Creato da La_Guardiana il 08/09/2007

Beth's World

Tutta l’esistenza è cogliere l’attimo che fugge, che non vuol dire inseguire chi non esiste. In quei giorni sabbatici francamente mi convinsi di aver addomesticato le briglie della mia storia, invece stavo solo facendo una pausa, per paura di crescere, perché, alla fine, mi sembrò, così chiaro tutto. Nella vita si può fuggire da un sacco di cose o affrontarle con coraggio.

 

 

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dipendenzadapubblico

Post n°282 pubblicato il 01 Luglio 2009 da La_Guardiana

Oggi riflettevo su una cosa... Tutti scrivono, suonano, fanno foto, si sentono artisti e onestamente lo fanno spesso senza professionalità e con un piccolo pubblico di amici che li applaude. ma certo hanno un piccolo pubblico. perchè al giorno d'oggi il pubblico è fondamentale, per questo poi la maggior parte delle cose che si leggono, si ascoltano e si guardano è immondizia inenarrabile. Tutti si sentono speciali, tutti devono dimostrare di fare cose fighe, perchè poi di veramente figo nella propria vita hanno poco. Persone che non muovono il culo dal proprio ombelico da una vita si spacciano per viaggiatori, viaggiatori dell'anima. Ma a che vale tutto questo? La nostra anima si è forse così formattata al piacere agli altri che non ci interessa più di ESSERCI, essere nel nostro vissuto quotidiano. Noi insegnanti, prof., siamo una strana categoria. Sempre a dire che siamo mal pagati e sfigati, quando poi il nostro è un mestiere bellissimo, una professione, ed è tale perchè ogni giorno cambia. Ma certo comparire su un giornale, essere una firma importante suona meglio sulla bocca di tutti. Non nascondo che spesso sono anche i familiari a riempirsi la bocca con il sudore del coniuge raccomandato; è il caso di una mia cugina che da quando ha sposato un sicuro giornalista RAI non ci sta più nella pelle, perchè poi pare che i giornalisti siano protetti e coccolati come i parlamentari. Almeno, alcuni di loro. Quelli che la raccomandazione ce l'hanno. Ma quanti in fondo ci credono, scrivono facendo errori di ortografia, perchè la parola emozione è diventato il passpartout per darci diritto a dire e inchiostrare tutto ciò che possiamo? E poi scrivono un emozione senza apostrofo, perchè non conoscono la regola ortografica e grammaticale, che sono due cose ben distinte. Ora è vero che io ce l'ho come deformazione professionale, ma perchè al mondo non esiste un po' di decenza? La letteratura, come il canto, la musica non sono per tutti. Richiedono applicazione, studio, voglia. Richiedono cultura. Io non credo ad uno scrittore che nella sua vita abbia solo letto romanzi molto contemporanei, come un seppur apprezzabile Baricco, senza aver mai letto un classico, senza mai aver amato i Promessi Sposi, che sono così lontani dalla palla che ci raccontavano a scuola. Insomma, Baricco è uno scrittore che ha alle spalle un bagaglio di classici, letture, ha anche i suoi sogni che poi sono stati realizzati, e certo non sarà mai Omero. Oramai Omero chi lo legge più... eppure nei suoi poemi, nei suoi esametri, secondo me c'è l'universalità del pensiero e credere di poter scrivere qualcosa che gli si avvicini mai è sciocco. Ma appunto noi abbiamo bisogno di pubblico, di emozioni, di raccontarla la nostra vita piuttosto che viverla, di viverla nello specchio di quello che vediamo dentro una scatola col digitale terrestre per rendere l'immagine più nitida. Ma siamo davvero convinti che questa sia la vita, sia la realtà? Ora che siamo tutti connessi, siamo ancora così connessi, o siamo solo tanto soli, così soli da voler radunare il nostro pubblico di fedelissimi per rincuorarci? Quando inventeremo qualcosa di nuovo per sentirci noi come un cartone del latte scaduto? Tutto passa, tutto si consuma troppo in fretta, restiamo poi a sera a fare i conti con noi stessi e dopo una giornata passata a mostrarci in pubblico, a comunicare senza dirci niente, ad apparire, prendiamo la nostra moleskine e continuiamo ad inventarci la nostra vita come vorremmo che fosse non come realmente è.
E produciamo solo cose inutili, utili forse solo al nostro ego e ad un pubblico che vuole raccontare di avere vissuto quel momento, di esserci stato, di aver condiviso. Quando poi siamo tutti così tristementi soli, fino a quando il nostro pubblico diventa più importante della nostra vita.

