla dei bambiniduns piangeva e si stringeva a memamma e papà barricavano la porta e le finestrementre la nevela neve di morte cadeva e cadevasopra i cadaveri di tutti gli uomini che l'avevano toccatal'uomo alce era arrivatoqualche tempo dopo la nevele corna spuntavano dalla testasi strusciava contro la casadava un verso e si voltava a scatticome spaventatomangiava le corteccene staccava con le unghie a pezzia pezzie la neve pareva non fargli maleera mattinoil cielo sempre pesantenon c'erano uccellisolo gocce d'acqua che scendevano dal tettoun uomo appoggiato a un alberomortocon la bocca aperta e piena di nevel'uomo alce si muovevapiano si avvicinava alla finestrae dava un versopoi si sedeva con la schiena appoggiata alla paretedel capanno degli attrezzie stava lì con la neve che lo coprivaimprovvisosi sentì un rumoreforte all'inizio quindi appena accennatopapà lasciò le forbici e corse alla finestradisse state indietroduns canticchiava ancora la canzone di mortemamma gli mise sulla bocca una manoaveva i capelli scarmigliatipapà disse cielo dio cielo e corse alla porta finestrastaccò il fuciledisse ritornano e imprecò a bassa voceguardò mamma imprecò ancora e disse ritornanomamma lasciò duns sul lettola faccia schiacciata tra le lenzuoladisse alela spostati dalla finestraio mi sedetti con duns che tremavae gli tenni le mani nelle mietremavo anch'iomamma corse alla finestracorse da papà che teneva il fucileio carezzavo le mani di dunsgli dicevo duns non preoccupartitornavanoc'erano troppi stivali pesantitroppi stivali pesantistringevo l'oro sulle ditai miei anellipapà guardò dalla finestrasi avvicinavanosilenziosi lenti ma implacabilidisse che non ci avrebbero trascinati nel boscoa me a duns e alla mammadisse così mentre caricava il fucileio guardai la lotta delle fiamme nel focolarecome scoppiettava leggero e allegrocome sembrava tutto ridicolodistesi le mie dita freddegli anelli luccicavanomamma disse non ce la faremo maiurlava signore signore perché questoduns si lamentò più fortegli misi una mano sulle orecchieavevo i miei stivali di pelle chiarii capelli raccolti nella codail vestito lungo neronel fuoco vedevo gli altri natalitutta la sofferenza e la gioiascendete nella buca disse papàscendete tutti nella bucascendemmo noi ragazzi poi la mammasi sentì battere alla portasempre più fortecon quegli stivaloni neripapà gridò qualcosa che non capiinon vedevo mamma né dunsma sentivo il calore del loro corpocominciai a contarea contare sino al cieloperché credevo nella religione dei numerie nel loro potere di allontanare le malattie la morte le provemi muovevoall'indietro mentre pensavo che sìci doveva essere un modo per affrontare la perdita della casae per vincerlachiusi gli occhi strinsi i pugni e i denti e continuai a contarefuori sentivo ancora il rumore del ventoche ora sembrava un lamento---My SpaceIl sito ufficiale