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Messaggi di Giugno 2019

indigente

Post n°39 pubblicato il 30 Giugno 2019 da tanghera

INDIGENTE

 

Può essere usato come sinonimo di bisognoso o disagiato, ma non di povero o misero che hanno invece una connotazione più negativ

L’origine di indigente è il participio presente (indigens) del latino indigere; significava “necessitare, esser sprovvisto, aver bisogno”, ed era un composto di egere. Un testo scolastico ottocentesco, dopo aver indicato, di entrambi, il costante riferimento «a qualche cosa di buono, a cose onde si ha bisogno per un fine», così distingueva i due verbi: Egere, difettare, esprime la indigenza come una condizione; indigere, aver bisogno, esser bisognoso, dice col desiderio di esser sodisfatto, ancor più che il semplice senso opprimente di questa condizione. Entrambi accennano ad una difficoltà di ottenere ciò che manca (Ferdinand Schultz, I sinonimi latini ad uso delle classi liceali e quinta ginnasiale, prima versione italiana sull’ultima edizione tedesca del prof. L. R. Germano Serafini, con note del traduttore, Napoli, Gabriele Sarracino, 1872, p. 115).

Indigere, in latino, esprimeva dunque il senso di una condizione cui non ci si rassegnava. Chi la pativa era spinto dal desiderio di cambiarla, e faceva il possibile per riuscirci. Come il geomètra del XXXIII canto del Paradiso (vv. 133-139); anche lui fatica, per cercare di capire quel che gli sfugge, e Dante usa proprio indigere per esprimerne lo sforzo di comprendere.. È l’ultima visione del poeta, che sta provando a descrivere il mistero dell’incarnazione, cercando di spiegarsi il modo in cui l’immagine di Cristo si adatti a una luce che la contiene e, al tempo stesso, non la contiene. Come un quadrato che si voglia far coincidere con la circonferenza dalla quale è circoscritto e che, allo stesso tempo, circoscrive.

Oggi un indigente è un disagiato o un bisognoso, e potremmo essere tentati di fermarci qui. Perché il letterario malagiato è parola uscita dall’uso; nullatenente e non abbiente esprimono l’impersonale freddezza del linguaggio burocratico che indigente, pur altrettanto formale, non mostra di possedere; spiantato o squattrinato, del registro familiare, sono parole ben specifiche: il loro significato rende preciso conto della scarsità di risorse finanziarie dell’interessato, suggerendo per di più l’idea che su di lui, malgrado le difficoltà del momento, non pesi la condanna di una sfortuna a vita, come per un indigente, un bisognoso o un disagiato: chi oggi è al verde, forse anche perché non ha un lavoro, domani potrebbe veder mutata la sua sorte; chi è in miseria, chi non possiede nulla o quasi nulla, è assai più difficile che riesca a sottrarsi al proprio destino.

Mi si potrebbe chiedere, a questo punto, perché, tra i sinonimi validi di indigente, non abbia ancora menzionato né povero né misero. Non l’ho fatto perché queste due parole, rispetto a disagiato e bisognoso, appaiono a loro volta collocarsi su un piano diverso. Si può anche essere bisognosi d’altro, è vero (d’amore o d’affetto, di un parere o un consiglio), oltreché di un sostegno economico, ma povero e misero vanno ben oltre un semplice arricchimento di significato: possono esprimere anche il valore negativo di un’offesa. Questo avviene quando diamo a qualcuno del poveraccio, o del povero stupido; quando lo definiamo povero di spirito, non per dire che è una persona umile (l’evangelico povero in spirito) ma per rimproverarlo o accusarlo di essere un ingenuo, uno sprovveduto, un sempliciotto; quando, parlandone come di un essere meschino o spregevole, che è ancor peggio, lo descriviamo come un misero individuo.

La lingua ci appare qui spietata perché chi la usa aggiunge, alla sfortunata condizione di chi non dispone dei necessari mezzi di sussistenza, una forte carica di disprezzo. Scrivono due studenti universitari, per contestualizzare indigente: «Si è assentato da lavoro senza giustificazione. È un indigente»; «Sei una persona indigente». I sinonimi che indicano per spiegare la parola? Il primo scrive inadempiente, il secondo irresponsabile. Gli indigenti, involontariamente, li hanno condannati anche loro.

Tratto dall’Articolo di Massimo Arcangeli Su Il Post del 24-04-2017 

 
 
 

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