E morendo da sola, mi verranno a prendere perchè si sentirà la puzza per le scale di un condominio anonimo e nessuno riuscirà mai ad accedere al mio pc pieno di password. E nessuno saprà che anche io scrivevo cose inutili che non ho mai pensato valesse la pena di pubblicare [e nessuno ha mai avuto tale desiderio tra l'altro!], anche perchè il mio poeta preferito ha smesso di scrivere quando è diventato un essere felice e amato. Io allora l'avevo chiamato uomo di cartone, ora capisco perchè l'ha fatto, non aveva più bisogno del suo pubblico, ora che aveva una persona d'amare. Se oggi è tornato a scrivere non lo so. Non è più pervenuto in ogni mia connessione possibile tra terra e cielo.

Commenti al Post:
derivalchiarodiluna
derivalchiarodiluna il 06/07/09 alle 08:45 via WEB
...è tutto pienamente condivisibile, ma in particolare una cosa: il fatto che in molti credono di fare gran belle sperimentazioni letterarie o musicali senza rendersi conto che per farlo occorrerebbero specifiche abilità e conoscenze e, soprattutto, un rispetto sacro per letteratura, arte e musica. La dedizione, ovvero il piegare la propria volontà e le proprie risorse in nome di un corretto approccio ad un'arte o ad una professione, dovrebbe portare ad atteggiamenti umili per cui dovrebbe essere ininfluente l'esistenza o meno di un pubblico...vabbuò...io ero venuto principalmente per un "buon compleanno"...anche se apprezzo di più un bel "buon non compleanno"! ciao! :)
 
inattesadi
inattesadi il 12/07/09 alle 12:27 via WEB
Chi è il tuo poeta preferito? Un abbraccio!(passo sempre a leggere Prof)
 
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e farti dimenticare per sempre
i timori del risveglio.
non c'è niente che possa svanire con l'alba
e non mi cercare lontano.
questo mondo è già dentro di te
sorridigli!

Grazie Amore...

 

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LA GUARDIANA

Quando io svegliandomi al mattino entravi
nella costituzione dei pensieri
che in fraseggio infinito compitavano
gli enigmi da risolvere, i sacrifici e i doni
che avrei deposto sulla soglia stretta
del tuo così diversamente ingombro
mattino di fretta e di faccende, da cui
usciva, senza che mai davvero io
la vedessi, quel solito rumore
di porta che si chiude, disperando
di me ostinata artefice di deluse chiavi,
cercavo la mia perduta grazia, quell'infanzia
che in armonia cedevole ascoltava.
Ero colpevole. Di non saper raggiungere
per troppa mira la chiusa morbidezza
del tuo cuore: passando per la mente,
sì, con le parole, le valorose mie nobili
scudiere, cui avevo sempre dato
immenso credito - che a loro era passata
la gloria delle chiavi. E adesso che cos'erano
se non le vuote prove di un avvocato
che voglia impratichirsi del mestiere?
Un'impotente e macchinosa avvocatura
per rendermi ai tuoi occhi, e ai miei,
meno colpevole. Di non saper trovare
la porta che non c'era, quella sognata porta
che ti chiudeva centuplicata in bene,
che anche tu, guardiana stanca, sapevi
che non c'era, ma che anche tu sognavi
sperando che le chiavi, la faticosa
virtù delle mie chiavi facesse esistere
quello che non c'era, che se io avessi inventato
il suono giusto, il giusto combinarsi
di parole, fossi riuscita nella
descrizione, saremmo entrate in due
in quell'invenzione. Per poi scoprire
che il piacere non ha porte e che
se mai l'avesse stanno aperte, che
potevamo allora rimanere fuori
sfornite e arrese tutte e due alla pari
giocando io alla porta tu alle chiavi.

(P. Cavalli)

 

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