Torn & Frayed

Giorni a terra. III.


 
Giorni a terra. III. I bambini mi osservarono sorpresi mentre facevo fatica a riprendermi e sputavosilenziosamente in un angolo. Poi, con un grande sforzo mi ricomposi e tornaida loro per cercare di dipanare la matassa di quell'enigmatica coincidenza."Intendi dire che statuette come queste sono normalissime sulla vostra isola,intendi dire che le producete...mi capisci?.....in grande quantità?" "Certo" Fecela bimba grattandosi il naso "è stato Padre Reynolds a insegnarci come fare.Usiamo la lava del vulcano e la scolpiamo finché non viene fuori la statua.Padre Reynolds dice che è un...dono del Signore attraverso le nostre dita.Noi ci limitiamo a copiarle da altre statuette, e quello che viene fuori èil...prodotto finale. Così ci ha detto Padre Reynolds." Mi sentì avvamparedi rabbia verso il Pastore: non solo stava spargendo i bambini per gliorfanotrofi della città della costa, ma si era messo anche a sfruttare illoro lavoro, forse per ricavarne vantaggi economici. La più squallida delleprospettive. Mi tirai indietro poiché l'afflusso di clienti si stava facendomassiccio e stavo intralciando il normale svolgimento degli affari. Guardaiancora una volta quei due piccoletti impegnati severamente e seriamentenel loro lavoro, poi Li salutai con la mano e mi allontanai, con la mente ancora scossa, verso casa, dove speravo di mettere un po' d'ordine aimiei pensieri in libera uscita. fu all'angolo di Lewis con Daffidols che andai a sbattere contro un imponente figura che, come me, stava svoltando l'angolo. rimbalzai contro quel corpo robusto e andai a finire diritto inmezzo al fango che riempiva ogni viuzza di quella Città maledetta. Non imprecai nemmeno e mi risollevai laboriosamente mentre l'individuomi aiutava porgendomi la mano e traendomi a sé. "Mi spiace" mormorò"sono appena uscito da una bettola e credo di non avere calcolato benei miei passi." Lo osservai mentre mi rialzavo: aveva, come me, un cappellacciocolombiano a coprirgli buona parte del volto e, sul momento, non ne decifraiper nulla i connotati. Feci appena in tempo a notare l'enorme complessionedel suo fisico e la barba bionda striata di grigio che gli dilagava da sotto ilmento ma non mi parve, al momento, nessuno di familiare. Fu quando silevò il cappellaccio per scusarsi che mi lasciai andare a una imprecazionedi gioia. "Phillips" urlai felice "finalmente qualcuno". Ormai eravamo l'unodi fronte all'altro e anche Lui mi abbracciò gioiosamente, smoccolando in maniera pittoresca :"Capitano Thompson, pare ieri che ci siamo lasciati!"Era il mio gabbiere. Il poderoso Grant Phillips. L'ultimo uomo che si era arreso al disarmo della Tommy Cruiser e al suo andare in cantiere persollecite riparazioni. Lo ricordo ancora a piangere come un bambino ea darsi d'attorno per salutare tutti i suoi ormai ex compagni di equipaggioe il suo comandante nella persona del sottoscritto. Non vi sarebbe statomotivo di spargere tante lacrime dopo un viaggio commerciale su unarotta appena un po' eccentrica, ma l'incontro con l'Isola aveva forgiatola nostra unione e l'aveva resa solida come il ferro. Poi, la battaglia contro i bucanieri cannibali l'aveva vieppiù consolidata e trasformatain una alleanza per la vita e per la morte. Quando, con un quarto dell'equipaggio abituale, eravamo approdati alla nostra destinazioneoriginaria nemmeno la rabbia dell'armatore ci aveva scombussolato,e il fatto di essere pagati una miseria rispetto all'accordo originario non aveva inficiato la soddisfazione per il coraggio dimostrato e laforza di avere messo il richiamo del Signore verso i più miseridavanti agli interessi commerciali e di bandiera. Così ci eravamosciolti: ognuno a cercare la bettola adatta per affogare nel gin enella birra rossa i tanti rimpianti e rammarichi per non avere fattoabbastanza per i poveri derelitti dell'Isola di San Juan de Réunion.Pure Io che, come già ho avuto modo di scrivere, non inclino allasbronza malinconica o all'affogare i dispiaceri nelle diabolichebevande ad alta gradazione, mi ero lasciato andare e ora stavo difronte a Phillips a gambe larghe, lingua impastata e occhio torbido,pronto a sentirmi rimproverare da quel vecchio amico per il mio stato precario. Ma così non fu. Grant mi prese semplicemente sottobraccio e ci accompagnammo fuori dai vicoli fino a una minuscola piazzetta interna con tanto di pozzo al suo centro.