Teilhard de Chardin

Post N° 105


Il “gesuita proibito” maestro del pensiero d’oggi Teilhard supera le vecchie barriere tra scienza e religione, materia e spirito      Di  Guido Piovene Tutta la storia naturale è storia sacra:  evoluzione biologica e progresso  morale sono un processo unico, nel quale si realizza il Cristo. Immorale è ciò che si oppone al cammino della natura, resiste al progresso.  Il mondo contemporaneo vive una fase di intense trasformazioni: l’uomo acquista una coscienza più forte della sua individualità e sente di più il dovere della solidarietà.  I marxisti insistono su questo secondo aspetto, ma sono destinati ad incontrarsi con i cristiani. Un bellissimo libro è “Il Gesuita proibito- Vita e opere di padre  Teilhard de Chardin “ edito da Il Saggiatore.  La filosofia di P. Teilhard,che scaturiva dalla sua opera di scienziato, vi è esposta con rigore, grande chiarezza e capacità di sintesi: lasciando quasi sempre parlare l’autore stesso, in una serie di citazioni tratte da scritti quasi tutti inediti in Italia (oggi, per merito de Il saggiatore, Queriniana, SEI e Il segno dei Gabrielli, tutte le opere di Teilhard sono state pubblicate in Italia n.d.r.), molti poco noti anche all’estero o addirittura inediti in assoluto.  Ci si accosta così al movimento vivo di uno dei pensieri più interessanti di oggi.Padre Teilhard, come dice il titolo, fu lungamente combattuto dalle autorità ecclesiastiche, privato della cattedra e tenuto in esilio in Cina, in Africa, negli Stati Uniti, dove morì nel 1955.  I suoi libri fondamentali faticarono anni per venire alla  luce, perché le autorità a cui doveva obbedienza negavano “l’imprimatur”.  Vigorelli e altri ritengono che il presente Concilio abbia invertito la corrente e che anzi l’influenza teilhardiana vi sia vivace.  Padre Teilhard, anche proibito, resta sempre obbediente  e legato alla Chiesa. La eresia dichiarata, la rottura di tipo modernista, per lui erano reazioni tipiche del mondo liberale-individualista dell’Ottocento, in contrasto con la sua dottrina.  Ma rimase sempre fedele a se stesso  e al suo insegnamento, che ribadì anche in punto di morte.Di Padre Teilhard parlai già su questo giornale, due volte, dalla Francia, nel 1958.  Benché il libro di Vigorelli abbia molto arricchito la mia conoscenza di  lui, qui posso darne soltanto  pochissimi cenni.  Come scienziato ( biologo, geologo, paleontologo) vedeva nella teoria dell’evoluzione una base ormai indiscutibile di ogni pensiero scientifico nel senso giusto: bisognava dunque legarla alla sua fede religiosa.Il fine dell’evoluzione biologica è per lui l’apparizione della coscienza,  è quindi l’apparizione dell’uomo, è un accrescimento di coscienza nell’uomo, il progressivo “ominizzarsi” della creazione intera: cosicché, nella sfera della coscienza, l’evoluzione,  oggi appena agli inizi, prosegue il proprio corso.  L’incarnazione di Cristo perciò è avvenuta dall’inizio dei tempi; la Redenzione cominciata dal fondo degli abissi della materia che preparava la coscienza, non è compiuta ma si compie, inesorabile e infallibile, avanzante e ascendente, dentro la storia naturale del mondo con cui fa tutt’uno; essendo appunto il mondo, materia e spirito, il tramite attraverso il quale Cristo si compie.Gli scritti di Padre Teilhard si prestano così ad una lettura  doppia.  Si può leggerli conservando,  come in lui, l’unità del sacro e del profano, per cui la storia naturale del mondo è anche una storia di Cristo; ed è la via scelta da Vigorelli, che li espone non separando mai una faccia dall’altra.  Si può leggerli anche in modo dissacrato, come se la parte cristica fosse soltanto un’inserzione del sacerdote e del credente. I nuclei principali del suo pensiero non variano.  Morale è chi collabora a quella incessante creazione, l’uomo che dedica la vita “ad essere di più” e “aumentare la coscienza”, lo sforzo, la tensione, la scoperta, il rischio, qualunque forma assumano: nello scienziato che ricerca, nell’aviatore, nell’esploratore, nello scalatore.  Immorale è invece l’inerzia, il costituire se stesso in forza antievolutiva.  L’umanità non si divide tanto in cristiani e non cristiani, materialisti e spiritualisti, bensi, da una parte e dall’altra, in individui “agenti”, che sono sempre portatori di Cristo, e in individui renitenti, che sono i cascami e i rifiuti e ne restano estranei: in uomini che hanno speranza e in uomini che ne sono privi.La fede nel progresso si rivaluta e si rilancia gettando lo sguardo, al di là della cronaca di oggi, nella profondità e nelle lente gestazioni del cosmo.    