Torn & Frayed

Giorni a terra. II


 
Giorni a terra. IIDopo essermi ingozzato di quella pessima uva mi appoggiai al muroscrostato di una casa e serrai gli occhi, cercando finalmente di calmarele visioni che ritornavano prepotenti a incrinarmi la volontà e a sporcarmii sogni. Da lontano osservavo, come attraverso una nebbia, la piccolaindigena impegnata sobriamente nel suo commercio. E pareva pure avere un discreto successo, con un pigiare di clienti intorno alla suapostazione. Fu solo allora che Mi accorsi che non era sola ma accompagnata da un altro ragazzino, più o meno della sua età maancora più minuto, con lunghe braccine sottili e una testa quasi troppogrande per essere sostenuta da un corpo esilissimo. Ormai l'intontimentointorno alla mia persona si stava allontanando e così potevo decifraremeglio la vita che pulsava ininterrotta su quello spicchio di terra, con il viavai di compratori e l'intenso agitarsi dei venditori, spesso piccoliquanto la mia coppietta, ormai preferita. Dopo un quarto d'ora passatoa crogiolarmi al sole mi alzai ritemprato e mi diressi in direzione deidue ragazzini per scambiare due chiacchiere. Provavo un'innata simpatianei loro confronti e dietro i loro occhietti sottili potevo decifrare lo stessosentimento verso di me. Presi un mango e lo soppesai con cura mentreosservavo caschi di banane, pompelmi, avocado, e quant'altro quel bendi Dio di bancarella potesse offrire. "Come vanno gli affari, ragazzi?"Chiesi, tanto per domandare qualcosa. Loro annuirono entrambi con il capo e si misero timidi "Molto bene" Mi fece il piccolino con occhi che ridevano. "Da quanto tempo vendete questa roba?" Feci. E la ragazzinami rispose :"Da quando è morto nostro padre. Nostra madre era giàmorta da tempo e abbiamo dovuto arrangiarci, non arriviamo dai Dintorni,veniamo da un'Isola." A quella fatidica parola Mi sentì borbottare la coscienza, come ogni volta che sentivo parlare di isole. Proprio perquella ragione sbiancai in volto e sorpresi i ragazzini, che mi fissaronopreoccupati. "Nuestra Reina De Gandolfo?" riuscì a sussurrare in modotale da farmi appena udire. "Oh no, molto più lontano! è un isola in mezzoall'Oceano con un grandissimo vulcano. Qualche mese fa è esplosoe il nostro Pastore ha detto che si trattava della collera divina per inostri peccati." "Pastore? Un certo Padre Reynolds?" Interloquìtremando. "Sì, proprio così! Lo conosce? Lo sa che è ancora a terra,proprio in questa Città. Un giorno ha fatto venire una grande barcache ha preso a bordo Noi orfani e ci ha condotti fino a questa Cittàper essere affidati a istituti oppure trovare sistemazione dentro dellefamiglie e poi lavorare. Così è successo a noi. Siamo stati, come si dice? Adottati da due vecchi senza figli che avevano il banchetto proprio qui, al mercato. Ci hanno insegnato come fare e siccome Loro non erano più in grado di gestire questo, come si dice, commercio, ci hanno insegnato e adesso siamo qui, al loro posto."Il piccolino si inserì nel discorso :"Mio papà ha la gotta e Mia mammasi è rotta una caviglia." Annuì severamente." Cercai di ricompormi e di fare affluire sangue alle mie guance agitandomi il cappello sulla faccia, ma il colpo mi aveva preso in pieno. "E dove si trovaadesso Padre Reynolds?" Chiesi dolcemente "Ah, è in affitto inun appartamento di Salinas, fuori dal centro. I Bambini sono tuttidentro Istituti e Lui va lì tutti i giorni per capire come vanno le cosee se può piazzarli a una famiglia o farli lavorare comunque." "Avrei piacere di parlare con il Pastore...Io e Lui ci conosciamo da.....qualche tempo. Sapete sicuramente come arrivare da Lui...""Sì, lo faremo. Sarà contento di vederla, Signore...Lei è simpatico!Ma prego, non compra la frutta? E non abbiamo solo quella! guardiqui: abbiamo statuette intagliate a mano dai nostri....ehm...artigianidell'Isola. Le abbiamo portate con Noi. Erano nostre. Guardi questa,per esempio...." E sollevò la statuetta della vergine. La stessa che era andata distrutta nello scontro con i Bucanieri. MI sentì mancaree dovetti appoggiarmi a un portone. II