Benedicaria

San Giuseppe “u’ santu di puvireddi” in Sicilia


Tra le immagini devote del popolo palermitano e siciliano, quella di San Giuseppe conserva una nutrita devozione per questa figura patriarcale, considerato “padre di provvidenza”.La consuetudine vuole che i devoti onorino il Santo prodigandosi in opere di carità.Proclamato patrono universale della Chiesa da Pio IX e da Giovanni XXIII incluso nel canone della Santa Messa, egli è il Padre, il capostipite, l’artigiano, il protettore degli orfani e degli indigenti, il nume tutelare della famiglia, la guida indiscussa del nucleo sociale fondamentale, il capo della Sacra Famiglia.Non a caso la sua è sempre stata la Festa dei poveri. Una tradizionale e simbolica “tavulata” anima ancora oggi il fervore di tutti i fedeli: viene infatti imbandita una gran tavolata sulla quale sono presentate le più svariate vivande, prevalentemente composte dai piatti tipici che da sempre hanno contraddistinto la cucina povera e genuina della mensa contadina.L’iconografia pittorica ci mostra una figura saggia, con la fluente barba bianca, spirante rassegnazione, come doveva probabilmente essere l’aspetto degli antichi contadini, aspetto che la cultura popolare sente vicina a sé, intendendolo provveditore di tutti i bisogni. In un braccio tiene il figliolo, quasi a mostrarlo compiaciuto, in mano all’altro braccio un giglio bianco “gigghiu di S.Ciusieppi” (adonis cupariana). La leggenda attribuisce a Giuseppe il prodigio della fioritura del bastone che teneva in mano, sulla cui cima sbocciò il giglio.Pur se la Bibbia non dice molte cose sulla figura e sulla vita di Giuseppe, ne immaginiamo il carattere mite e silenzioso, l’onestà, la laboriosità e la disponibilità. Sappiamo anche che visse a Nazareth, cittadina della Galilea, dove si guadagnava da vivere esercitando l’arte del falegname.Sceglie come compagna della sua vita Maria, una ragazza di sani principi religiosi e sociali e dal comportamento irreprensibile. Dopo aver scambiato la promessa di matrimonio, si accorge che Maria è incinta; come uomo prova grande sconforto ma, aiutato dall’Angelo del Signore, è rassicurato, scoprendo così il compito che Dio gli affida: diventare padre di Gesù.La sacra famiglia diventa esempio di modello universale; egli, dopo aver assolto egregiamente il compito della custodia, del sostentamento e dell’educazione di Gesù, muore in modo silenzioso, all’inizio dell’attività pubblica di Gesù, ma la sua memoria rimane come una scia luminosa fra i fedeli dei primi secoli cristiani.Il culto, le leggende, le canzoni tramandatesi lungo i secoli pongono l’accento sul ruolo meraviglioso svolto da Giuseppe, ruolo che si riscontra nella fantasia popolare , così varia e ricca d’intuizioni. Si rappresenta spesso in scene della natività di Gesù, dell’adorazione dei pastori e dei Magi, della fuga in Egitto, ed in tutte le immagini viene sempre effigiato da canuto.La devozione dei palermitani, e non solo, non sfugge alla centralità del Santo, e né è esempio la grande diffusione del nome, Giuseppe o Giuseppina, con i quali i nostri nonni hanno chiamato i loro figli e figlie. In ogni casa dedita al culto del Santo è presente un altarino con tanto d’effige, dedicato al Santo lavoratore. In occasione della sua festa l’altarino verrà addobbato con amorevole cura, per perpetuare l’eterna richiesta di protezione del focolare domestico e della famiglia da ogni avversità.La celebrazione del 19 Marzo, giorno dedicato a San Giuseppe, risale al 1479, a Roma, e nel 1621 fu inserito nel calendario romano universale. Fino al 1977, anno in cui venne abolita, fece parte dello stuolo di festività religiose nazionali. Ma, nonostante la sua abolizione è sempre gran festa e la devozione esplode, manifestandosi con cerimonie e riti e sacre rappresentazioni che a distanza di pochi chilometri da un paese altro, mutano nella coreografia e negli atti.A Palermo (ma non solo) la sera della vigilia è illuminata dalle “vampe”. Dovunque, nei rioni popolari, ove lo spazio lo consente, si preparano enormi falò in cui si lasciano bruciare tutte le cose vecchie di casa.Piccoli pani, detti “cene di san Giuseppe”, si confezionano in quest’occasione e, una volta benedetti, vengono distribuiti ai fedeli.E’ Santo Patrono di diversi paesi della Sicilia (e non solo) e a Lui sono dedicate chiese e cappelle in tutte le diocesi dell’isola, particolarmente in quelle di Palermo e Trapani.Tipica pietanza per l’occorrenza è la “pasta con le sarde” e i finocchietti di montagna accompagnata con un po’ di mollica “atturrata” (tostata), definita, un tempo, “il cacio dei poveri”.(liberamente tratto da: www.palermoweb.com/panormus )