Torn & Frayed

# 8


 
RobbinsQuando conobbi Gianfranco Robbins Lui era una di quellepersone che Ti scolpiscono la mente, senza avere bisognoné di marmo né di scalpello. Alto, molto più della norma, non soffriva di alopecia o calvizie incipiente ma, al contrario, regolava la criniera in maniera esemplare e non la spalmava di tinture nemmeno a 62 anni. Era un individuo magro manon esile, saldo ma non ingessato, imponente ma nonallampanato. Aveva due occhi azzurri farciti e languidi,bocca sottile e naso equilibrato, poche rughe, e tutte piazzateorizzontalmente sulla fronte in modo da non stonargli ma semmai, di accrescere la sua impressione di riflessività e carisma. I vestiti erano impeccabili, cashmere e tweed, con un foulard azzurro nella tasca sinistra della giacca. Non potevo fare a meno di chiedermi cosa ci facesse una persona del genere nella sala d'attesa del Centro di Salute Mentale. Ricordo che cominciammo a parlare dei bambini perché Lui mi mostrò la foto su una rivista di un bell'infante pasciuto e sorridente. "Bello, vero? Io ho un'autentica passione per i  fanciulli. Ho due piccole, anzi ormai grandi: Lorena ed Ester."Io gli risposi con cortesia. Non rientrava nelle mie competenzeil reparto pediatrico dei ricordi di un individuo, e nei miei primiquarant'anni non avevo avuto modo di fornire la luce a deifrugoletti quindi, dopo il primo attimo di gentilezza, me ne restai zitto. Lui continuò a parlare alzando le mani e Io non potei fare a meno di incantarmi su quelle dita, incongruamentemacchiate di nicotina, e quei due polsi segnati da imponenticicatrici. Non ci riflettei troppo su e presi a deviare il discorsoportandolo sui nostri rispettivi psichiatri e i farmaci che assumevamo. Era un terreno più familiare rispetto a marmocchie lattanti e, chissà perché, mi dava più tranquillità che non sentirlo sproloquiare di pappette e omogeneizzati. Semplicemente non mi sembrava congruo per un uomo di sessantadue anni.Tutto qui. L'attesa si protrasse a lungo e avemmo modo di percorrere tutta una serie di argomenti in lungo e in largo.Fuori dalle finestre cominciava a incombere la lunga serainvernale e qualche fiocco rado appariva fra i riflessi delle luciartificiali. Poi, fui finalmente chiamato dal mio Psichiatra, ungran pettegolo ritardatario, ed entrai nello studio salutando ilsignor Gianfranco Robbins con una lunga stretta di mano. "Pensi a lasciare un figlio alle sue spalle, è importante." Misussurrò prima di separarsi "Si sentirà meno solo". Io annuì, quasi commosso, e mi infilai nella stanzetta. Mi sedetti mentre lo psichiatra Visconti si era già accomodato e stava con il volto puntato sull'oscurità, fuori dal vetro. Tossì per attirare la sua attenzione ma in Lui pareva essersi eclissato il buontempone e cicalone. Quando lo sentì parlare possedeva una voce che sembrava appena affiorata dall'oltretomba. "Conosce Robbins?". Mi chiese. "C'ho parlato appena adesso" Risposi "Per la prima volta." "Un tipo particolare" Mormorò Lui quasi seguendo il flusso dei propri pensieri... "Un tempo sua moglie Gli aveva portato via le bambine e Lui andò a riprendersele. Percorse 400 chilometri fra Bratislava e l'Italia, poi strangolò le bambine e le gettò nel Po, poco prima di tentare di tagliarsi le vene con una specie temperino. Diceva che non sarebbero potute stare senza di loro, sa com'è, diceva di amarle davvero tanto. Poi a Lui hanno salvato la pelle e si è fatto 13 anni di galera."La luce della lampadina era spenta e lo rimase per almeno10 minuti, mentre Io e Visconti continuavamo ad osservarei fiocchi farsi più fitti e ricoprire il tetto del palazzo di fronte.Poi Lui scattò in piedi e schiacciò l'interruttore mentre il vecchio sorriso gli scattava sulla bocca. "Allora, torniamo a Noi.... Dove eravamo rimasti?".Fine