biglie di vetro

CICUTA CICUTA CICUTA


Seduto sulla panchina nel chiostro dell’ateneo avvolto dalla bruma un po’ oleosa del primo mattino, vedo scivolare figure indistinte, evanescenti nel loro grigiore, rannicchiate nel loro tremore, probabilmente immerse in pensieri che nulla riguardano la lezione da proporre alle menti brillanti che si accingono a nutrire con pazienza infinita.Nessuno mi fa caso, del resto sarebbe troppo complicato e a dir poco faticoso interloquire con uno sconosciuto avvolto nell’ampio cappotto con l’aria più vicino ad un barbone che ad un frequentatore abituale di quella panchina, e ciò mi consente di tirare le mie sottili maledizioni a casaccio sugli oggetti che vedo sfilare: ora un cappello a larga tesa, ora una sciarpa dal colore indefinito, quindi una cartella unta e bisunta che resiste come un otre partoriente alla trazione del guanto di coniglio rivoltato.  Affido quindi alla sorte il mio veleno, sarà trasmesso poco a poco come la cicuta dal servo alla matrona crudele, contaminerà l’insipiente, il reo, l’incapace, la nullità, il ladro di compensi indebiti: pagheranno nel tempo l’aver creato e sostenuto tale pochezza di valori e coraggio, privilegiando arraffare l’arraffabile, duplicando incarichi, consulenze, impieghi, partiture e commedie: lasciandoci a fine pasto l’acidità della tragedia umana.Poi, cambierò panchina….FINE PREFAZIONE