Torn & Frayed

XIX


 
Diciannovesimo giorno di navigazioneRisalì con il mio equipaggio, lentamente, allaluce del sole ma in Noi non v'era eccitazione per la Pugna, né curiosità per quello che ci saremmo trovati di fronte. Sapevamo che entità diaboliche dovevano essere all'opera là fuori e le nostre Forze si erano consumateimprovvisamente nella Paura e nell'Attesa.Ricordo che eravamo alla sommità della scalaintagliata quando ci fermammo Tutti, tendendol'orecchio all'affievolirsi degli spari intorno a Noi.Rammento che respirammo Tutti all'unisono di sollievo quando percepimmo chiaramente gliechi della Battaglia farsi più lontani e indistinti.Mi sovvenne, a quel punto, il ricordo di Pietro,che aveva tradito il Signore per ben tre volte prima che il gallo cantasse, e trattenni a stento le lacrime. Ci stavamo comportando da vigliacchi,lassù, ammassati come dei pecoroni, ad attendereche la battaglia si allontanasse dalle terre intornoper uscire placidi e giulivi a raccogliere il frutto marcito della nostra Ignavia. Fu allora che raccolsile sparse energie che ancora mi rinvigorivano gli stracchi muscoli e diedi un balzo attraversando la trincea naturale che conduceva al buco nella terra, rifugio del Frate. Ero, finalmente all'apertoe l'aria greve dei miasmi del vulcano subito mi investì con ferocia. A peggiorare le cose s'era alzata una fitta nebbia dal mare che avvolgeva il paesaggio rendendolo informe e confuso. Nonriuscivo a definire i dettagli di ciò che mi stava di fronte: l'unica cosa che mi appariva lievementedistinguibile era una figura umana con una colubrinasulle spalle, china su una specie di fagotto e intentaa qualche forse innominabile attività. Intorno si stendevano i prati di quella bizzarra brughiera e anima viva pareva punteggiarla. Mi girai e trovaila crew saldamente vicina che seguiva il mio sguardo in direzione dell'unica figura umana attiva nell'erba. "La sta spogliando." Mormorò Foster.E di questo, infatti, si trattava. L'individuo, di cui si indovinava solo il lercio, ampio cappello sulleventitré e una lurida giubba biancastra sopra stivali altissimi era intanto al più squallido dei commerci: depredare un cadavere. Noi, trasfigurati,seguivamo il procedimento senza avere la forza di muovere un passo per fare cessare quello scempio.Tranquillamente il delinquente riuscì a terminare ilsuo lavoro, poi, a nostra sorpresa, si caricò il fagottonudo e inanime sulle spalle e si avviò versò il bordodella brughiera. Per tutto quel periodo non aveva dato cenno di notarci e anche adesso, che camminava sveltomalgrado il peso del cadavere, egli continuava tranquillamente la sua marcia, fischiettando e accendendosi la pipa. Senzache ci fosse bisogno di dire nulla Io e i miei Uomini prendemmo ad avanzargli dietro nel silenzio più assoluto, standogli a una distanza di una ottantina di metri. Unanuova consapevolezza si era impadronita di Tutti Noi:forte era il desiderio di punire quel malfattore, ma, ancorapiù urgente era la voglia di chiarire cosa si celasse dietroquello spettacolo terribile e dove stesse per finire quel cadavere.Perché di una cosa eravamo certi: il losco personaggio chestavamo pedinando in mezzo alle nebbie e ai vapori saturinull'altro era se non la retroguardia di un avamposto dell'Orrore,che, ormai, stava per rivelarsi ai nostri occhi in tutto la sua infernale evidenza.