Bibliofilo arcano

Canzone di Giovanni Guidiccioni


Con la seguente Canzone di Giovanni Guidiccioni si apre il Parnaso Italiano, Tomo 31, Lirici Misti del Secolo XVI, Venezia 1787 presso Zatta e Figli.Canzone Spirto gentil, che ne' tuoi bei verd'anni Prendesti verso il ciel l'ultimo volo; E me lasciasti qui misero e solo A lagrimar i miei, pi che i tui danni; Pon dal ciel mente in quanti amari affanni Stia la mia vita assai peggio che morte: Mira qual dura sorte Vivo mi tien qua gi contra mia voglia, Acciò ch'io viva eternamente in doglia. Che quando torna a la memoria, quando Torna per me quel sempre acerbo giorno, Che salisti a l'eterno alto soggiorno; Tremo de la pietà, vo lagrimando, Corne morte abbia que' duo lumi spenti, Che i miei lieti e contenti Fecero spesso, ed or di pianger vaghi Non anno in tanto mal chi più gli appaghi. Frate mio caro, senza te non voglio Più viver, nè volendo ancor potrei; Che poi che ti celasti a gli occhj miei, Uom non si dolse mai, quant' io mi doglio; La lingua al duol, e gli occhj al pianto scioglio, Nè creder potrò mai di pianger tanto, Ch'io possa col mio pianto Far palese ad altrui quant' io t' amai; Che le lagrime mie son mena assai. Canzon, vedrai di ricche spoglie adorno Un bel marmo, e d' intorno Errar lo spirto mio, che sempre chiama L' amato nome, e sol la morte brama.