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l’ultimo canto del cigno postmoderno

Post n°121 pubblicato il 26 Maggio 2018 da jonwoo1998

Intendiamoci bene, sinistra e destra possono esistere come categorie se, e solo se, inseriamo dentro a quelle che sono mere concezioni topografiche ereditate dalla Rivoluzione Francese, dei contenuti specifici.

Nella fattispecie, se dentro a queste parole dal senso di per sé ampio, talmente ampio da rischiare il vuoto, inseriamo termini quali classe e capitale, stiamo raffigurando e descrivendo quella che per decenni è stata la totale contrapposizione tra i due termini.

Ma dalla fine, anzi dall’implosione socio-economica (più economica che sociale, più degradamento che repressione, la quale è da sempre equamente distribuita) dei sistemi socialisti c.d “reali, e dalla criminale lettura (lo possiamo dire oggi a quasi trenta anni di distanza) che ne è stata data, nella quale gli eredi (loro malgrado) del più grande partito comunista occidentale hanno aderito alla peggiore vulgata destrorsa.

Da quella fine, dicevo,  e da  quella lettura, non di critica di una certa forma degenerata di modello sociale, ma di attacco frontale ad ogni idea e prassi di rivoluzione, di conquista del potere e dell’egemonia delle classi degli sfruttati e dei subalterni, il termine “sinistra” è stato riempito di contenuti del tutto alieni dalla stessa tradizione dell’intero movimento socialista.

Non solo e non tanto le questioni ambientali e c.d. di “genere” (che erano già state affrontate nei secoli precedenti, ma mai  avulse dalla necessaria liberazione sociale) ma tutta la questione dei “diritti civili” è stata estroflessa dalla parola “sinistra” e portata alla luce di per sé. Spegnendo con una vera e propria cesura,  una intera epoca storica di lotta per  i diritti “sociali”. 

Come se questi ultimi non portassero dentro di sé istanze liberatorie e di emancipazione. La questione è che questi assumevano in sé istanze collettive dove, in pratica, diritti sociali e civili erano strettamente collegati, mentre quelli sono diventati oggi mere rivendicazioni individuali, perfettamente compatibili con il capitalismo nella fase attuale, ovvero della massima “libertà” nel senso di scelta fra una vasta gamma di prodotti.

Il suicidio del PCI non avvenne perché la “società” fosse cambiata, ma proprio perché si voleva aderire a quella “società” (del capitale trionfante) che si era combattuta per decenni. Quale peggiore e definitiva sconfitta se non quella di aderire volontariamente (la mozione di Occhetto passò a larga maggioranza) alle istanze dell’avversario?

Quando si intraprende una scelta di questo genere, come succede sempre di fronte ad un bivio, le strade si serrano sempre di più. Ogni scelta chiude le possibilità precedenti e alla fine la strada diventa così stretta da apparire inevitabile. Trasformando quelle che furono opzioni in vie obbligate. “E’ la storia che ce lo chiede” vi dirà oggi il militante PD più acculturato - tacendo della massa ottusa al seguito – dimenticando persino la frase più elementare e citata (malamente) di Marx tratta dalle Tesi su Feuerbach.

Le conseguenze di questa deriva postmoderna, dove le classi spariscono e il conflitto sociale diventa “narrazione” e si riscopre Nietzsche e si loda Foucault (per i più colti, ovviamente, per gli altri, è bastato semplicemente un reset spesso dal giorno alla notte successiva) si sono accumulate a valanga, nel corso degli anni e nulla, o quasi, oggi resta della democrazia repubblicana fondata sui partiti. 

La “governance”, il linguaggio aziendale, il mercato come unico inizio e fine di ogni senso, la ricerca del consumo individuale come fine, l’isolamento. Tutte questioni che non riguardano un partito o una classe, riguardano tutti noi. Che ci stiamo dentro.

La fine dei partiti di massa, strutture piene di difetti ma, proprio per questo migliorabili  e sempre in divenire, ha lasciato la popolazione in balia del “gentismo” (esaltato a fine anni ‘80 del secolo scorso in TV da uno “amico del popolo”  come il Maoista Santoro) e ha trasformato le classi in plebi. Smarrite, sole, desideranti oggetti da comprare che non si possono permettere e per cui il lavoro è un precariato senza fine.

Per tacere (ma non taciamo) la devastante teoria della “moltitudine” di negriana memoria. 

La miseria e la disperazione sono stati camuffati da un linguaggio odioso, da multilevel marketing, coperti da una patina scintillante che ricorda i territori devastati di Blade Runner

Le classi esistono sempre, ovviamente,  anzi  si sono sempre più ossificate e divaricate, ma in un sistema plebeo non c’è nessuna volontà emancipatoria, ma solo quella di conquistare il posto sullo strapuntino.

In questo contesto, del quale la sinistra porta una responsabilità devastante (un suicidio collettivo dal sapore nihilista), dove il partito non ha più alcuna funzione pedagogica, dove il linguaggio vuoto del manager politico è interessato solo alla captatio benevolentiae e dove rifilare una saponetta profumata o promuovere un partito sono la stessa cosa, come è possibile meravigliarsi del fatto che i 5s e la Lega oggi siano andati direttamente al potere? 

Eppure, paradosso finale, queste due realtà sono oggi le sole che fanno politica. Ovvero programmano e pensano un cambiamento, mentre tutto il resto, compresa la ex-sinistra evaporata, rimangono soli con i loro prodotti da poche lire in mano. Ormai inutilizzabili.

Se fossimo stati negli anni 70, i 5S sarebbero durati il tempo di un banchino in piazza del mercato e la Lega sarebbe stata rintuzzata in ogni dove (per inciso, la Lega è oggi il partito più antico che stia in parlamento).

La lotta e gli scontri sociali nelle piazze avrebbero pesato sui partiti in Parlamento (parlamento comunque borghese e dove è impossibile ogni rivoluzione sociale, perlomeno senza un supporto di massa).

Ma oggi tutto questo è scomparso, frantumano, dissolto e anche irriso.

In una specie di eterogenesi dei fini la post modernità potrebbe terminare proprio per mano dei due soggetti più compiutamente figli del postmoderno: una Lega che richiama elementi di sovranità interclassista e un movimento che può allearsi con chiunque dichiarandosi davvero né di destra né di sinistra. 

Oggi una cosa possiamo dire, la sinistra (vedi sopra) è al suo anno zero e non per un destino cinico e baro, ma per aver scientemente bruciato i ponti dietro le proprie spalle e appare oggi a difesa di uno status quo che è l’ideologia stessa della globalizzazione e del capitalismo finanziario.  Una gabbia totalmente irrazionale, da “fine della storia”, quando, in realtà, la storia non è mai finita e poche cose si sono rivelate cangianti come quelle che l’uomo riteneva immobili.

Se questa fine potrà vedere la rinascita di un movimento di massa sociale, oppure aprire un drammatico periodo con gravi rischi solo la storia potrà dircelo.

 

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