Torn & Frayed

XVII


La Casa di Paglia XVIIIl questore Maccani andava avanti e indietro per il suo ufficio. Attendevaqualcuno e questo Qualcuno si faceva attendere. Aveva parlato al telefono con Radice che gli aveva promesso un'ambasciata entrole diciannove di quella sera. L'Ufficiale aveva guardato tutti i suoi sottoposti evaporare e ora insisteva ad aspettare. Fu verso le 19.10che udì dei passi sulle scale e poi farsi vicini alla sua residenza. Avevalasciato dire al custode di lasciare passare chiunque fosse venuto dallaCasa di Paglia. Spalancò la porta nervosamente, ancora prima che bussassero, e si trovò davanti il ghigno beffardo di Matteo Giustiniani."Tu che c'entri?" Furono le sue prime parole spontanee. Il matto si mise a ridere e chiese se poteva entrare. Maccani non poteva pensare ad altro che a una beffa di del Dottore; la considerava una specie di dichiarazione di guerra. Giustiniani si accomodò su una vasta poltronae mugugnò: "Non se la prenda con me, faccio solo da rappresentante ufficiale." "E Io dovrei fidarmi di te?" "Sì, perché lo fa anche lo psichiatra.""Cos'hai da comunicarmi che lui non poteva dirmi al telefono?" Matteosi fece improvvisamente serio e passò due dita sui baffi che stava cercando di fare crescere: "Vuole che lei si fidi di me." "E perché dovrei, di grazia?" "Perché posso far saltare in aria tutto il baraccone così." E schioccò le dita. "Lei non ha da ragionare solo con Radice, ma anche con il sottoscritto. Io rappresentò i degenti della Casa di Paglia." E fischiò sottile fra le labbra. "Mi stai minacciando? Stai paventando una rivolta?" "Ohno. Se tutti faranno la loro parte non ci sarà nessuna rivolta. E non ci sarà bisogno di gas lacrimogeni, di scudi ed elmetti. Mi stia a sentire...il Dottore mi ha confidato che fra i negri c'è una specie di rappresentante,un leader. Ecco, Io voglio discutere faccia a faccia con questa persona. Se troviamo un terreno comune tutto si accomoderà." Il questore andò subito con il pensiero ad Adebanke Adhiambo, che aveva conosciutoal loro sbarco nel paesino. L'aveva trovata estremamente razionale e limpida, un individuo ragionevole e modesto. Fissò al contempo Matteo,le sue labbra serrate, gli occhi spalancati, i capelli disordinati e l'aspettosostanzialmente rancido. "Sì, mi sta prendendo in trappola." Rifletté"Sta solo cercando di guadagnare tempo per fare montare la rabbia e la resistenza civile all'arrivo dei disabili africani. Cerca di pigliarmi per il naso e mi manda questo psicotico pretendendo che sia la stessapersona di Adebanke. Non capisce nulla e pensa che tra matti possanointendersi, oppure, se vi sarà uno scontro, scaricherà tutto sul Giustiniani".Stava per rispondere che non se ne parlava nemmeno quando un pizzicodi pensiero suggestivo gli si sparse nel cranio.  Improvvisamente l'idea di quella spazzatura bianca e dissociata che si confrontava con la ragazza di colore prese ad affascinarlo. Come una suggestiva partita a scacchi. Se era il gioco duro che voleva Radice, ebbene sarebbe stato servito, e non avrebbe cambiato di una virgola la sua determinazione a sgomberare la Casa di Paglia per spostare i pazzi nel nuovo Centro Polifunzionale, a tre chilometri di distanza. "Cosa sai dei disabili che sonoarrivati dal Ghana?" "So che sono dei negri che ci vogliono cacciare dalla nostra Casa. Dei maledetti invasori..." E una lacrima spuntò fra le cigliadello schizofrenico "Ma non ci allontaneranno. Abbiamo faticato tantoper trovare un terreno in cui mettere radici e nessuna spedizione di stranieri ci smuoverà dal nostro territorio..." Poi sorrise, con un improvvisomutamento d'umore: "Ma su tutto si può discutere. L'uomo è fatto per dialogare, non per spingere le situazioni al limite..." "Proprio quello chestava succedendo" Rifletté Maccani e la frase "Fumo negli occhi" gli si era piantata in mezzo alla fronte. Prese il cellulare e contattò il suo vice Involsi.(Continua)