Bianca Guida

Eppure tutto passa, piano piano come settembre.

Queste note che cadono, un rumore per casa come di passi.
Ancora uno verso me
(ti prego)
E il buco che ho nel petto e che stanotte riapro con le mani. 
Non voglio dimenticare.
Resta con me
                                           Resta con me

Qui non mi troverà nessuno.

Mille notti da raccontare tenendoti sveglio perchè tu non m'uccida, mille volte ancora saprei vederti oltre il buio di mille mani, mille parole per dirti che mio respiro eri, mio respiro sarai.

Segreto mormorare di foglie nel fitto verde e gorgogliante mentre, precedendomi, mi guidi verso la tua casa e scosti i rami perchè non mi colpiscano, e io piano li blocco. Li tengo stretti un istante, empiendomi del tuo odore, ciglia d'ombra e labbra di vapore.
Poi li lascio andare, umido sentire che trascina, e ti sfioro, e ti volti.
Chino gli occhi. Lo rifarei, lo rifarei.

Alba e paura che quegli occhi chiusi siano lì, impronte invisibili di notte che non deve arrivare, non ora.
Non ancora.
Non dormire.
Vorrei solo non vedere quel buio fra le ciglia, e incauti sogni che portano dove tu non sai. E ancora.
Aspetto.
Credo sia mattina.
Filtra piano, oltre la persiana, in lame di freddo e dormiente, fioca opalescenza, un giorno che è già finito.
E ricomincia.

Uno sfiorar di mano con labbra, appena appena, un pensiero che di te mi dava una febbre sconosciuta, e il non sapere, il disegnare come di telaio che suggerisce e giustifica la forma ultima, leggera come carta ma di odorosa pregnanza, e lontano pensiero di un giorno che, chissà... oltre quella rupe che ti vede gabbiano, volo, il tuo rifugio in cui ogni piede è ospite fuggevole, le mie mani da dietro e l'ombra che avanza, a poggiare la guancia sulla tua spalla.

[...] Io stavo bene, continuavo a dirmi che tutti saremmo stati bene.
La mia malattia che tornava, viva come non mai.

Avevo ripreso a spiarlo.
Dalla strada potevo vedere bene poco. Solo, di tanto in tanto, il suo braccio che si allungava per lasciar cadere la cenere della sigaretta.
Una folata di vento ne aveva portato un po’ fra i miei capelli, e il suo odore acre mi faceva viaggiare su, fino alla sua finestra.
Bruciavano gli occhi, bruciava il petto.
Entrai in casa.
Lui non leggeva più.
Aveva cominciato a scrivere.

Ricominciai a scrivere anch’io.
Le mie storie senza fine, senza inizio, accantonate per sempre, anche se continuavo a ripetere a me stessa più che agli altri che, prima o poi, le avrei riprese da dove si erano interrotte.
Non le avevo chiuse io. Certe storie nascono da sole e, autonomamente, muoiono.
Ma questa la finisco, mi ero detta quella volta.
Scrivevo senza guardare. Guardavo lui.
La sua testa bruna china, le mani veloci sulla tastiera.
I ricordi di quegli ultimi due anni riaffioravano e si rincorrevano.
Il suo arrivare, il mio perdermi.
Avevo chiuso gli occhi e, quando li avevo riaperti, lui non era più nella sua stanza.
Non esce mai, dove sarà andato, mi domandavo.
In un’altra vita eri tu a rincorrer me. [...]

E' solo un pezzo, ma è tuo.

Forse è vero che dovrei tacere un po' di più. Tante di quelle cose, un po' per far bene, un po' per far male ma male davvero no, non vorrei, non fosse che per un dolore qui, piccolo ma persistente, che mi toglie gli occhi, toglie le mani. Restano le parole, senza filtro, senza .

Ho visto in fondo ai tuoi occhi.
E tu, tu mi stavi guardando.
Un attimo solo, di mani curiose e labbra innocenti, spettatrici di un paesaggio che correva troppo verde, di tutto quell'oro. Infine ci siamo toccati.
M'incanto.

Pomeriggio silenzioso e ti trovo fra parole altrui, in pensieri che quasi tocco, e mi manchi. Mi pensi a volte? Cosa sentivi di noi ---
E continuo a trovarti sulla carta gualcita di conti e appunti e mi si ferma il cuore.
Pomeriggi come questi, il freddo fuori e, dentro, Tu.
Quei pomeriggi di primavera troppo lontani io mi allontanavo.
E tu mi chiamavi - vieni, stai un po' con me. Stavo con te. Lieve come polvere. Bianca, troppo bianca e non sembravi tu. Ti rivolevo, ti rifiutavo. 
Ti cerco, adesso, e forse ti trovo davvero, chiudo gli occhi. Il momento passa, pensiero fastidioso che brucia. Troppo presto, troppo presto. Ti guardavo, e non mi parlavi.
La mia giornata, le mie settimane senza te, riassunte in due parole affilate. Non rispondevi. Mi pensi ogni tanto? Ma tu - sapevi - immaginavi?
Immagino di sentire aprirsi la porta, i tuoi passi affrettati, il mio nome.
E adesso che non ci sei, dimmi, mi vedi, mi vuoi ancora bene?
Torna da me. Torna da me.

Quando avrai trovato la tua strada
dimmi:
dove sarò io?

Lieve come filo d'erba,  effimero sulla carta, cercandoti.

Sfuma di maltempo e riccioli mossi dal vento, indugia come baci sulla nuca.

Marchio delle tue mani sulla mia pelle, mani sporche che non fanno male.

Nero
nero
nero

Ma tu sei lontano.
Ti cerco fra le parole addormentate, trovo i tuoi occhi chiusi, le mani calde abbandonate. Spio i tuoi sogni e me ne ritraggo, arrossendo, come chi sa ma non dovrebbe. E vorrebbe posare sull'orecchio piccolo come conchiglia antica parole nuove e leggere, ma non può, non osa.

Vicino come piuma,
e leggero.
Sono qui.
In silenzio perchè tu non vada.

Toccami.
Tu che puoi,
tu che sai.

Ascoltami.
Non lasciarmi sola a urlare di noi
nel vento.

Parlami.
Non lasciare che questo nostro
tempo passi.

Sento piangere.
Ho ascoltato questo pianto disperato per almeno un'ora, prima di alzarmi e andare a vedere...
Lo sentivo tutt'intorno a me, lontano e ovattato ma non troppo.
E allora mi sono alzata.
Le due stanze adiacenti la mia.
Quella a sinistra. Nulla.
Quella a destra, la Sua.  

Moriranno tutti
tutti se ne andranno
lasciandomi sola
e di notte non avrò più paura
perchè sarà già successo.

Pena per ciò c'è stato taciuto, desideri che rimarranno tali, e notti sole, e fronti che scottano.