Torn & Frayed

Giorni a terra. XIV.


Giorni a terra. XIV.Gironzolammo attorno al "Lebanon" per un bel pezzo, studiandoloe prendendone le misure con silenziosa attenzione. L'ultima parte dell'equipaggio stava sgomberando lentamente mentre sulla coffarestava solo quello che poteva essere l'armatore e il suo capitano,impegnati in una conversazione serena e distaccata, quanto possonoessere le nuvole di fumo. Non indugiammo oltre e ci portammo sottoil Legno continuando ad osservarlo con apparente noncuranza sottoun reale, vivo interesse. Al momento l'armatore, un omino basso e corpulento che nulla aveva nei tratti del libanese, ci ignorò bellamente.Poi, finalmente, quando ebbe scambiato anche l'ultima parola con il suo dipendente al massimo grado, abbassò gli occhi su Noi tre, che eravamo persi tra le superbe velature del due alberi e non staccavamo,al contempo la curiosità verso il signore appollaiato in coffa. Lui, senza dire motto, cominciò laboriosamente a scendere per la scalettae, una volta raggiunto la solidità del molo, prese a dirigersi verso di Noi, dopo essersi acceso, con molta calma, una pipa in madreperlae avere accennato alcuni passi di una buffissima, involontaria danzanelle scarpette che parevano essergli parecchio scomode. Venutonella nostra direzione, prese a parlare come sovrappensiero in un accento nasale ma non fastidioso. "Delle calzature si occupa mia moglie, e quante volte gli ho detto di prestare attenzione. Ma, niente,sbaglia sempre di un pezzo di misura e Io Mi ritrovo a camminare dentro una bara di chiodi." Esalò con fare cogitabondo. "Le scarpee le donne hanno sempre la stessa misura: scomoda". Se ne uscìOsterberg per offrire il destro al simpatico ometto. "Attenzione! Non sarai mica uno di quei peccatori sventurati sempre a caccia di sottane, figliolo! La tua battuta è gradevole, ma rivela una comunanza con quel demonio chiamato Femmina che non può non farmi sollevare un sopracciglio." Osterberg era sul punto di rispondere nello stesso tono scherzoso quando sollevai la manoe Mi feci notare dal piccolo armatore. Era tutto molto bello, ma sentivo (a proposito di Demoni) di avere il Diavolo alle calcagna e una gran fretta mi pungeva i piedi e le parole. "Chiedo scusa, Signore. Ma la bisogna dovuta a talune circostanze Mi impone di essere lievemente sgarbato e di chiederle se questa goletta è di sua propria appartenenza. Io sono il capitano EmeraldProctor Thompson." E gli allungai la mano con sollecitudine.Il Tizio, come sorpreso di essere stato interrotto nel suo scambio di motteggi con il mio Secondo, Mi sogguardò sornione dal basso verso l'alto, come studiandomi. Poi, dopoqualche eterno secondo ricambiò la stretta presentandosi come il Dottor Joshua Albert Dawson, armatore nonché proprietario del "Lebanon" in questione. Stemmo per un momento indefinito a scrutarci con allegria e circospezionepoi il Dottor Dawson chiosò (evidentemente soddisfatto) la proposizione di Osterberg un'ultima volta. "Sempre meglio che camminare a piedi nudi, figliolo. Sempre meglio."