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I "CANNARUZZEDDA" DI SAN BIAGIO

I

Per “gargi” o “cannarozzu mancu” o “fausu” in siciliano s’intende la gola, organo superiore delle vie aeree respiratorie. Esso è composto da varie strutture come la faringe, la laringe, le tonsille, e tutte possono essere interessate da malattie acute o croniche; pertanto in tempi remoti, quando questi mali erano considerati inguaribili e ogni rimedio era inutile, l'ultima speranza rimaneva la grazia divina. Per tale necessità ci si affidava a San Biagio, protettore dei mali della gola, affinché intercedesse con il Supremo specialmente nei periodi invernali.

Non a caso la sua festa ricorre il 3 febbraio, per noi siciliani il mese più freddo. Medico, il santo esercitava la professione in Armenia e per le sue virtù fu fatto vescovo di Sebaste (Sives in Turchia). Fra i suoi prodigi si ricorda, là dove i medici avevano fallito, l’aver liberato un bambino da una lisca di pesce che gli si era conficcata nella gola facendolo rischiare di morire soffocato.

Per questo eccezionale caso il santo assurse a patrono di tali mali e per il giorno della sua festa in molti paesi della Sicilia si offrono per grazia ricevuta dei piccoli pani che hanno forme e nomi diversi: panuzzi, cuddureddi, cannaruzzedda di San Brasi. Questi ultimi hanno la forma di trachea e ad essi vengono attribuite virtù terapeutiche e miracolose.

Per prevenire alcune malattie della gola come l'infiammazione dell'organo o l'angina, nel paese di Patti di cui è patrono San Biagio, si crede sia efficace stringere giorno e notte al collo del malato un filo di spago qualunque, dopo che lo stesso è stato cinto al collo della statua del santo.

Lo stesso spago, se non era servito per guarire, lo si portava come amuleto. Persone di entrambi i sessi e d’ogni ceto sociale, una volta indossatolo, non lo toglievano più, anche se diveniva logoro e sporco. Certe comari usavano attaccare al collo di chi era travagliato da malattia acuta delle tonsille o della laringe, l'immagine di carta che riproduceva il santo o recitare una preghiera: San Brasi, né sutta, né supra! (San Biagio, fa in modo che il male non vada né in testa né al petto, ma esca fuori dal corpo).

Si usava anche, il giorno di San Biagio, portare al collo una collana di “cannaruzzedda di San Brasi” formata dalle conchiglie del mollusco “Dentalium” (Dentalio) che vive immerso nella sabbia dei nostri mari e la cui forma ricorda una piccola zanna d'elefante

Le "medichesse" (maghi di sesso femminile) curavano i malanni alla gola avvolgendosi al dito i capelli del cocuzzolo del malato e tirandoli con un colpo secco. Se il malato non possedeva capelli in quella zona o questi erano corti di lunghezza, la malattia veniva ritenuta incurabile.

I continui sbalzi di temperatura e i colpi d'aria possono provocare la flogosi della laringe nonché l'irritazione delle ghiandole sotto-mascellari. Il nostro popolino definisce questa affezione "stranguggliu, ghiangula", e sembra che abbia una relazione con una ghiandola situata lungo il radio e il cùbito del braccio. Donde il rimedio di schiacciare gli “stranguglioni” (le ghiandole sotto-mascellari) mediante violente frizioni sul polso, eseguite da una mano robusta, con dell'olio di una lampada accesa innanzi all'immagine sacra di S.Biagio, recitando  contemporaneamente un'orazione.

Nel medesimo tempo il sofferente deve piegare e nascondere il pollice tra le dita della mano. La frizione viene eseguita per tre volte, e per tre volte è recitato lo scongiuro, avendo l’accortezza che l'ammalato tenga il pugno chiuso dal lato del pollice e lo porti alla bocca largamente aperta e vi espiri con forza come per eliminare il male dalla gola. Se il malato è un bambino, basta frizionare il polso con il pollice e recitare per tre volte di seguito l'orazione:

in siciliano:
"Li tuli tuleddi, li setti frateddi, la mamma di S. Pietro, 'Ncelica si ciamava, 'Nnomini Patri, Figghiu e Spiritu Santu ! ".

in italiano:
“Le tonsille, i sette fratelli, la mamma di S. Pietro, Angelica si chiamava, Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo!”

Oppure:

La formula che invocava S. Biagio, protettore della gola, doveva essere ripetuta tre volte.

in siciliano:
Tuli, tuleddi i novi fratelli,
li novi all’ottu, l’ottu a li setti,
li setti a li sei, li sei a li cincu,
li cincu a li quattro, li quattro a li ttri,
li tri a li ddui, li ddui a li unu.
A-mmari, a-mmari e non mi nni rregna mmancu unu.
La matri di San Bbrarasi scatinapassi si gghiamava,
la matri di San Bbrasi scatinapassi si gghiamava
.

(….)

(segue formula finale segreta).

in italiano:
Tonsille, tonsille i nove fratelli.
dalle nove alle otto, dalle otto alle sette,
dalle sette alle sei, dalle sei alle cinque,
dalle cinque alle quattro, dalle quattro alle tre,
dalle tre alle due, dalle due all’una.
A mare, a mare e non me ne rimane neanche uno.
La madre di San Biagio scatinapassi
(?) si chiamava,
la madre di San Biagio scatinapassi
(?) si chiamava.

(….)

(segue formula finale segreta).


Fino alle nostre nonne erano in uso, per la prevenzione e la cura dei malanni di gola, diversi metodi empirici. Fra i più comuni vi era il "lazzu di la vipira” (laccio della vipera). Il potere che si attribuisce a questo laccio è dovuto alla bava con la quale viene impregnato dalla vipera durante il dimenarsi prima di morire, appesa per il collo e lasciata all'aria aperta a dissecare. Perché tutto abbia effetto, però, bisogna avere l’accortezza di catturarla un venerdì di marzo.

Poiché e difficile trovare una vipera in quei giorni, si cerca di catturarla comunque, anche in altro periodo, ma la si conserva viva in un vaso di terracotta, alimentandola con della crusca, per poi farla morire e disseccare il giorno opportuno. La testa di questo rettile, legata e racchiuso all'interno di un sacchetto di stoffa sospeso al collo, è un amuleto che previene l'angina.

San Biagio è invocato anche contro i corpi estranei introdotti accidentalmente nell'esofago, nella glottide o nella trachea.

Nella città di Palermo, il giorno della sua festa, celebrata nell'oratorio del Carminello a Porta S. Agata, i devoti si recano in chiesa a farsi ungere esternamente la gola dal Sacerdote, con olio benedetto, o a farsi toccare il pomo d'Adamo con due candele incrociate votata al Santo e benedette, mentre dice:

Per intercessione di San Biagio, Vescovo e Martire, Dio ti liberi dal mal di gola e da ogni altro male. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

(liberamente tratto dal sito: www.palermoweb.com)

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I Padri ti videro in spirito come una grande montagna, o Genitrice di Dio, dalla quale si staccò una pietra che rovesciò gli idoli dei demoni.
Una pietra angolare, non tagliata da mano d’uomo, si staccò da te, o Vergine, montagna non tagliata: Cristo che riunisce le nature separate.
Il profeta ti vide sotto l’aspetto di un monte, o Vergine senza macchia; da te si staccò una pietra gloriosa che salva veramente l’universo.

 

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