Così il benessere da solo, per esempio,  non fa che accrescere la noia, e la vittoria sul bisogno deve preparare un mondo unanimemente teso in uno sforzo per sapere e per essere e non più per avere.  Altri punti essenziali sono l’amore per le cose e per il mondo fisico, veicoli dell’evoluzione; il rifiuto  dell’ascetismo e del “culto perverso” della sofferenza e della diminuzione; il rifiuto del pessimismo.  Se l’umanità continua a inventare e creare, ciò significa che profetizza un alto futuro a se stessa; senza di che, perso il gusto di vivere, cesserebbe di farlo.   Oggi essa è in uno stato di passaggio e di trasformazione, come non conobbe mai, il che le costa fatiche, dolori e sangue e persino, lasciando l’uomo vecchio per l’uomo nuovo, una disumanizzazione apparente.Seguendo una legge biologica che si ripete dagli albori, ma adesso trasportata nella coscienza , gli individui convergono in organismi sempre più complessi e unitari;   verso una “personalizzazione” , in quanto  essi diventano sempre più “mente” e  “coscienza” , e verso una “collettivizzazione” e “socializzazione” crescenti, che è nostro obbligo realizzare “volontariamente e ardentemente” in obbedienza all’impulso dell’evoluzione.  Si disegna un’umanità in cui,  la coscienza imperando, ogni cervello sarà come “una cellula di un cervello solo”.  Se questo avviene attraverso la coercizione, è irreale, non effettivo, o almeno transitorio; reale diverrà raggiungendo “ l’unanimità biologica”, una specie d’uomo unico di cui saremo tutti le coscienti molecole, in quella che Padre Teilhard chiama la “planetizzazione” della coscienza umana.L’accentuarsi dei contrasti di cui soffrì, negli ultimi anni della sua vita, si deve probabilmente alla previsione che, tra materialisti e spiritualisti,  si sta preparando una sintesi; e al dialogo che egli aprì con il pensiero marxista.  I marxisti e i veri cattolici per lui salgono alla stessa cima, dove si incontreranno, da versanti opposti,  entrambi credenti nell’evoluzione e agenti nel suo senso; anche se,come religioso,  ritiene che i secondi raccoglieranno i primi.  Per lui il neo-umanesimo marxista non è veramente ateo, in quanto, puntando al futuro “implica un elemento di adorazione”;  e dall’altra parte sono invece essenzialmente atei quei cristiani che, separandosi dal movimento del mondo, pensando  a Dio  come estrinseco al mondo, tradiscono e ritardano questo processo di trasformazione totale in coscienza e unità.Sono due o tre indicazioni su un pensiero complesso, ricco di sfumature, la cui conoscenza e influenza sono oggi in rapida crescita anche tra i laici.  Rimando al libro chi vuole saperne di più.  Sempre presente in Padre Teilhard è l’esperienza che,  sotto ogni progresso politico, sociale, economico vi è un’evoluzione biologica che lo convalida; così che l’azione politica vi si inserisce,  lo trasforma in attività volontaria, ma non potrebbe farne a meno.Per mostrarlo si vale anche dell’esperienza interna.  L’uomo di oggi con il suo senso congenito di vivere in una immensità temporale e spaziale  dentro “sviluppi irresistibili nascosti nelle più grandi lentezze”, non è lo stesso e non si sente lo stesso dell’uomo del passato.  Quando dice “io”,  anche senza pensarci, non dice più la stessa cosa di un’uomo del passato; è un “io” più aperto e ampio, più indeterminato e indefinito, “inglobato in prolungamenti immensi”.  Un certo attaccamento accanito alla proprietà è in declino anche biologico, a qualunque tendenza politica si appartenga.Nella sua polemica contro il pessimismo e l’antifede nel progresso umano, tutto fisso nelle sue speranze  forse padre Teilhard raggiunge i suoi vertici anche poetici nel cantare quelle speranze più che nel dire quanto esse ci costano.  Un certo panorama d’oggi,  il raffreddarsi  e indurirsi degli animi,  il delirio delle ambizioni antagoniste, prive di convinzione interna, l’illividirsi della vita, l’indifferenza, la tristezza, il rarefarsi della gioia, sono presenti nelle pagine di Padre Teilhard, sempre però come rovescio della sua fede, come uno scotto da pagare ai grandi distacchi, in un periodo doloroso ma con esito certo della nostra trasformazione da uomini “neolitici”  e individualisti in uomini partecipanti alla “morale  cosmogenica”.La sua fede travolge i mali di una visione, alla quale concorrono la lucidità del pensiero, ma anche lo sforzo costante della volontà che esige da se<stessa di essere dalla parte buona.  Il suo insegnamento maggiore (come emerge dal lbro, bello  e utile, di Giancarlo Vigorelli, al quale mi sono tenuto nella mia esposizione) è che  primo dovere per un uomo moderno, è la tensione, è la spinta dell’intelligenza , che è sempre buona per sé. GUIDO PIOVENE(da La Stampa, 6 marzo 1963)