Sono passate quasi due settimane, ma ancora giro con un sorriso grande, gli occhi in su a contare le bandiere (eccone un'altra (esclamativo) là su quel balcone (esclamativo), salute fratello (esclamativo), siamo noi, siamo noi, eccetera). Credo che ciascun fratello interista, se interpellato, sappia trovare le parole giuste per dire la festa, la contentezza e chiudere i conti con il passato.
A me tornano a mente tutte le cose della giovinezza, le delusioni calcistiche patite quando ero giovane e non sapevo che il futuro ne avrebbe riservate di ben altro genere. Le ricordo come delusioni a tutto tondo, per me ragazzino: immense, incommensurabili. Non necessariamente eclatanti, piccole tragedie a uso domestico se prese singolarmente; nell'insieme, componevano un quadro fosco, un disegno dai contorni indistinguibili, qualcosa di brutto di cui non si conosceva confine. Ora, ogni fratello interista lo sa: il confine era lo stadio Bernabeu di Madrid, la data il 22 di maggio del 2010.
Ma diciamo le delusioni, un paio, tanto per gradire.
Un Inter-Borussia 2-3 ai tempi supplementari, per esempio. Sedicesimi di coppa uefa, Novembre 1979, Borussia terribilerrimo detentore del trofeo. Si fece 1-1 all'andata in Germania e un tizio mormorò da qualche parte (chissà come, chissà dove, ho questo ricordo): 'Accidenti, è tornata la Grande Inter'. Cosa risibile, ora, se si pensa che il Borussia Moenchengladbach (ebbene sì, quel nome così stolidamente crauto), vissuto un momento di gloria negli anni Settanta (due Coppe Uefa vinte e una Campioni persa in finale col Liverpool nel '77; Allan Simonsen pallone d'oro e svariati titoli di Germania), quel Borussia sopravvive da decenni nel basso fondale del calcio tedesco.
Sia come sia, al ritorno a Milano segniamo noi per primi, Spillo Altobelli, entusiasmo alle stelle, la Grande Inter che risorge, eccetera. Ma nel bel mezzo della festa, patatrac, tale Nickel s'inventa un tiro sbagliato da centrocampo (giuro: fu premiato addirittura come Tor des Jahres 1979 in Germania, gol dell'anno, vista la distanza dalla porta: "Im Europapokal gegen Inter Mailand nahm er einen Abschlag von Torhüter Wolfgang Kneib mit dem Rücken zum Tor an und schloss 40 Meter vor dem Tor aus der Drehung direkt ab. Der Ball fand den Weg ins Tor": chiaro, no?) e fa pari, 1-1. Tempi supplementari, accidenti.
Nel cuore della notte, colpo di fortuna, mio padre becca i tempi supplementari su Capodistria, sulla tv piccola della cucina: solo lì sopra, con l'antennina in dotazione, si riusciva a prendere il canale. Mi chiama, vieni vieni, io lascio la radio rossa con i pulsanti d'argento, pulsanti che facevano TAC TAC TAC, e nel buio della cucina (luci spente, pigiami, mamma e sorella a letto, bianco e nero lattescente dallo schermo piccolo piccolo) noi facciamo 2-1 (ancora Spillo, evviva, esclamativo). Mio padre dice a bassa voce: 'se passiamo il turno ti ci porto, giuro che ti ci porto a San Siro'.
Dura poco, discesa sulla fascia-cross al centro-gol: 2-2. E poi ancora: discesa sulla fascia- dribbling-rigore: 2-3. Era il 7 novembre 1979, giorno del mio quattordicesimo compleanno, uff. Lacrime. Magone.
O ancora: Beveren - Inter 1-0, sempre quell'anno, ma in primavera. Zero a zero all'andata, ritorno in Belgio, quarto di finale di Coppa delle Coppe. Beveren è una cittadina di 40.000 abitanti. Wikipedia dice che l'unica cosa per la quale è nota è la presenza di una centrale nucleare. Immagino le feste.
Stessa cucina, stessa radio rossa, luce accesa, però. M'immagino fango, a Beveren, è una serata gelida e ventosa. C'è tutta una storia su quella partita, 21 marzo 1979. E pure un vecchio filmato sbiadito, qui.
Mancano sei dannati minuti alla fine, il risultato è ancora di zero a zero. Bersellini (allenatore) ordina un cambio, fuori Oriali, dentro Chierico Odoacre da Roma, rosso di capelli, classe 1959 (nella foto): passò nella storia dell'Inter senza lasciare tracce, non fosse per l'episodio seguente. Chierico entra ma ha le stringhe slacciate, poareto. L'arbitro se ne accorge e lo caccia fuori campo, vada e se le allacci. E' così che nasce l'azione del gol fatale di Bob Stevens, proprio sulla sinistra, la parte che Chierico avrebbe dovuto presidiare, avesse avuto le scarpe a posto. Dieci contro undici per un minuto fatale. Lo vedete, nel video, l'Odoacre che si sbraccia per richiamare l'attenzione dell'arbitro? Sono qui, sono qui. Niente. Alla radio potevo solo immaginarlo. Mio padre stringeva le mascelle come lo volesse stritolare. Io balbettavo, non è giusto, non è giusto.
Poi mi alzai, andai a fare pipì e piansi col pistolino in mano e giurai che, sì, un giorno avrei fatto lo stopper della Beneamata e su un calcio d'angolo di testa, nella finale di Coppa dei Campioni, l'avrei messa nell'angolino alla destra del portiere. Massì, c'ero anch'io nel gol di Diego Alberto Milito.
Mentre lo scrivo, ora, adesso, qui, rido e piango come un bambino e come un bambino sono davvero, davvero (esclamativo), contento. Evviva l'Inter, la mamma di Milito, tutte le mamme interiste del mondo e il cuore e i muscoli del Capitano (esclamativo, l'ultimo, il più grande).