Torn & Frayed

XXXV


 
Trentacinquesimo giorno di navigazioneDal passo fu una discesa lenta e macchinosa, inframezzatada pesanti difficoltà e fastidiosi contrattempi. La fatica diportare le scialuppe sopra le teste su un tragitto così ripidosi fece rapidamente sentire e, in breve, fummo tutti esausti,ammaccati e digrignanti. il lussureggiante paesaggio ci transitava a fianco senza che potessimo fermarci un attimo a considerarlo. I Bucanieri e il mio equipaggio si davano manforte l'un l'altro ma mantenendo un silenzio ostinato e gravidodi conseguenze e tensioni inespresse. Lontani erano ormaii tempi in cui un certo cameratismo avrebbe potuto installarsi.Ora i Miei Uomini e i bizzarri cannibali si guardavano in cagnesco pur sostenendosi a vicenda, e parevano non vederel'ora di approdare sulla pianura per definire meglio i conti e irispettivi ruoli. Io, mano a mano che l'approdo alle Terre Bassesi avvicinava, stringevo sempre più spasmodicamente la mia arma nella tasca e non Mi staccavo da Padre Reynolds, quasiattendendo da Lui il segnale per definire meglio le cose conStringfellow. Reynolds, dal canto suo, scendeva con passo elastico e determinato, aiutando di tanto in tanto, ma mantenendosi generalmente fianco al sentiero, immerso neisuoi pensieri e lanciando occhiate come saette tutt'intorno.Fratel Geremia lo seguiva sulla sua lettiga e sembrava unuomo soddisfatto, con le palpebre semichiuse e gli scossoni della discesa che appena lo inclinavano e nemmeno lo infastidivano. In un guizzo mi passò attraverso il cervello chestessimo tutti portando un curioso Monarca verso le sue Terre,e che avessimo fatto un grottesco giro in circolo solo per tornareal punto da cui era iniziata quella tragica storia. Fu verso mezzodìche la strada sotto di Noi divenne improvvisamente morbida erettilinea e ci accorgemmo che la nostra perigliosa traversata erasul punto di concludersi. Davanti a Noi trovammo l'Oceano adaltezza d'uomo e una magnifica distesa di noci di cocco che nonimpiegammo molto a saccheggiare. Quindi, distesi, facemmo unampio spuntino approfittando anche delle provviste che avevamomesso da parte. Disseminati qua e là, come sacchi di patateabbarbicati al sole, tutti gli uomini parevano indicibilmente pacificimentre mangiavano, bevevano e ruttavano in compagnia,scambiandosi rapide opinioni e cercando di scherzare attraversola tensione incipiente. Io, del resto, capivo che era un bel quadrettoma che non sarebbe durato a lungo. Vedevo Stringfellow girareamabile e tentare di circuire i miei uomini con battute ad ampioraggio che, però, lasciavano solo un sapore greve e di zolfo adogni cadenza di parola. L'ipocrisia più bieca era in atto. Quandola calma, che pare sul punto di ottundere i sensi, si era quasistabilita, ebbene fu allora che Mi scambiai un'occhiata con PadreReynolds e misi la mano sul calcio della pistola avvicinandoStringfellow e un suo bieco tirapiedi di nome Newman. Chiesi un po' di fuoco per la mia pipa e lo ottenni dal Capitano. "Pareche le cose si mettano bene, vero?" Sussurrai passando lo sguardo da uno all'altro. Newman mi sputò ostentatamente suglistivali e disse che dovevamo ammazzare i due preti prima di prendere il largo. "Come mai" replicai "Non volevate interrogarli,e comunque portarli con Noi?" "Non c'è più nulla da sapere" FeceNewman "Tranne che state cospirando per non farci lasciare questa porca di Isola e ributtarci nel pozzo dove Loro ci hannotenuto per trent'anni". Fissai Stringfellow e vidi che anche Lui annuiva ieraticamente allo sproloquio del suo tirapiedi. Fu proprioallora che Mi decisi e cavai l'arma dalla cintura appoggiandolaalla fronte di Newman.