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LA FAVOLA DEL BAMBINO GRASSO


Viene un giorno nella vita in cui ogni bambino passa all’età adulta. Quel giorno corrisponde con la scelta della squadra di calcio per cui tiferà ed è fissato attorno ai sei anni, momento in cui i tuoi compagni di scuola ti chiedono: “Che squadra tieni?” Da lì non si torna indietro. Pena essere bollati come omini, ominicchi o peggio quaqquaraquà. E’ in gioco l’onore. Nello stesso periodo si comincia a fare l’album delle figurine, quell’hobby al quale di solito ti avvia uno zio o un fratello maggiore, che ti segna tutta la vita. Negli anni delle elementari i tuoi neuroni non possono tenere le classiche nozioni dello scrivere e far di conto, perché occupati dal ricordare la carriera di Roberto Mancini (nato a Jesi) o di Hugo Eduardo Rubio (ex Bologna con un passato al Colo-Colo). Negli anni a venire ti consentirà di sapere chi sono Manuel Gerolin (il biondo della Roma), Giulio Nuciari (secondo di Terraneo al Milan) e Silvano Martina (cuore granata). Poi verso la terza elementare si passa alle partite al campetto dell’oratorio. Sono i tempi di “portiere volante”, “chi si trova in porta para” e le urla “Pallaaaaaaaaaa” ai passanti quando il pallone esce in strada. Da tutto ciò le bambine rimarranno escluse, tolti rarissimi casi di femminucce-calciatrici, per la disperazione delle loro mamme, con buona pace di Elena Gianini Belotti. Ma fuori dal meraviglioso mondo del calcio non ci sono solo le bambine. C’è anche il bambino grasso. Quello relegato a bordo campo appoggiato al pallo. Quello che “te stai in porta” anche se “non ti tuffi”, l’ultimo a essere scelto quando si fan le squadre a “pari e dispari”. Sembra di vederlo ancora con il sacchetto delle Coca Cola comprate al bar dell’oratorio, mentre le succhia avido e guarda noi giocare a calcio con l’espressione che ha la mucca quando passa il treno. Poi un giorno le bambine, seguendo l’istinto naturale, si avvicinano ai maschietti. Siamo verso i 14, il campo dell’oratorio è un passatempo del sabato pomeriggio. E’ tutto un proliferare di magliette sgargianti. Chi ha quella di Juvemilaninter, ma negli anni spuntavano anche quelle delle squadre internazionali. Molto gettonata a metà anni ’90 quella del Borussia. Le bambine, ci cercano, e buttano un occhio nel campo, ma infuria una partita, non c’è tempo. Così tocca al bambino grasso unirsi al gruppo delle femmine. Chiacchierare fitto fitto al bar dell’oratorio, mentre tutti noi pensiamo “Sfigato”. Intanto il bambino grasso dimagrisce a poco a poco, si fa un taglio di capelli “sparato” che finalmente lo distingue da Ringo Star e comincia ad uscire alla sera. Sa tutto della musica che va di moda ( e noi sentiamo gli Zep e i Deep), sente Radio Deejay e magicamente diventa Pierre della disco alla domenica pomeriggio. Insomma il bambino grasso scopa. E noi? Beh l’ormone si è fatto sentire, le ginocchia si sono un po’ ripulite e la partita è finita. Le ragazze non ci sono più. Faremo la doccia e ci troviamo per le sette e mezza a casa del Griso. Aglio e oglio porno e vino di mio nonno. A proposito: “Avete visto che gol ho fatto oggi pomeriggio?”.