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CANTO D'AMORE
( Novo Dolce Stil )
Composto in
Sonetti benedettiani
da
Benedetto CARLUCCI
Atella (Pz), 2010
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Prefazione
L'Autore, pur consapevole dell'immodestia della sua pretesa inyelletuale e letteraria, pensa - ed, in fondo, desidera collegarsi al mitico movimento letterario medioevale, che l'Alighieri definì Dolce Stil Novo. Ma - a scanso di equivoci, riconosce come invalicabili differenze, innanzitutto la «rimatura» dei versi endecasillabi. In secondo luogo, affermando che quello cui Benedetto Carlucci intende dare inizio con la presente Raccolta non possa che denominarsi Novo Dolce Stil, ne sottolinea la caratura di umiltà. Che si presenta come un atto di fede e di continuità nella poesia classica. Alla quale chiama con entusiasmo tutti i rimatori del terzo Millennio.
Dio voglia che siano in tanti a seguire questo nuovo Movimento poetico, al quale il maggior poeta lucano dopo Quinto Orazio Flacco dà voce.
B. C.
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Presentazione
di Giovanni DE PALMA *
Difficile (e, tuttavia, affascinante) per un sacerdote, pur versato nelle problematiche letterarie per naturale inclinazione del suo animo, presentare un Autore non nuovo alla riflessione poetica in tutte le sfaccettature della lirica. Eh,sì: quello che Benedetto Carlucci «canta» è un sentimento amoroso degli oggetti e dalle destinazioni più vari: dal suo «natìo borgo selvaggio», alla religiosità popolare lucana, alla poesia tout-court.
Abbiamo chiesto all'Autore di questa Raccolta - dopo averne letto i Sonetti uno per uno - se egli si consideri un "Iniziatore" del Novo Dolce Stil. A guisa di una specie di Mosé, che apre le acque di un novello Mar Rosso, per farvi traghettare tanti amici-seguaci nella Letteratura lirica del terzo Millennio. O, non, un Capo-scuola superiore agli altri creatori di Sonetti "benedettiani".
Carlucci ha risposto, ad occhi bassi e voce flebile: «Un pò dell'uno ed un pò dell'altro!».
* Parroco di Pescopagano (Pz)
ed animaatore Anspi.
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Ed ecco che pudica s'avvicina ( 1 )
Ed, ecco, che pudica s'avvicina
Silenziosa, incombente Settimana
Anzitutto nell'aura, mentre ognora
Mandorli in fiore uliveggiano cheti
Nelle vigne, che grondano già pace.
E i paesi rallentano lor passi
Guardando sui selciati orme divine
Arrancare per un'eterna Croce
Che da bastone funge nel cammino.
Gonfiansi a noi le palpebre tenaci
Come perenne scotto, che a pagare
Non possiamo evitar di ritornare.
A versare a dogana ostica e cieca
Al dolore di popolo angosciato
Per colpe forse avite (o, forse, meno).
Nella bruma, che contende al sereno
Quest'orizzonte inquieto, intanto, s'apre:
Brano di cielo azzurro, che respira.
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Via della croce cui sempre torniamo ( 2 )
Via della croce, cui sempre torniamo
Quando la Pasqua incombe luminosa
E, ripiegando muti sul passato
Scrupoli lancinanti coltiviamo
Per miserie, che ci assillano in petto.
Un Dio inutile Tu sei proprio stato
Che, con la sofferenza Tua, rimetti
Nostre colpe pentite dal profondo
E che torni a rimettere nel tempo?
Tu inciampi e cadi e tiri avanti tutta
Con lena inenarrabile, infinita
E inquietante, serena debolezza
Ma'l sangue, che vai seminando caldo
Tra pochi amici e tanti ingrati, tanti
Presto s'indurirà su quel selciato
Oggi ignaro di Te, poi forse meno.
Forse domani dimenticheremo
La posizione scomoda di Cristo.
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Nel mezzo del cammin vorrei pur dire ( 3 )
Nel mezzo del cammin, vorrei pur dire
Narrando di mia vita tempestosa
Tristi e amene vicende, che Qualcuno
Forse ha guidato (o no?) nel Suo mistero.
E, chino sulla carta mi ripiego
Leggendo'l segno della penna svelta.
Che affida al tempo, sì clemente e pio
Di questa vita mia, fra tante altre.
Piena d'affetto e slancio per coloro
Che insieme a me percorrono'l sentiero
Pieno di tanti sassi e poco miele.
Vi temgo volentieri, se volete
Con cuor discreto e fervido, per mano
Mentre c'incamminiamo verso meta
Ch'ambiamo dolce in cor, oggi e domani.
Ma, credetemi: soli decidete
S'andar conviene, al bivio, che si para.
Tanto vi dico, acché sia gioia piena.
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Venere d'altri tempi mi sorride ( 4 )
Venere d'altri tempi mi sorride
Ponendo orecchio, a volte, a mie parole
A me, che proprio Adone non mi sento.
E trepida ad accoglier nelle mani
Saetta dolce, che vibra solenne
Ogni volta che mente a lei mi mena.
E spessissimo a lei mena 'l pensiero
Pur comprimendo 'l senno 'l desiderio
Perché sia gioia piena al rivederla.
Vaporosi capelli le incornician
Volto angelico e pieno, che 'l sorriso
poco conosce e che, quand'esso sboccia
D'arcana gioia a me inonda 'l core.
Di Venere, donata a questo palpito
Sempre meno riesco a fare a meno.
Scandisce 'l tempo delle mie giornate
Voce tenera, che galoppa in petto.
Crepuscopo d'un'alba, che già piega.
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Colombi amici che volate lieti ( 5 )
Colombi amici, che volate lieti
Da mane a sera, con fruscìo leggero
Ditemi che vedete, d'in sui tetti
Ognora che spiccate vol sereno?
Eppure vostro regno silenzioso
Paremi pur fatica quotidiana.
Se svolazzo improvviso vi distoglie
Da gradito beccare, che vi nutre.
Placido è 'l vostro tempo purchessìa
Quando amato meriggio scocca ancora.
Eppur panico ingrato vi disperde
Sparpagliando nel cielo amico stormo.
Fuggite alla campagna senza posa
Unendovi a compagni d'ivi alzati
Cui cibo sempre abbonda. Eppure inquieti
Vivete insieme, paghi l'un dell'altro
Per breve tempo. Poi vi ritirate
Nel nido, dove prole ognor vi chiama.
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Cos'è quest'impazienza d'impugnare? ( 6 )
( Risposta a Trufelli )
Cos'è quest'impazienza d'impugnare
Penna e carta per cantare dolenti
I tuoi calanchi franosi ed ancor muti?
Le tue foreste erose da una brama
Cieca e insaziata d'accumular peculio?
I tuoi paesi lindi e decorosi
Una volta ed oggi rincorrenti
Fuochi fatui provenienti dal cielo?
Piegarsi e ripiegarsi, caro Mario
Sui pianti del crepuscolo infiniti
Non giova a questa terra sconsolata
Fin troppo ancora, che ci chiede pane.
La notte de' poeti di Lucania
Sempre di più s'avvia ad alba amica.
E stella del mattin, ch'ormai scolora
Brilla tenue ma viva verso oriente.
E' tempo, ormai, di sciogliere le ali:
Volo solenne ed alto si prepara.
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