Teilhard de Chardin

Post N° 77


La lezuione di Teilhard de Chardin “Ciò che diviene non può nascere che dalla fedeltà a ciò che è” In questi giorni ad opera di uno dei più autorevoli  esponenti dell’attualismo, Ugo Spirito, torna a delinearsi in termini di contrapposizione la scienza e la fede.  Un giovane universitario, Mario Lancillotti, ci scrive,  accorato,  ponendoci una domanda: “ è dunque passata invano la lezione di illustri ricercatori che in sé hanno conciliato e celebrato le due entità, e fra di essi la famosa esperienza di Teilhard de Chardin, del quale troppo rapide e frammentarie appaiono le frequenti  citazioni e molto scarse le notizie ?”  Il nostro amico ha ragione.  Egli certo avrà letto l’opera monumentale del Prof. Ferdinando Ormea sul gesuita francese:” Guida al pensiero scientifico e religioso”.  Ma con ogni  probabilità il nostro interlocutore intende riferirsi più che alle nozioni strettamente tecniche a quelle biografiche e ambientali in cui  potè maturare  la cosmica avventura.E’ una “curiosità” legittima che i precipitosi apologeti hanno smorzato e gli indiscriminati detrattori hanno sviato.  Bisognerà accompagnarsi a qualcuno dei suoi compagni o discepoli – Jean Guitton per esempio – per tentare di ricostruire le linee essenziali del misterioso personaggio.  In apparenza è profondamente triste la fine di Teilhard.  E’ solo nella metropoli di New York. Aprile 1955.  Eppure una luce vividissima traspare dal suo sguardo.  Colui che aveva personificato la travagliata alleanza fra il misticismo poetico della natura francescana e l’audace impresa di Prometeo, l’incontro fra la “cosmogenesi” e la “cristogenesi”, sentiva di essere appagato nell’aspirazione da lui espressa quando scrisse: “ Mi piacerebbe morire nel giorno della Resurrezione.  Signore, con tutto il mio istinto e in tutte le occasioni della mia vita, io non ho  mai cessato  di mettervi al centro della materia; vorrei avere la gioia di chiudere gli  occhi nello splendore dell’ universale trasparente”.   E la risposta gli era stata data puntualmente nell’alleluia pasquale, passaggio dal tempo all’eternità.   Che importa se nella Cappella della Park Avenue i funerali di terza classe, privi di ceri e di fiori, si svolgeranno alla presenza di qualche isolata persona;  che importa se nel cimitero di Saint-Andrew, la sua salma sarà inumata nell’erba e con una lapide recante le date della triplice ascesa del transito terreno. (Rodolfo Arata, segue nel prossimo messaggio)