Torn & Frayed

Giorni a Terra. I.


 
Giorni a Terra. I.Ero sbarcato da alcuni giorni e mi godevo una vita difficilenel porto di N. Non avevo voglia di darmi ai bagordi piùestremi, né di restare fermo a visionare le mie ultime avventure con gli occhi spalancati e la mente rovinata.Così oscillavo tra perdizione e salvezza, rancore e unainsana, e inspiegabile Felicità. Gli eventi trascorsi su quella bizzarra isola Mi avevano spento l'entusiasmoma non la voglia di capirci qualcosa di più, in qualunquemaniera possibile. Così, mentre le caraffe di perfido ginsi susseguivano davanti ai miei occhi sull'orrendotavolaccio, i miei pensieri facevano a gara per vincermie sfuggire al rigido controllo della Fede. Immagini di demoni sotto connotati di pirati cannibali si mescolavanoalle fattezze, quasi delicate nella Morte, di Fratel Geremiae alla robusta costituzione di Padre Reynolds. Poi apparivano i volti da sfinge degli Indigeni, la loro ineffabilità e imperscrutabile Volontà, mescolati allerapide esplosioni di superstizione e violenza. Tutto Mi si presentava come un rompicapo assoluto e un tragico indovinello. Un nodo che non ero capace di scioglieremalgrado il liquore mi scorresse nelle vene e abbassassela soglia della malevolenza e del rancore, liberando la mia mente da preclusioni e pregiudizi. Nulla. L'Isolaera scomparsa insieme al Capitano Stringfellow e al suo equipaggio, insieme a Fratel Geremia e i suoi segreti. Insieme ai Miei poveri Uomini, massacrati lungo quella spiaggia in quel pomeriggio sciagurato.Rovesciai per distrazione il bicchiere mezzo colmoche avevo davanti agli occhi e decisi che era il momento di lasciare l'atroce taverna che Mi avevaospitato, solitario, sino a quell'ora avanzata delgiorno. Pagai i miei conti e Mi diressi barcollanteverso l'ingresso, protetto dal sole estivo con una ramaglia di vimini contorti. La superai e fui in strada.Marmocchi giocavano a inseguire una vecchia ruota,mendicanti allungavano la mano scrofolosa, emercanti vendevano le loro mercanzie a ogniangolo della piazza, sormontata dalle ombre lunghedegli edifici dai tetti triangolari. Mi fermai un istantecercando di mettere a fuoco la scena ma la testa Mi girava così fui costretto a sedermi sulla ruvidapavimentazione del marciapiede facendomi ariacon il cappello di paglia. Ero sbadato e confuso e tutta la Realtà della piazza con la sua vita in pieno fervore mi riusciva come intravista attraversoun cannocchiale rovesciato. Con la stessa sconvolgente precisione di dettagli e lontananzadi vista Mi provocava conati di vomito e un potentissimo mal di capo. Gli occhi Mi si stavanoincrociando quando una bambina di non più di dodici anni si avvicinò e mi porse un grappolo d'uva. "Come sta, Signore?" Mi chiese, arricciandodeliziosamente il naso. "Così così, bambina mia,ho un po' di vertigini ma se resto seduto per qualche minuto Mi riprendo in fretta." "Davvero?"Fece la magnifica creaturina "Ho visto tante personeche dicevano la stessa cosa e che sono rotolate in mezzo alla piazza." "Non sarà il mio caso, Te l'assicuro."Risposi, ringraziandola e cominciando a piluccaregli acerbi acini fuori stagione che Mi aveva porto.Poi la osservai meglio e notai che doveva essereun indigena, per tratti somatici e indumenti indossati.