biglie di vetro
pensieri arruffatiATTESA
Giocando con i chiodini di legno
al ritmo del canto delle balene d’agosto
mi sono perso nel pensare ai tuoi occhi, al tuo sorriso, al profumo della tua pelle,
alla morbida dolcezza delle tue labbra.
Il ricordo è ora desiderio,
il respiro è tempo rarefatto nell’attesa di annientarmi nel tuo presente.
(05/13)
(immagine: omaggio a Folon)
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La mia amica Vane, mi ha mandato questo scritto questa mattina che riassume tutta la profondità del suo animo, me lo ha affidato per conservarlo ed io umilmente lo inserisco qui tra i miei modesti pensieri perchè lo ritengo molto bello e toccante.
PS doveroso (non è rivolto a me, ovvio)
MILANO
In una mattinata di cuore
che cuore non ha
riempi i sistemi,
leghi gli umori
miei errabondi.
Il tuo sguardo morbido e sintetico
avvolge gli spazi, miete i sogni
e si apre l'idea dell'attesa.
(04/13)
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Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
(Eugenio Montale)
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RAGNATELE
Guardo il mio Blog abbandonato,
come un diario ingiallito nel cassettone della soffitta.
Fuori si accumula una neve triste,
sgocciola miseria, sulle nefandezze umane.
Negli angoli lontani, tra le travi annerite, scorgo ragnatele strappate,
cumuli di sporcizia a velare improbabili colpi di genio.
E' un freddo strisciante, che ghiaccia lampadine colorate,
in un Natale che sta perdendo il sorriso dei bambini:
sotto i colpi bestiali della demenza nichilista.
(12/12)
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PRIMAVERA
Una mattina di primavera,
tra le tende annerite dal fumo del camino spento dell’inverno,
ho visto bussare alla porta, il destino.
Mi chiedeva dove avessi nascosto la favilla dell’entusiasmo,
attonito guardava nella penombra del mio animo
incurante del profumo intenso di cera liquefatta.
Rovistava le carte disordinate ammassate sul tavolo antico,
segnato dai graffi di unghiate disperate;
guardava i segni nel fondo dei paioli
anneriti dal lento sobbollire di minestre rapprese.
Cercava gomitoli colorati, ingrigiti dalla patina uniforme dell’apatia
e dalle molle indolenza ritmata dal tocco liquido di un rubinetto incrostato.
Spaesato chiedeva con occhi preoccupati,
ove avessi sepolto l’arcobaleno che mi aveva donato,
dove fossero i talenti affidati nella magnanimità
della scintilla di vita.
Sotto un barba irsuta gli permisi di leggere
la curvatura della fatica,
la lotta inefficace nel perseguire il bene,
il consumo inesorabile dell’animo
nel trascinare la stanchezza di una vita coraggiosa.
Non proferì parola,
aprì la bisaccia e tendendo le mani
mi donò un cucciolo sorridente
che chiamai Speranza.
(03/2012)
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