Bibliofilo arcano

Canzone 3


Al Serenissimo Principe Giovan Gastone di Toscana.CANZONESpunta dal mare il Sole, e d' ogn' intornoDe' suoi lucidi raggi il cielo, e 'l suoloLeggiadramente in mille guise adorna.Destansi lieti a salutare il giornoGli augelli intanto, e dolcemente il voloA spiegar per lo ciel l' aura ritorna,E non men quando aggiornaOgni uom riprende le bell' opre usate,Ch' egli avea in pria su l' imbrunir lasciate.Tu nascesti, Signore, e tosto a noiDegl' interni tuoi pregi il chiaro lumePien di splendore apparve altero, e santo:Serena d' ogn' intorno a' lampi tuoiTutta fuori vid' io sovra 'l costumeUman lieta la terra d' onor tanto.Al tuo celeste vantoInchinarsi ogni mente, e non so qualeCosa spirar da te più che mortale.Onde chi fia tra noi, che 'l neghittosoDesir non desti; ed il pensier non sciolgaPel gran sentier d' imprese elette, e rare?Su svegliamoci omai dal vil riposo,Ed ogni nostro sguardo in te si volga,Ed in mirarti, a mirar Dio s' impare;Perchè da te traspare,Qual viva lampa da cristallo, o velo,Un raggio di quel Sol, che splende in cielo.Raggio si bel, ch' al gran Fattore avantePenso, quando egli ardea fuor del suo fraleIncarco uman, che in questa terra il trasse,Fra quelle altere meraviglie erranteCon beltà nuova, ed a poch' altre egualeD' ogni alta mente il guardo a se chiamasse;Quindi avvien, che trapasseAl primo immenso Sol pronto, e leggieroIn contemplando te l' uman pensiero.Qual meraviglia è poi, se della nostraEtà stupor tu sei? Se di sì rareDoti, e valor l' intendimento adorni?Se santo zelo in te di Dio si mostra.Se promette di se l' Alba che appare,Ricchi di gloria i tuoi perfetti giorni?E se per te, che torniSperasi il secol primo, e che fra noiGioisca ogni bell' Arte, e i figli suoi?Né fia vano sperar, che Aprile, e MaggioMai fiorir di più vari, e bei colori,Né farne vago vidi il colle, e 'l prato,Com' ora veggio al tuo celeste raggioFolgorar di novelli alti splendoriLa Tosca Atene, e farne il suol beato;Poiché cortese il FatoIl governo di lei, Signor, ti diede,E tu crescer le vuoi gloria, e mercede.Onde, come spirando amico ventoSovra placido mare, a stranio lidoSenza tema sen va bramoso legno;Così pieno di nobile ardimentoAlla dolce aura del cortese, e fidoTuo favore a qual fine eccelso, e degnoNon s' alzerà l' ingegno?Per te piana è la via, per cui si speraGiunger sicuri a gloria eterna, e vera.Ecco ch'io già per te d' ogni mio fraleLaccio disciolta, un disusato voloPrendo di desir piena, e di speranza;Ecco all'eccelso tuo, chiaro, immortaleLume già m' ergo, e l' uno, e l'altro PoloPremere un dì col piede ho già baldanza,E tanto in me s' avanzaL' alta mia fè, che veder spero un giornoIl nome mio di chiaro lume adorno.Perocché se vapor terreno, e vileCol suo vivo splendor nel cielo il SoleAlza sovente, ed il converte in stella,E se tu di virtude a lui simileOrnato sei, perchè all' altere, e soleDoti tue non avrò sorte sì bella,Pur che, Signor, di quellaAlta luce, onde splendi, un raggio almenoRenda l' ingegno mio puro, e sereno?Canzon mia di Gastone al nome alteroGloria accrescer non puoi; ma giacché adornoD' immensa luce ei fia, che a noi risplenda;In sua memoria almenoPicciola face anco da te s' accenda.Maria Selvaggia BorghiniSaggio di poesie di Maria Selvaggia Borghini, Pag. 9