Preferirei di no

Poesia del pendolare


Sapevo che me l'avrebbero fatta pagare.Me lo sentivo.Ieri serastronze bastardesi sono fermate più giùmolto più giùe io ero preso a mezzo tra quelle di destra e quelle di sinistra. Così ho perso tempo (e ogni attimo è prezioso)a decidere verso quale direzione andare. La folla si è radunata da ambedue le parti. Troppo tardi. Sono andato verso sinistra,ho sgomitato, una signora con i capelli gialli mi ha guardato come fossi un cavernicolo. Dovevo averne l'aspetto,del resto. C'era qualcuno che doveva scendere. Due tre persone.Succede quasi ogni volta.La folla si allarga di un filo quel tanto che basta perché quella gente odiosa scendae si diriga verso destinazioni ignote. Poi la folla si ricompatta in meno di un fiato. Quando è stato il mio turno lavorando coi gomiti senza guardare nessuno in faccia mi sono fatto largo aggrappato alla sbarra verticale e sono salito a bordo.Una volta a bordo, hai diverse possibilità: puoi piegare a sinistra, piegare a destra, prendere le scale che portano al piano superiore oppure ancora piegare a sinistra ma utilizzare l'entrata più lontana vicina alle porte del lato opposto,per intenderci.La stessa cosa per la destra. In effetti, i vagoni con due piani sono i più complicati. Succede che tu sali da sinistra ma vuoi andare a destra o di sopra mentre chi sta alla tua destravuole andare a sinistra o di sotto.Questo è il libero arbitrio, pensi. Una gran cosa. Ma non sui treni. Ho visto impiegati col cappello spingere come tori nella festa di San Firmin,signore di mezza età con la borsetta procedere con gli occhi rossispingendoti lentamente verso una direzione che tu mai avresti voluto prendere.Quasi tutta la gente si è diretta verso lo scompartimento di sinistra. Guarda che magari rimedio un colpo di fortuna nonostante tuttomi sono detto.Sono andato a destra anche se sentivo che c'era puzza di inganno. Ma è sempre troppo tardi quando te ne accorgi. Lo scompartimento era freddo i sedili interamente ricoperti di stoffa azzurra. Sporca. Mi sono seduto in un quadriposto, da solo, accanto al finestrino. Fuori era notte dalle bocchette usciva l'aria di Novosibirsk, quella di fine gennaio. Non so se ci siete mai stati. A Novosibirsk, intendo. Ho tenuto sciarpa cappello e guanti. Ho disteso le gambe, mentre altra gente si sistemava attorno a me. A un certo punto nel mio quadriposto sono entrate due ali e una guardia dei Boston Celtics. Non sono sicuro che fossero proprio dei Celtics, ma avevano le ginocchia che cominciavano esattamente dove le persone normali tengono i piedi. Impassibile, ho chiesto permette? e scostando un ginocchio dell'ala dei Celtics ho tolto dalla borsa l'Urania e mi sono detto vabbè. Mentre leggevo le prime dieci righe il treno è partito e le luci si sono spente. Spente. Per sempre. Fuori faceva notte, ve lo ricordo nel caso ve ne foste dimenticati. Poco male ho pensato. Ho tolto il mio lettore mp3, ma il display diceva low battery. Pazienza. Mi sono messo a succhiare il ginocchio dell'ala dei Celtics mentre il treno correva (vabbè) dentro la notte. Era un ginocchio dolce, peloso ma dolce, sapeva di liquirizia e pesto di Recco. E con un vago retrogusto d'aglio in bocca, mi sono addormentato.