Torn & Frayed

XI


 
Undicesimo giorno di navigazioneTrascinato da un pensiero improvvisomi girai verso Osterberg :"Dove accidentiè finito l'indigeno che è arrivato sullanave?". Anche Lui si girò con il voltoa destra e sinistra, poi scosse la testa :"Vi stavo ascoltando, Capitano. Non hofatto caso all'indigeno." Mi rivolsi mutoalla mia ciurma ma ne ricavai soltantosguardi imbarazzati e cenni di diniego.Da tutti, tranne che dal vecchio, attentoStacy. Notai che stava annuendo con il capo mentre Tutti gli altri si guardavanoi piedi. "Stacy" Vibrai "In nome di Dio,dov'è finito quel selvaggio?". Con calmail vecchio non mi ricambiò l'angoscia ma indicò con l'indice sollevato un sentierino che si apriva quasi invisibilealle nostre spalle e si perdeva più su,fin quasi alle pendici del malefico vulcano.Rimasi attonito. "Padre, dove porta quelladannata traccia? Non arriverà fino sulvulcano?". Reynolds mi scoccò uno sguardovacuo e rispose stancamente :"Proprio così.Un tempo, prima che emergesse quella cosa,conduceva al Monte Dyarnai. Ma adesso ilMonte Dyarnai non esiste più. è stato sostituitodalla maledizione di quest'Isola. "Al diavolo"Feci. E mi avviai per il sentiero con il cuore in gola e il passo veloce. Non mi preoccupainemmeno di lasciare indicazioni a Osterberg,talmente convinto ero che buona parte del mistero si celasse nella scomparsa improvvisadel Selvaggio. L'ascesa era tortuosa e quasiinvisibile, coperta com'era dalle nubi basse edalla giornata torva. Più di una volta mi ritrovaia oscillare pericolosamente sull'orlo di piccoliabissi, sufficienti a frantumarmi, nell'eventuale volo, una gamba e a lasciarmi a boccheggiaredal fondo di una rupe. Ma, incurante dei rischi,procedevo a grandi balzi, evitando pietre ecollinette di terra e continuando a premermi sul viso il fazzoletto, accerchiato com'ero daimiasmi dell'eruzione. Procedetti così per diversedecine di minuti, pur rendendomi conto chele mie forze stavano venendo meno e l'ariasi faceva vieppiù irrespirabile. Fu proprioquando la mia resistenza fisica stava andandoin pezzi che sfociai in un dolce avvallamentodove le esalazioni mortifere sembravano nonristagnare. Si trattava di un minuscolo anfiteatrocircondato da alte colonne di basalto e cosparsosul terreno friabile da frammenti di mica. Fu lì che,esanime al suolo, ritrovai l'indigeno che avevasolertemente abbandonato il campo di PadreReynolds. Stava disteso a terra, ai piedi di unrozzo tabernacolo, dentro cui si stagliava la formadi una statuetta, i cui tratti mi ricordarono quelli di una Madonna selvatica. Mi avvicinai e scossiil fellone schiaffeggiandolo ripetutamente per farlotornare fra i Vivi. Dopo un po' i miei sforzi ebberosuccesso e l'indigeno sollevò le palpebre, mettendoa fuoco ciò che lo circondava con un misto didesolazione e terrore. "Allora" Gli intimai "Adesso mi dirai tutta la Verità o Ti scaglio fuori da questoposto, giù lungo la rupe!". Lui, dopo un primo istantedi perplessità, si accoccolò con le braccia intorno alle ginocchia e prese a scrutarmi solenne e distaccato."Va bene, Capitano. Saprai la mia versione di questoCataclisma, se prima non ci travolgerà la maledizioneche la Terra ha sempre avuto in serbo per Noi!".