Bibliofilo arcano

Canzone del Tasso


Canzone del Signor Torquato Tasso alla Serenissima Granduchessa Bianca CappelloImpressa dall'autore alla pag. 112-22 della II parte delle Rime del Tasso in data di Brescia 1593 in 8. col titolo: Le lodi della Granduchessa paragonata con Helena, ec. Riportata a pag. 98-101 della parte V delle Rime del signor Torquato Tasso in Venetia, Deuch, 1620 in 12. ed a pag. 506-7 del T. II dell'Opere di Torquato Tasso in data di Firenze 1724 in foglio. La credo quella canzone che il Tasso richiese all'Ardizio nel 1582, allora in Firenze, come ho ricordato nella mia prefazione alla pag. 2.Talvolta sovra Pelia, Olimpo et Ossa Portò leggiere salme augel volante E sovra il Mauro Atlante E su le nubi, ove mai stral da l'arco Non giunse e non salì turbo spirante, Ma col volo mancò l'ardita possa, Perchè inalzar non possa Peso maggiore e più gravoso incarco. Tal' io, se mai cantando al ciel me 'n varco, Con picciol nome in su l'alzate penne. Veggio sotto le valli e i monti e i poggi. Né cerco ove riposi, ove m'appoggi; Ma dove stilo il vostro honor sostenne, Par di cadere accenno, E s'en alto mi spatio e non vacillo, Mi glorio in ciel tranquillo, Che spargendo gran fama honor s'impetra, E pregio acquista ogni sonora cetra. Ma cantando per voi, sublime Donna, La nobiltà sia fonte in cui si versi Alta materia a'versi: Indi 'l principio s'apra, indi s'ordisca Ogni alta laude e vinca i casi aversi La nobiltà, ch' è del valor colonna, In cui si ferma e'n donna, Perch' altri pur l'onori e riverisca Come origine suol famosa e prisca; Né per contraria sorte oppressa giacque. A voi diè cuna il mare, il mare in grembo V'accolse e nel ceruleo e vago lembo Dove alato leon la terra e l'acque Tiene, com'al Ciel piacque; E fra palme cresceste e pompe et ostri, Degli Avi egregi vostri E 'l vostro morto è un mare, e s'hora il solco,Ritornerò come Giason da Coleo. Altre più vere maraviglie e belle Ond' ha l'etate antica invidia e scorno, Dentro son e d'intorno; Né già bugiarda fama altrui le finse. Né favolosi honori in rime adorno; Non Teti in mezo a l'onde o le sorelle. Ninfe leggiadre e snelle; Non conca o bianche spume, in cui dipinse Greco pittor la Dea che 'l pregio vinse, Ma son vera bellezza e vera gloria. Vero candore, anzi splendor sereno, Ch'abbaglia occhio terreno. Degni di gran poema o pur d'historia, Ch' illustri alta memoria, El bel nome, che piace a' vaghi sensi, Ove s'en parli o pensi, E vero e casto amor di nobil alma, Sotto giudice grande ha certa palma. Che dove il padre Augusto alzò Giovanna, E grandezza di scettri e di corone, Nudo amor voi ripone, Amor grande, amor saggio, amor pudico Che prima non seguì selvaggia Enone; Amor che non si turba e non s'inganna,Ne'l biasma e no'l condanna Mente sublime: hor ceda esempio antico. Cede amante e pastor di farti amico A lui che la Toscana adorna e regge. Giudice di beltà più dotto e scaltro. Che non fu già quell'altro; E s' ella pur lo sprona, ha fren di legge Non tra ruvide gregge, Non tra gli armenti usato e tra bifolci; Ma tra studi più dolci, Che l'alto imperio già non perde in guerra, Ma cresce nuovo onor d'antica terra. E direi non facendo al vero oltraggio. Cedale il domator del reo Procuste, Che d'imprese più giuste Gloria maggior invitto core attende: E son hor quasi oscure e quasi anguste Lodi antiche e lontane al vivo raggio, Di lui ch' è forte e saggio; E se pur l'un da l'altro a noi discende. Né più fama canuta homai contende Ch'alzò quasi dal tempio un bel trofeo, se qual pianta v' ha gran rami et ombra L'antichitade adombra, Siasi eguale al gran Duce il gran Teseo; Né si vanti d'Egeo Per Atene e Fiorenza e i nomi e l'opre, Che lunga età non copre, Ma questo Amor, quanto n'udiro innanzi, E questa fede ogni memoria avanzi. Oh! quanto è più felice il novo esempio, Quanti diversi effetti e'n quanti modi Hanno più chiare lodi, Di quel lungo rimbombo indi raccolto; Indi miriam due rapti e mille frodi, Altari violati et arso tempio, E l'uno e l'altro scempio Di Polidoro tronco e guasto il volto D'Ettore sanguinoso e non sepolto, Di tanti figli orbo e dolente il padre, Schiere in fuga rivolte, accesi legni. Estinti fuochi e non estinti sdegni, E morti e roghi e faci oscure et adre Mesta e piangente Madre, Troia in fiamme conversa a faccia a faccia, Europa Asia minaccia, Son fulminanti duci e sponde a sponde, Venti a venti contrari et onde ad onde. Da l'altra parte il passar vostro all'Arno Bellezza accrebbe e grand'honor gli aggiunge, E due città congiunge: Due famose città fra'l mare e i monti. Tal che non le perturba o le disgiunge Quella discordia ond' io mi struggo e scarno; Ma pur ch' il tenti indarno. Et al cielo alzeranno amiche fronti, E desiri concordi avranno e pronti Presti i cavalli e'n mar le navi e l'arme, Mentre il fiero Ottoman ripone e serba Ne l'alta mente sua l'ingiuria acerba: E dove tromba suoni il fero carme, Perchè huom l'infiammi et arme; Non sia chi più si muova e più s'accenda; E più s'adorni e splenda; Così fermi legami annoda e tesse, Casta beltà ch'alto giudicio elesse. Canzon, tu mai vedrai tra fera turba Donna amata odiosa e vana imago, La ve' adorare il volgo i mostri volse: Ma dove a Marte idolo antico ei tolse, Né falso re v'onora o vero mago, Latrante cane o drago Tra mille suoi devoti e fidi servi, Hor ti raccolga e servi Pudica moglie in lieta pace e santa, Che di candore e d'honestà s'ammanta. Torquato TassoTratta da "Cinquanta madrigali inediti del Signor Torquato Tasso alla Granduchessa Bianca Cappello nei Medici", Firenze, Tipografia di M. Ricci, Via Sant' Antonino, 9, 1871, pagg.39-43.