Torn & Frayed

XIII


La Casa di Paglia XIIIMatteo Giustiniani fissava Emanuele Radice con uno sguardoindecifrabile. Sembrava sul punto di scoppiare a ridere ma la suagrinta era quella di un gatto selvatico che incroci un cane randagio.Avevano appena finito la partita a whist e il medico si accingeva ad accendere un sottile sigaro brunito. Lo schizofrenico digrignava i denti di fronte alla compostezza e all'aplomb del suo dottore. Eranoseduti sul balcone dell'ufficio principale e dominavano la sera che calava sopra le vigne e gli orti della Casa di Paglia. "Che significatutto questo?" Proruppe Matteo "Sembra che non hai nessuna curaper il nostro nido. Sei stato arrendevole e bonario con quel coglionedi Maccani. Perché non gli sbatti in faccia la verità. Io so benissimoche non abbandonerai mai questo posto." "A ogni cosa il suo tempo.Non conviene essere precipitosi. Il giovane questore si deve metterein trappola con le sue stesse mani." Mi hai umiliato, offeso, messoin un angolo. Non hai opposto la minima resistenza alle parole di quel cialtrone." "Mi serviva dimostrare che non ho favoritismi verso nessuno.""Ma così mi hai screditato davanti agli altri. Hai corso il rischio di farmiperdere tutto l'ascendente che ho sui miei compagni." Emanuele Radicelasciò sfuggire dalle labbra una nuvoletta azzurra: "Maccani aspetta soloche innalziamo un muro per poterlo abbattere facilmente. Il nostro gioco,Matteo, è di sgusciargli fra le dita, dilazionare, portare avanti una battagliadi logoramento. Fare in modo che gli africani stiano il più possibile in paeseelevando il livello di tensione. Dobbiamo provocare rabbia, insofferenza,attizzare vecchie paure e ottenere l'appoggio più ampio possibile dal sindaco, dai consiglieri comunali, dai liberi professionisti, dalla gente comune. Non è nelle mie corde un simile atteggiamento ma non vedoaltra via d'uscita. Non lascerò che Maccani mi soffi la Casa di Pagliasotto il naso. Al tempo stesso dovevo dimostrare che non ero un fantoccioeterodiretto da un Masaniello schizoide. Necessitavo di metterti apparentemente nell'angolo. Io sono l'uomo che il questore dovrà affrontare. Tu sei solo la mia anima nera." "A evocare i mostri, Emanuele, c'è il rischio che sfuggano al tuo controllo." Ribatté sornione il Giustiniani. "Io parlo con loroe loro mi seguono. Potrei dare l'assalto al tuo splendido ufficio, dottore, efare a pezzi la tua amata segretaria che tanto mi sopporta. Si camminatutti sul filo, Radice, ricordalo." "Questi non sono discorsi da matto, ma da terrorista." Replicò flebile ma apparentemente saldo il direttore. "Nonsai il mio grado di instabilità. I tuoi parametri sono insufficienti. Matteo Giustiniani per te rimane un enigma. Ho visto cambiare ogni mese la diagnosi sui miei disturbi. Cos'ero una volta, ricordi? Ciclotimico bipolarecon tendenza all'autolesionismo. Poi, Paranoico grave con inclinazionisadiche e violente. Depresso cronico con vocazione al ritiro. Infine (E viha fatto tutti contenti) schizofrenico conclamato con probabile ipossiaal momento del parto e bias distorsivi nell'attimo del giudizio. E questesono cose che mi hai rivelato tu, Emanuele. Non so per quale scopoma posso immaginare con quale retroterra. La sindrome da figlio unico,una solitudine sconfinata, l'avversione da parte dei colleghi e la mentalitàdello scacco eterno ti hanno portato verso il sottoscritto, anche se giochia fare il dominatore e lo psichiatra integerrimo. Sei dentro una scatola,dottore, e le pareti si stanno chiudendo. Già ti avrebbero schiacciato se non vi fossi Io a contenerle."(Continua)